martedì 30 giugno 2020

1 Luglio

1 Luglio 1997
Il Regno Unito cede la sovranità su Hong Kong alla Repubblica Popolare Cinese.

Proprio in queste ore del 30 giugno 2020, apprendiamo che la Cina ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale tarata per Hong Kong finalizzata a delimitare le libertà "all'occidentale".
Secondo i media dell'ex colonia britannica il Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo, ramo legislativo del parlamento di Pechino, ha imposto una stretta all'ampia autonomia di Hong Kong prevista al momento del passaggio della città dalla sovranità di Londra a quella di Pechino. 
La Cina ribatte che la nuova legge prenderà di mira solo un piccolo gruppo di persone, avendo lo scopo di colpire separatismo, sovversione, terrorismo e interferenze straniere e puntando a riportare l’ordine a Hong Kong dopo un anno di aspri e violenti scontri. 
I critici, invece, sostengono che la mossa di Pechino, decisa scavalcando in pieno il parlamentino locale, darà un forte colpo alla città sia per lo status di hub finanziario sia sul fronte delle libertà politiche e di espressione -in pratica- «segna la fine della Hong Kong che il mondo conosceva. Con poteri spazzati via e una legge indefinita, la città diventerà uno stato di polizia segreta».

Ritagli di giornali. Chi era Moravia (3)

Quel 1968

In una intervista/confronto con cinque leaders dell'allora vivace contestazione studentesca, gestita dalla rivista L'Espresso (nel 1968), Moravia prova a controbattere ai giovani di allora che lo vedono -seppure uomo della Sinistra- come uomo che alimenta e sostiene il "sistema".

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Credo di non lasciarmi sfuggire ciò che mi accade attorno. Prima della guerra c'era il fascismo. Nel dopoguerra c'è stata la lotta di classe. Oggi c'è la civiltà industriale o consumistica. Oggi, benchè ci siano ancora classi e lotta di classe,  mi interessano soprattutto i mali della società industriale. Un anno fa mi sono attirato  una stroncatura dell'Unità per aver scritto sull'Espresso che gli operai (e tutti i proletari, ivi compresi gli scrittori) quando diventano padroni dei mezzi di produzione, rimangono pur sempre operai. Anche se al posto di Agnelli c'è Podgorny.
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Io so questo: che l'accumulazione capitalistica è indispensabile in tutti i regimi. Il plusvalore non si trova nelle case degli operai; ha sempre un impiego diverso. Può essere reinvestito (fabbriche nuove nel Middle West o in Siberia), può essere trasformato in servizi sociali. In questo senso l'Urss ha certo un primato. Ma questo avviene anche negli Stati Uniti: nel campo, per esempio, dell'istruzione universitaria.
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Non intendo salvare l'anima né qui in Italia, né in Urss, né in Usa e neppure, magari, a San Marino. Ma lasciamo andare. Piuttosto ci sono tanti modi di integrarsi. Parliamo del linguaggio che usate voi giovani, L'altra sera, in un'aula della facoltà di lettere occupata, è salito sul podio uno studente che ha detto la frase seguente "Bisogna avanzare delle proposte concrete su una piattaforme comune".
Quel giovane non si rendeva conto che usava lo stessissimo linguaggio delle autorità accademiche che credeva di contestare. Si tratta di luoghi comuni che non significano niente salvo una cosa: che l'integrazione c'è  ed è ben profonda e irrimediabile. Chi ha messo in giro il luogo comune sopracitato ? Non certo io. Sono un artista e quando dico "albero" intendo un albero vero, con le foglie e i rami e, magari, anche il serpente della Genesi. Ma voi no. Mi dispiace dirvelo, perchè la vostra rivolta mi è simpatica, ma l'altra sera ho sentito gli studenti parlare esattamente come parla la borghesia burocratica  e professionista. I contenuti erano magari rivoluzionari; ma il linguaggio rendeva gli studenti integrati, se non altro linguisticamente.
...

Voi, in altre parole, volete un'arte completamente politicizzata. Quanto a me, non scrivo articoli politici sul Corriere, come non li scriverei sull'Unità. Non ho partitto. Odio i partiti. Non mi ci iscriverei neppure morto. Diventerei uno strumento e non potrei essere utile a nessuno,  neppure al partito al quale aderissi.

TEMPO DI GUERRA. “ROSA, LA ROSA” ... ... di Ernesto Scura

(Pubblicato, in estratto, sul quotidiano “il Giornale” del 30 06 2020)

A giugno del 1943, superai gli esami di ammissione alla scuola media, avendo fatto la scelta di fare il salto, quarta elementare prima media.
Questa scelta comportava il dover affrontare quel difficile esame (allora, pur tra le mille difficoltà della guerra, la scuola era ancora cosa molto seria), E mentre quell’anno, in via eccezionale, chi aveva frequentato la 5a classe delle elementari, poteva accedere “per scrutinio” alla prima media. E la cosa si ripeteva per tutti i livelli scolastici, fino alla maturità, conseguendo, per “scrutinio”, i vari traguardi. Il decreto era motivato dalle difficoltà oggettive nella formazione delle commissioni d’esame, con la maggior parte dei docenti impegnati nei vari fronti di guerra. E, più che altro, il non poter garantire, agli esaminatori, il raggiungimento delle sedi d’esami, in tempo utile per le date stabilire, viste le difficoltà di trasporto create alle ferrovie dagli indiscriminati bombardamenti alleati. E non era da escludere l’eventuale interruzione degli esami scritti per improvvisi allarmi aerei che avrebbero creato degli inevitabili “fuggi fuggi” e, di conseguenza, avrebbero tolto qualsiasi garanzia di “sicurezza” sullo svolgimento degli esami. Ciò nonostante, non crediate che quella “giubilazione” ingenerasse un danno alla serietà degli studi, in quanto quei ragazzi, in seguito, diventarono classe dirigente e professionale di un’Italia che ebbe la fortuna di avere un patrimonio culturale accumulato in anni di severità. Ed io, nelle more di affrontare i rigori di una scuola media improntata, ancora, sulla lungimiranza di Giovanni Gentile ed alle capacità di Giuseppe Bottai, vivevo nel terrore di ciò che mi aspettava: lo studio del Latino. E non avevo tutti i torti, se si pensa alle difficoltà a cui veniva sottoposto un “bambino”ancora decenne, qual ero, nell’impatto con l’analisi logica e la grammatica latina. La mia maestra pensò bene di cominciare a darmi i primi rudimenti di quella nobile lingua che, poi, in futuro, fu la componente più importante di una mia superiore valenza culturale nei confronti di quelli che quella lingua non hanno mai dovuto studiare. Seduti ad un tavolo, lei, pazientemente, iniziava col darmi i primi rudimenti della lingua di Virgilio, Catullo e Cicerone: Si cominciava col classico “Rosa, la Rosa” e poi, a seguire, Sicilia est insula; Sardinia est insula; Sicilia et Sardinia sunt insulae; E finalmente arrivai a capire l’orgogliosa ostentazione della frase “Mare Nostrum” e di “Urbi et Orbi” e, definitivamente, capii che Orbi non si riferiva ai...ciechi. E se ora siamo qui, a scrivere di queste cose, con un tantino di competenza, lo dobbiamo a Rosa=La Rosa e alla maestra che, per la prima volta, ce ne ha fatto delibare i risvolti culturali.
 A quella maestra, devo tanto. Non a caso, si chiamava... Rosa. Ed è per questo che, oggi, con rimpianto e tenerezza ne scrivo e invito a leggerne, come questa struggente poesia di Marino Moretti che, nel nome Rosa, invita a ricordare i passaggi più significativi dell’adolescenza di quella generazione nella quale, perfettamente m’identifico, per le emozioni che suscita, e che voglio riproporre alla vostra sensibilità.
Ernesto Scura

Elogio di una rosa
Rosa della grammatica latina
Che forse odori ancor nel mio pensiero,
tu sei come l’imagine del vero
alterata dal vetro che s’incrina!

Fosti la prima tu che al mio furtivo
Tempo insegnasti la tua lingua morta,

e mi fioristi gracile e contorta
per un dativo od un accusativo.

Eri un principio tu: ma che mi valse
Lungo il cammino il tuo gentil richiamo?
Or ti rivedo e ti ricordo e t’amo
Perché hai la grazia delle cose false!

Anche un fior falso odora, anche il bel fiore
Di seta o cera o di carta velina,
rosa della grammatica latina:
odora d’ombra, di fede, d’amore.

Tu sei più vecchia e sei più falsa: e odori
D’adolescenza e sembri viva e fresca,
tanto che dotta e quasi pedantesca
sai perché t’amo e non mi sprezzi e fori!

Passaron gli anni; un tempo di mia vita.
Avvizzirono i fior del mio giardino.
Ma tu, sempre fedele al tuo latino,
tu sola, o rosa, non sei più sfiorita!

Nel libro la tua pagina è strappata,
strappato è il libro e chiusa è la mia scuola;
ma tu rivivi nella mia parola
come nel giorno in cui t’ho declinata!

E vedo e ascolto: il precettore in posa,
la vecchia Europa appesa alla parete
e la mia stessa voce che ripete:
Rosa la rosa, rosae della rosa ...
      Marino Moretti

30 Giugno

30 Giugno 1564
A conclusione del Concilio di Trento, papa Pio IV ne approva tutti i decreti con la bolla Benedictus Deus.

Il Concilio di Trento non è altro che la risposta della Chiesa Romana  alla riforma protestante di Lutero. 
Si tenne dal 1545 al 1563 e avrebbe dovuto mettere fine -stando alle intenzioni iniziali- alla frattura tra Cattolici e Protestanti, ma si risolse invece in una serie di rigide affermazioni con cui si puntò dritto dritto a sconfessare le teorie di Lutero.
Fra le tante innovazioni si puntò a riformare i costumi del clero come:    
-La riforma della curia
-L'obbligo di risiedere nella parrocchia per i parroci
-Il rafforzamento del potere dei vescovi
-Interventi contro l'immoralità dei preti

La nascita del Sant'Uffizio

Furono istituiti organismi di controllo che non permettessero la diffusione di idee (allora) ritenute pericolose. Nel 1542 il papa creò il Sant'Uffizio, una congregazione di cardinali con cui si concentrarono a Roma tutti i processi per combattere il dissenso religioso.  

Contessa Entellina. Don Ciccio Lojacono fu primo sindaco socialista.

La scaletta storica dell'ultimo secolo 
e mezzo di avvenimenti siciliani che tutti i contessioti dovremmo conoscere e 
che pure nelle scuole di zona ( della Sicilia Occidentale) dovrebbe essere conosciuta, studiata e soprattutto approfondita.  

1- Partecipazione popolare all'epopea dei Mille, 
2- delusione ed emigrazione di massa verso gli Usa, 
3- partecipazione di popolo al Movimento dei Fasci Siciliani,
4- resistenza politica all'affermazione locale del Fascismo,
5- mobilitazione popolare per la Riforma agraria,
 6- ulteriore delusione ed emigrazione di massa verso i paesi nord europei e settentrione Italia,
7- ricostruzione dagli effetti devastanti del terremoto '68



Ci è capitato in questi giorni fra le mani un libro, conservato e dimenticato da anni e mai finora consultato, di Giuseppe Casarrubea, prolifero storico di Partinico, dal titolo "I Fasci contadini e le origini delle sezioni socialiste della Provincia di Palermo", edizione S.F. Flaccovio, dove trova ampio spazio anche la vicenda sociale e politica locale di Contessa E.  durante i moti  dei Fasci Siciliani di fine '800, qui ispirata -fra tanti altri- dai fratelli LoJacono che poi, all'inizio degli anni venti del Novecento conquisteranno, sotto insegne socialiste, con Don Ciccio, la sedia di sindaco di Contessa Entellina.  Questi pero' sarà costretto a lasciare il ruolo pubblico  -prima della scadenza naturale del mandato- per  il successivo  affermarsi -nel Paese- del regime fascista che ai sindaci eletti dal popolo ha sostituito i podesta' nominati dall'alto.
 
I Fasci Siciliani (che nulla hanno, ovviamente, a che fare col fascismo) ebbero localmente, nell'area del corleonese, un forte sostegno di ordine organizzativo politico-sindacale da Bernardino Verro dirigente socialista di Corleone, e sopratutto l'impegno di numerosi personaggi locali, di Contessa E., fra cui, con un profilo altamente intellettuale e quindi non secondario -seppure esterno e pero' non tanto defilato-, del parroco Nicolo' Genovese, i cui nipoti allora studenti universitare (negli anni venti del Novecento) proveranno localmente ad attivare l'avversione, il contrasto e la ribellione al Fascismo, e che tuttavia saranno costretti a lasciare il paese e a trasferirsi nel Nord dell'Italia. 
Il parroco Genovese intrattenne -fra tanti altri impegni culturali/sociali e umanitari- dagli anni di fine Ottocento un rapporto epistolare con il parlamentare progressista nazionale Colajanni e fu inoltre attento osservatore e in qualche modo protagonista nel gioco elettorale locale (a cui allora comunque partecipavano non più di 150 aventi diritto, o poco più). Si era gia' di poco anteriormente alla prima guerra mondiale.

 Nell'approssimarsi del ventesimo anniversario della morte di un sincero ed impegnato socialista locale, che ebbe proiezione regionale e pure nazionale, quale è stato Francesco Di Martino (2 agosto 2000), proporremo sul Blog la lunga ed appassionata vicenda di lotte sociali e socialiste locali, a cominciare:
--dalla delusione di centinaia di diseredati locali che al seguito dei contessioti fratelli Vaccaro parteciparono ad alcune tappe dell'epopea dei Mille e che in aperto contrasto alle palesate intenzioni non sufficientemente riformiste dell'arbëreshe Crispi preferirono essere (o costrette dal bisogno ad essere)   in assoluto i primi emigranti  dell'isola dall'avvenuta Unita' del Paese verso gli Usa,
--continueremo a rievocare, nel fine Ottocento, quando il coordinamento del disagio locale viene guidate -al livello di zona e sul piano politico- da Bernardino Verro e capillarmente rappresentato dagli oltre 140 iscritti alla sezione socialista locale, sita =allora= in via Cucci, non distante dall'abitazione del Genovese.
--riferiremo sull'antifascismo negli anni venti del Novecento a Contessa, stimolato da due giovani studenti universitari, poi costretti a lasciare il paese e dove torneranno negli anni della maturita', a fascismo crollato, per brevi periodi di ferie.
--ci soffermeremo sull'impegno di riscatto sociale e per la Ricostruzione dal terremoto '68 della lunga sindacatura del socialista Francesco Di Martino.
--chiuderemo -quindi- mettendo in evidenza come la vicenda sociale locale, quella siciliana e quella dell'intero Meridione è ancora oggi aperta e che servono ulteriori risorse umane che vogliano e sappiano interpretare tempi e opportunità sempre nuove e varie e mai ri-copiabili. Sarebbe certo facile copiare, ma in Politica stanno a copiare solamente i "non politici". 
Chi prova a copiare infatti non è un politico.

Ci faranno -in parte- da guida nella panoramica che intendiamo mostrare alcuni documenti ormai de-secretate sul movimento locale dei Fasci Siciliani e a noi pervenute dal già Segretario Regionale della Cgil Pietro Ancona, di cui sul Blog abbiamo pubblicato in passato dei testi, adesso deceduto. Questi fu stretto amico e compagno di partito di Francesco Di Martino.

Materiale vario quindi, quello che ci farà da guida, e che mediante il Blog ci proponiamo -nel lungo tempo- di far conoscere e soprattutto di approfondire mediante ulteriori ricerche. 
Sul piano piu' propriamente politico-culturale ci proponiamo di contrastare, ai nostri giorni, il dilagante disimpegno dalla politica nazionale (e non solo) di tante fasce sociali, quel disimpegno dai problemi veri della società che si traduce nell'inseguire -purtroppo- il culto del nulla e/o dell'immagine propria di chi riesce a conquistare il palcoscenico della politica teatrale, a-culturale propria dei populisti di questi nostri giorni.

lunedì 29 giugno 2020

29 Giugno

 29 Giugno 1934 
La notte tra il 29 e il 30 giugno ha luogo la cosiddetta notte dei lunghi coltelli, epurazione nazista dei vertici della Sturmabteilung e degli oppositori di Adolf Hitler.

Quella cosiddetta Notte dei lunghi coltelli vide lo sterminio di quasi 200 persone per volere di HitlerSi trattava dei membri delle SA e del loro comandante, Ernst Röhm che, se in un primo momento avevano aiutato e sostenuto il Führer nell’ascesa al potere, in seguito ne presero le distanze e anzi cominciarono a opporsi al suo regime.
Pertanto nella notte tra il 29 e il 30 giugno, le SS e la GESTAPO su ordine del Führer procedettero alla strage.

domenica 28 giugno 2020

Coronavirus 2020. Noi italiani abbiamo imparato qualcosa da ciò che ci è capitato?

Siamo ormai ad estate inoltrata e la tv ci rassicura che il più dei rischi della pandemia, almeno in Italia, è  già passato. Le preoccupazioni e le ansie restano pero' su cosa potrà accadere nell'autunno/inverno prossimi.
Ovviamente non c'è da essere allegri sulle conseguenze prodotte dal coronavirus che ci consegna finora decine di migliaia di vittime e un sistema economico a pezzi che (al di là dei milioni di persone finite in cassa integrazione) finora ha messo sul lastrico milioni di famiglie che si trovano in seria difficoltà.
Non è da trascurare il disastro sui conti dello Stato. Ma su quest'aspetto avremo modo di tornare in seguito per capire, provare di capire, la logica e la scienza di governo dei grillini alla guida di un grande paese nel terzo millennio. Torneremo su questo aspetto perché troppa gente a Contessa ragiona alla maniera grillino/populista.

Per oggi, al fine di non dimenticare alcuni passaggi "storici" rimasti impressi nell'immaginario della gente, ci soffermeremo su brevi flash memorabili dei mesi pesanti trascorsi sotto la pressione del coronavirus.

1) Inquietanti colonne notturne di camion militari che portano via bare di vittime di coronavirus,
2) l'immagine di papa Francesco che il 27 marzo percorre a piedi la gradinata del sagrato di San Pietro per implorare Dio a non abbandonarci nel momento della tempesta.
3) l'immagine solitaria di Sergio Mattarella che il 25 Aprile sale i gradoni dell'Altare della Patria per rendere omaggio al milite ignoto e celebrare il 75' anniversario della Liberazione.

Quelle adesso ricordate sono immagini che resteranno, assieme a moltissime altre, sui libri di Storia. Non saranno cancellate dalla memoria e staranno a indicare che anchr nei momenti più bui la speranza non è mai morta.

Alle radici del Cristianesimo

Oggi, nella Chiesa cattolica di rito  bizantina, si proclama il brano del Vangelo di Matteo 8, 5-13

Ora, entrato lui in Cafarnao
8,5- Ora, entrato lui in Cafarnao,1
   gli si avvicinò un centurione,
   supplicandolo 
   e dicendo:
   Signore
   il mio servo
   giace in casa paralizzato,
   terribilmente tormentato.
   Gli dice:
8,7- Verrò io
   e lo curerò.
   ...
   ...
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"Il miracolo può essere letto a vari livelli.
A una prima lettura è un portento, qualcosa di insolito che richiama l'attenzione e fa pensare ad un intervento di Dio. E' un irrompere del sopranaturale nel naturale, segno del divino che si manifesta nella storia.
A una seconda lettura è segno del mondo nuovo, raggio anticipato del sole della resurrezione. Ogni miracolo significa un aspetto  della nostra trasformazione a sua immagine: Gesù sana i nostri piedi per camminare come lui, le nostre mani per accoglierlo, i nostri sensi per ascoltarlo, vederlo, adorarlo, toccarlo e gustarlo.
A una terza lettura è segno dell'amore di Dio che interviene in nostro favore. Egli non è insensibile al nostro male, perchè ci è padre/madre.
A una quarta lettura  il miracolo è segno della nostra fiducia: Dio è per noi, e tutto vuol donarci, anche se stesso. Aspetta solo che noi lo chiediamo con fede. Questa è alla fine il vero miracolo, che ci porta ad accogliere i doni di Dio, e Dio stesso come dono. Essa ci guarisce dalla diffidenza di Adamo.
Ad una quinta lettura, più profonda, propria di chi è illuminato, ogni creatura, anche minima e insignificante, è vista come segno dell'amore infinito del Creatore.
...
...
Silvano Fausti
(1940-2015), gesuita, è stato docente di Teologia

28 Giugno

28 Giugno 1518
Carlo V, appena 18 enne, è insediato Imperatore del Sacro Romano Impero.

Il padre, Filippo d'Asburgo detto il Bello, era figlio dell'imperatore del Sacro Romano Impero Massimiliano I d'Austria e di Maria di Borgogna. La madre, Giovanna di Castiglia e d'Aragona, detta la Pazza, era figlia dei re cattolici Ferdinando II d'Aragona e di Isabella di Castiglia. 

Alla morte del nonno Ferdinando d'Aragona, Carlo fu nominato re di Spagna nel 1516 e dopo due anni si trovò a capo di un vasto dominio imperiale che andava dai Paesi Bassi e paesi germanici alla Castiglia, all'Aragona, all'Italia Meridionale e Regno di Sicilia compreso. A questi territori vanno  ancora  aggiunte le vaste colonie del Nuovo Continente scoperte nel 1492 da Cristofero Colombo.

Di Carlo V si disse che sui suoi domini non tramontava mai il sole.

È sotto il suo Impero, di estensione universale,  che in Sicilia quella che sara' Contessa, popolata da popolazione arbereshe , nel 1520 (e seguenti) diventerà su volontà dei baroni della famiglia Cardona una Universita' feudale (che in termini odierni significa che verra" costituita in Comune).



sabato 27 giugno 2020

27 Giugno

27 giugno 1980
Il 27 giugno 1980 il DC-9 Itavia in volo da Bologna a Palermo, con a bordo 81 persone, scompare dai tracciati radar si squarcia in cielo e si inabissa tra Ustica e Ponza. 

Ancora oggi, all'approssimarsi della ricorrenza, la polemica politica si infiamma tra chi sostiene ancora la tesi dell'attentato terroristico e chi è convinto della ricostruzione secondo cui l'aereo sarebbe finito in un vero e proprio teatro di guerra nei cieli del Mediterraneo abbattuto nel corso di un combattimento tra alcuni velivoli Nato e un Mig libico a bordo del quale, secondo le dichiarazioni rilasciate a suo tempo dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, si sarebbe trovato addirittura lo stesso Gheddafi. 
A fare da contorno alla tragedia l'immancabile storia di depistaggi e controinformazione che avrebbe impedito di fare chiarezza in anni di indagini e processi che, questa è l'unica certezza, non hanno dato all'opinione pubblica italiana e alle famiglie delle vittime una definitiva parola di verità e giustizia.

venerdì 26 giugno 2020

Ritagli di giornali. Chi era Moravia (2)

Quel 1968

In una intervista/confronto con cinque leaders dell'allora vivace contestazione studentesca, gestita dalla rivista  L'Espresso (nel 1968), Moravia così prova a controbattere ai giovani di allora che lo vedono -seppure uomo della Sinistra- come uomo che alimenta e sostiene il "sistema".

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In un sistema capitalista gli editori sono capitalisti e lo scrittore è un proletario come un altro che può essere (e spesso è) sfruttato e il libro  è un prodotto che viene consumato. Se voi afferrate che l'arte  non è espressione bensì prodotto, allora non dovete pretendere dallo scrittore che sia un intellettuale cioè un creatore con privilegi e responsabilità maggiori degli altri. Dovete invece ammettere che è una specie di artigiano, cioè un proletario. 

C'è cont
raddizione tra il ruolo che voi pretendete dall'intellettuale e il valore di prodotto che attribuite all'arte. D'altronde, bisogna vedere se il prodotto letterario è fatto per il consumo o per la rappresentazione.  C'è una grande differenza fra l'industria culturale e l'espressione artistica. La prima produce un'arte di classe la quale nei paesi capitalistici ubbidisce alle leggi del profitto e in quelli dei paesi comunisti alle leggi dello Stato: la stessa cosa, almeno, ai fini dell'arte. In Occidente c'è il limite del profitto, in Oriente quello della propaganda . Si tratta pur sempre di un'arte di classe. Cioè di una letteratura da essere consumata non importa se in treno o sui banchi delle scuola. Nessuna rivoluzione ha mai voluto questo. Le rivoluzioni vogliono la libertà dell'espressione artistica. Ossia, visto che per voi i contenuti (cioè la critica del potere) non contano, la libertà del linguaggio.


Lo scrittore che non voglia farsi intermediario fra la classe egemonica e il pubblico può trovarsi ad operare in tre diverse situazioni storiche. Può fare dell'arte di qualsiasi genere, se la situazione lo consente, se cioà i tempi sono larghi; se i tempi si stringono dovrà abbandonare la rappresentazione e la poesia per il saggio, l'articolo,; infine, se i tempi non lasciano altra alternativa, cesserà di essere scrittore, uomo di cultura, sarà il cittadino che difende la sua libertà con il fucile. Ora io vi chiedo di dirmi in quali di queste tre situazioni ci troviamo oggi. Secondo me ci troviamo a lavorare con un margine abbastanza ampio, almeno qui in Italia,  per fare della rappresentazione artistica la quale, come sapete, è di per sé ambigua. Se i tempi si stringono, certo la poesia non basta più, ci vuole la pubblicistica. Sew poi ti vengono i nazisti a casa (come è successo a me), ci vuole la lotta armata.

giovedì 25 giugno 2020

26 Giugno

26 Giugno 1945
La fondazione dell'Onu, l'Organizzazione mondiale delle nazioni unite.

L’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è un’unione di Stati a competenza generale e a vocazione universale, fondata nel 1945. 
Suoi obiettivi, elencati all’art. 1 della 
Carta delle Nazioni Unite, sono: mantenere la pace e la sicurezza internazionale (Sicurezza collettiva); sviluppare relazioni amichevoli fra le nazioni, sulla base del rispetto dell’eguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli; promuovere la cooperazione internazionale in materia economica, sociale e culturale (Cooperazione allo sviluppo), nonché il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Diritti umani. Diritto internazionale). 
Dell’ONU, operativa dal 1946 e con sede a New York, fanno parte 193 Stati. Nel 2001 è stato conferito all’ONU e al suo Segretario generale di allora K. Annan il premio Nobel per la pace. 

25 Giugno

25 Giugno 1947
Pubblicazione dei Diari di Anna Frank in Olanda.

Il diario è scritto da una ragazza ebrea tedesca, Anna Frank, che con l’ascesa al potere di Adolf Hitler in Germania è costretta prima ad emigrare nei Paesi Bassi e in seguito a nascondersi con la famiglia per non essere catturata dai nazisti. 

Anna Frank, ragazza tredicenne, nel Diario racconta la sua storia
 e quella della sua famiglia; la particolarità di questo libro è di essere un’opera letteraria e allo stesso tempo un’eccezionale testimonianza storica del periodo della Seconda Guerra Mondiale e della persecuzione degli ebrei operata da Hitler in Germania e negli altri paesi che erano sotto il suo controllo.     
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Anna Frank, Diario

mercoledì 24 giugno 2020

Ritagli di giornali. Chi era Moravia (1)

Quel 1968
Alberto Moravia nacque a Roma nel 1907 da una famiglia benestante dedita a professioni intellettuali. Giovanissimo, si ammala di tubercolosi ossea, malattia che lo costringe, in un’altalena di miglioramenti e ricadute, a tenersi lontano dalla scuola e, soprattutto, dalla vita di gioco e spensieratezza della sua età. 
Alterna la sua attività di romanziere con quella di giornalista. Nel 1941 sposa Elsa Morante da cui si separa nel 1962.

Con la sua attività di scrittore ha esplorato senza riserve i temi dell’alienazione sociale, mostrando l’ipocrisia, il materialismo e la povertà morale del suo tempo.
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In una intervista/confronto con cinque leaders dell'allora vivace contestazione studentesca, gestita dalla rivista  L'Espresso (nel 1968), così si autodefinisce:

“Sono nato e vissuto a Roma e ho avuto
sempre gli stessi problemi insoluti e
insolubili nel mio rapporto con la città”. 
  «Una piccola città mediterranea,
quasi più piena di monumenti che di case»
Io sono quel genere di proletario che si chiama artista. Gli oggetti che fabbrico sono romanzi, novelle, drammi. Cioè creo dal nulla, con le mie mani o meglio con la mia mente, qualche cosa che non c'era prima e la vendo. Se fossi in Cina non piazzerei i miei prodotti perchè non c'è richiesta in Cina, oggi, per prodotti come i miei. In Italia c'è, e non c'è; comunque vendo questi prodotti a chi le paga secondo le leggi del mercato, perchè, come ho detto, vivo del mio lavoro in un paese che è l'Italia. Non potrei collaborare a giornali di partito perchè non faccio parte di alcun partito 
cioè ho idee mie che, volta per volta, possono ma anche non possono  coincidere con quelle di un partito. Se collaborassi con L'Unità, per esempio, non potrei scrivere tutto quello che mi passa per la testa ; e d'altra parte, mentre oggi non avrei difficoltà ad approvare la linea de L'Unità quanto al Vietnam, per vent'anni quasi (fino al XX Congresso)  lo stalinismo mi avrebbe impedito assolutamente di collaborarvi. Pubblico così le mie novelle sul Corriere della Sera. Ma non troverete sul Corriere della Sera una sola mia riga a favore del sistema vigente oggi in Italia.

500 Anni. Uno Stato feudale: Kuntissa, i baroni, i contadini, .... ed una società mai prospera

Contesto pubblico
entro cui sorge la Università di Contessa

All'inizio del Cinquecento, quando in qualche modo e in mezzo ad  immani difficoltà ambientali e politiche va costituendosi la comunità arbëreshe che darà vita nel 1520-1521 e seguenti all'Università di Contessa, la Sicilia sotto l'aspetto istituzionale era un Regno che gravitava all'interno dell'Impero spagnolo. A guidare l'isola c'era un Vice-re che veniva scelto dai regnanti di casa d'Aragona e la cui scelta ricadeva quasi inevitabilmente su baroni con ascendenze ed origini spagnole (Peralta, Cardona e vari altri).
Edificio del periodo feudale
nella Valle del Belice
Sbagliano e non inquadrano il contesto umano di quegli anni tutti coloro che dipingono a tinte rosee l'accoglienza e l'insediamento di quella sostanzialmente sparuta comunità arbëreshe in quest'angolo di Sicilia. Non furono pochi i gruppi di arbëreshe in quest'area arrivati e che dopo qualche tempo preferirono trasferirsi nelle comunità arbëreshe più consistenti di Palazzo Adriano o di Piana degli Albanesi. Per cogliere il flusso migratorio basta consultare i "riveli" del primo secolo dalla costituzione e dall'ufficializzazione dell'Università. Compresi i riveli del primo Seicento. 
I riveli

I riveli non sono -tuttavia e per più aspetti- assimilabili ai moderni censimenti, semmai, e se si vuole, sono insieme censimenti, dichiarazioni di redditi ed altre azioni di natura pubblica periodicamente da adempiere in quel contesto storico che -oggi- definiamo di "antico regime".

Vale la pena ricordare in questi nostri appunti (frutti di ricerche effettuati nel tempo e nell'arco di decenni) che periodicamente riportiamo sul Blog che allora -nel cinquecento- la persona, in quanto individuo,  non era e non costituiva un soggetto politicamente rilevante di per sé. Il suo posto nella società di allora era definito infatti  dalla famiglia di appartenenza. Anche ai fini dei riveli, su cui avremo modo di approfondire, la persona individuale non era presa in alcuna considerazione; ciò che contava era il "fuoco" (=in un certo senso, la famiglia patriarcale di allora) su cui gravava l'imposizione fiscale. 
Appunto l'imposizione fiscale era il fine precipuo di quei "censimenti".

E' scontato che per i "baroni" e per il Regno quei dati avevano anche un qualche interesse ai fini di conoscenza e controllo del Territorio su cui insistevano le comunità dell'isola e su cui essi baroni imponevano la loro autorità.

Ogni nuova Università che sorgeva sui feudi baronali accresceva l'autorità ed il prestigio dei Signori del luogo che, nel Parlamento siciliano, potevano disporre di un ulteriore voto aggiuntivo a quelli di cui già potevano avvalersi.

24 Giugno

24 Giugno 1059
Stipula del Trattato di Melfi tra Papa Niccolò II e le famiglie normanne degli Altavilla e dei Drengot

I Normanni e i papi: 
l'accordo di Melfi
Roberto Guiscardo definisce un progetto di unificazione del potere normanno in tutta l'Italia meridionale allora  sotto l'influenza dei Bizantini.
Pur essendo abbastanza potente ritiene che gli sia utile di vedere sancito il suo diritto alla conquista dall'autorità morale papale. Non spera infatti nell’Impero germanico che attraversa un periodo di reggenza poco favorevole al suo progetto. Roberto si rivolge pertanto al papato che scopre essere disponibile a compromessi. A questo riguardo le circostanze politiche gli sono favorevoli.
Nel contempo il progetto è attivamente appoggiato dall’opera diplomatica dell’abate di Montecassino, Desiderio di Benevento, che diverrà poi papa col nome di Vittorio III nel 1086. Il progetto viene concretato nell'incontro di Melfi nel 1059, quando papa Niccolò II conferma a Roberto Guiscardo la dignità ducale e i possessi di Puglia e Calabria. Per quanto attiene la Sicilia, rimasta fino ad allora dominio musulmano è promessa ai Normanni che dovranno impadronirsene e quindi, tenerla sotto l’autorità della Santa Sede. Il papa riconosce anche a Riccardo d’Aversa il principato di Capua.

Con quell'intesa -nella sostanza- la Chiesa cattolica sottrae il Meridione d'Italia e la Sicilia all'influenza religiosa di Costantinopoli che da sempre era il riferimento.

martedì 23 giugno 2020

Storia contemporanea. Perchè i nostri giorni sono questi e non altri

Perchè non esistono alternative all'Unione Europea

Nel discorso che stiamo portando avanti su questa pagina della Storia contemporanea abbiamo tratteggiato  poche settimane fa l'affermazione del giolittismo nel primo decennio del Novecento e con essa il sorgere e l'ulteriore affermarsi dei movimenti socialisti in tutti i paesi europei.

Sull'odierna pagina ci concediamo un passo indietro per ragioni, forse, un pochettino di ordine familiare. Chi scrive nel proprio albero geologico ha parecchie generazioni -lungo i secoli- di antenati "mugnai" e, pertanto nella disamina della seconda metà dell'Ottocento, ritiene quasi doveroso soffermarsi sull'intervento fiscale che la Destra storica al governo nel post-unità volle imporre al Paese nell'intento di conseguire il pareggio di bilancio introducendo, o meglio re-introducendo, l'imposta sul macinato (1868). Quell'odiosa imposta che verrà abolita nel 1884.

La tassa sul macinato
Fu una imposta da obbligatoriamente pagarsi al momento della macinazione dei cereali, introdotta secondo la versione curata dal ministro delle Finanze Cambray-Digny sotto il governo Menabrea; l'intento fu quello di assolutamente sanare il grave disavanzo del bilancio dello Stato.
La legge del 7 Luglio 1868 imponeva, a partire dal primo gennaio successivo, una tassa sulla macinazione dei cereali nella misura di
--Lire 2,oo al quintale per il grano
--Lire 1,20 al quintale per l'avena
--Lire 0,80 al quintale per il granoturco e la segala
--Lire 0,50 al quintale per tutti gli altri tipi di cereali (dalla veccia alle castagne).
L'imposta veniva applicata mediante un contatore montato alle macine dei mulini che registrava la quantità di cereali macinati e conseguentemente permetteva di calcolare l'importo dovuto. Importo dovuto oltre al compenso spettante al mugnaio per il servizio reso della molitura.
Erano i mugnai, (e nella fattispecie locale di Contessa il padre del bisnonno di chi sta scrivendo queste righe), a riscuotere il denaro della tassa che poi, periodicamente, veniva rimesso agli esattori dello recentemente costituito Stato unitario.

Questa tipologia di tassazione, nei tempi precedenti l'Unità del Paese, era vigente in vari stati della penisola ed era stata abolita con la proclamazione del Regno d'Italia (1860).
Fu inevitabile che il provvedimento causasse l'immediato aumento del costo del pane e che fosse all'origine del malessere sociale che immediatamente si trasformò in rivolte, in più parti del Paese e soprattutto in Emilia.
I così detti "moti del macinato", che peraltro erano sommosse spontanee,  furono ovunque represse con violenza e mediante l'intervento di truppe autorizzate a sparare.
Nel Paese i morti fra coloro che oggi chiameremmo scioperanti furono 257, un migliaio i feriti e 4000 gli arrestati.

Gli introiti per le casse pubbliche furono ingenti e costituirono per le casse statali uno dei cardini fondamentali della politica finanziaria durante i governi della Destra storica il cui obiettivo di fondo fu l'equilibrio del bilancio dello Stato.

Con l'avvento al governo della Sinistra storica e specificatamente col secondo ministero Cairoli fu disposta l'abolizione dell'odiosa imposta a decorrere dall'1 luglio 1879, solamente per i cereali inferiori (avena, granoturco etc.), non per il grano.

Nel luglio successivo (1880) il ministro Magliani (terzo governo Cairoli) si adoperò perchè il Senato approvasse il suo disegno di legge di riduzione a lire 1,5 a quintale la macinazione del grano e la sua totale abolizione a decorrere dall'1 gennaio 1884.
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Perchè ci è venuto in mente di ricostruire la vicenda della tassa sul macinato ? Tassa che in forme diverse in Sicilia, nei regimi feudali e quindi nello Stato feudale di Kuntissa, vigeva quasi ininterrottamente, sia pure con modalità diverse, lungo tutto il periodo della "modernità" (1520-1812 per Contessa).
Ci siamo ricordati della "tassa sul macinato" perche' in queste ore apprendiamo attraverso i media che i partiti di Governo e quelli di opposizione, a Roma, discutono sulle modalità per rimettere in moto il sistema economico del Paese-post coronavirus. 
Fra le leve di finanza pubblica su cui si dibatte c'è pure l'eventuale intervento sull'Iva (Imposta valore aggiunto) che noi tutti cittadini paghiamo al momento di qualunque acquisto, compreso i beni di prima necessità (pane, latte etc.).
Su pane, latte, olio, pasta etc. attualmente paghiamo il 4% del prezzo che ci viene proposto.

E' ovvio, e va tenuto presente, che le condizioni umane e sociali delle popolazioni fino all'Ottocento erano piuttosto miserevoli e le politiche governative non erano affatto sensibili a quegli aspetti. 
Oggi le manovre -eventuali- sull'Iva sono guidate da obiettivi e approcci suggeriti dalla scienza economica che mirano a stimolare la ripresa dell'economia dopo il lungo lockdown a causa del coronavirus. Fra gli stimoli  adottabili c'è l'abolizione (o riduzione) delle aliquote su alcune tipologie di beni, al fine di incrementare i consumi e nel contempo garantire posti di lavoro.
Conclusione: Tassa sul macinato e Iva dei nostri giorni non sono per nulla comparabili: quella era una tassa sui poveri. L'Iva -se si vuole- è una leva per stimolare il sistema economico se rimodulato non tanto, o non solamente, sui generi di primo consumo ma su un ventaglio ampio e meditato di generi. Certo, il medesimo ruolo di "stimolo" al sistema produttivo può averlo l'alleggerimento delle tante voci "fiscali e previdenziali" che gravano sulle retribuzioni. E pare che il Pd, forza di governo, propenda su questo versante.

23 Giugno

23 Giugno 1940
La Francia si arrende alla Germania nazista,

La storia militare della Francia durante la Seconda Guerra Mondiale si articola in tre periodi. 

-Dal 1939 fino al 1940: si ha la guerra della Terza Repubblica francese, in alleanza con la Gran Bretagna,  contro la Germania;

- Dal 1940 fino al 1945: si ha la concomitante alleanza della Francia di Vichy con i tedeschi e le forze francesi libere del generale Charles de Gaulle che si propongono almeno il controllo dell'impero d'oltremare. 

-Dal 1944: accanto alle forze del generale De Gaule si aggiungono gli sbarchi degli Alleati in Francia (Normandia, Provenza), che respingono l'esercito invasore tedesco e mettono fine al regime di Vichy.


lunedì 22 giugno 2020

22 Giugno

22 Giugno 1941
Inizia l'Operazione Barbarossa, la Germania nazista invade l'Unione Sovietica.

L'invasione tedesca, che coglie di sorpresa i sovietici, è inizialmente molto rapida. L'attacco si muove lungo tre direttrici: a nord verso Leningrado, al centro in direzione di Mosca e a sud verso le regioni agricole e petrolifere di Ucraina e Caucaso. Il 10 luglio 1941 gli italiani intervengono al fianco dei tedeschi, prima con il CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) e poi, dal luglio dell'anno successivo, con l'ARMIR (Armata Italiana in Russia).

Quando, il 22 giugno 1941, radio Mosca annuncia l'inizio delle ostilità, l'aviazione di stanza nelle regioni occidentali del paese è già praticamente distrutta. Il 3 luglio Stalin parla alla radio appellandosi ai popoli dell'Unione Sovietica: in un discorso intensamente patriottico: il leader sovietico suggella così l'impegno di Mosca nella coalizione internazionale antifascista.

A settembre i tedeschi prendono Kiev, assediano Leningrado e giungono alle porte di Mosca. Nei territori occupati la brutalità e la ferocia dei nazisti non conoscono limiti. I commissari politici dell'Armata Rossa vengono passati per le armi, così come molti prigionieri di guerra; chi sopravvive, invece, è inviato nei lager, dove riceve un trattamento non dissimile da quello riservato agli ebrei.

L'obiettivo tedesco è quello di liquidare rapidamente l'Urss, per sfruttarne le risorse e per concentrare poi tutta la propria capacità bellica contro la Gran Bretagna. Tuttavia, la strenua resistenza dell'Armata Rossa vanificherà questo progetto.

domenica 21 giugno 2020

Linguaggio mafioso. Sociologia, politica, antropologia, economia e storia studiano da sempre per capire

Leggere i giornali è interessante e in un certo senso quasi doveroso ai nostri giorni per cogliere lo sfondo del mondo entro cui viviamo. Lo scriviamo perchè ci risulta che da noi, a Contessa e nei paesi dell'interno dell'Isola, di giornali ne vengono venduti non proprio molti.

In questi giorni dai giornali ci viene riproposto -tra tante vicende e situazioni di vario tipo- il tradizionale linguaggio della mafia come emerge dall'Operazione della Polizia di Stato svoltasi tra Trapani e Caserta con quindici indagati e numerosi arresti Veniamo  a conoscenza, in pieno terzo millennio, del sistema di comunicazione e corrispondenza segreti usati dall'associazione mafiosa siciliana che ricalca -al fine di sviare- lo stesso linguaggio usato nello scorso secolo dai pastori dell'isola e che è stato introdotto all'interno delle cosche dal corleonese Bernardo Provenzano. 

Il linguaggio è stato captato e riportato sui verbali dagli investigatori che indagano sul cerchio magico del superlatitante Messina Denaro.

Vediamo alcune espressioni


La ricotta è pronta?” chiede uno degli uomini d’onore in attesa di ricevere disposizioni da Matteo Messina Denaro. Si tratta di linguaggio convenzionale dell'organizzazione mafiosa, trascritto nell’inchiesta, che non ha nulla a che fare con i latticini bensì dell’arrivo di un ‘pizzino’: il mezzo classico di corrispondenza segreta inventato appunto da Bernardo Provenzano.

Le intercettazioni curate dalla Polizia per arrivare a incastrare il mafioso di Castelvestrano, Messina Denaro, alzano il velo sul sistema e sul linguaggio in uso da Cosa Nostra per distrarre indagini e curiosità esterne all'organizzazione.

Altra espressione dell'antico linguaggio dei pastori siciliani  -riportata dai giornali in questi giorni- è “Ci vediamo alla mannara”  pronunciata da un uomo intercettato che usa le stesse parole dei personaggi dei gialli televisivi del commissario Montalbano.

La “mannara” è un termine siciliano che indica un casolare delle campagne dell’isola usato nei tempi andati per il ricovero degli animali, ma che nello specifico serviva invece a ospitare le riunioni di mafia per progettare intimidazioni e iniziative per puntellare la rete degli interessi economici e criminali di Cosa nostra.

Il termine "pizzini" sta a significare i bigliettini di comunicazione interni all'organizzazione mafiosa da leggere e immediatamente dopo da distruggere.