mercoledì 22 giugno 2022

Sicilia dei viaggiatori. Dal Barocco al Novecento (2b)

 Dal Barocco alla Modernità Novecentesca

 LUOGHI CELEBRI DI CATANIA, SIRACUSA E PALERMO

di

John Dryden Jr.

UN VIAGGIO IN SICILIA E A MALTA NEL 1700-1701 - PARTE II°


Finora ho tralasciato di dire che, quando partimmo da Catania, un certo signor Vincenzo Marletta, al quale eravamo stati raccomandati dal console Chamberlayn, ci convinse a portare con noi tre soldati per la nostra difesa personale, in quanto, così si diceva,  in precedenza i banditi avevano giocato diversi tiri mancini ai viaggiatori. Personalmente, però, sono sicuro che, in quella circostanza, non avessimo né bisogno né  necessità di quegli uomini e sarebbe stato meglio avere una buona guida. Quei disgraziati, infatti, conoscevano a mala pena la strada e nel caso in cui fossimo stati assaliti dai banditi, cosa di cui non c'era pericolo, molto probabilmente sarebbero stati i primi ad abbandonarci e a mostrare tutto il loro coraggio dandosela a gambe con la massima velocità loro consentita dalle magre bestie che cavalcavano. In breve, quegli individui erano dei buoni a nulla; non solo mangiavano e bevevano a nostre spese ma ci costavano anche un bel pò: infatti, per ogni uomo e il suo cavallo pagammo una corona, oltre al mangiare e il bere.  Pertanto, prima del nostro ritorno a Catanias soltanto quella spedizione ci costò tre pistole spagno9le e due tarrì, nonostante avessimo la cena e l'alloggio gratis per la notte a casa di un certo don Paolo Marletta, parente di Vincenzo Marletta, un prete e "segreto" di S. Lucia, un villaggio che si trova sulla strada per il Mongibello, a dieci miglia da Catania (...).

Le due chiese più belle, la Cattedrale e la chiesa dei gesuiti, hanno subito danni così gravi da dover essere ricostruite ex-novo, quasi dalle fondamenta.
Non appena sbarcati, senza nemmeno cambiarci ma con gli stessin vestiti che indossavamo a bordo, andammo a presentarci al Governatore, un cavaliere nato a Final (vicino a Genova e possedimento spagnolo). Si chiamava Don Diego de Isturis e aveva sposato una gentildonna dio Bruxelles. Quando gli dicemmo di essere inglesi, raccontò che era stato in Inghilterra durante il regno di Carlo II e ci pose delle domande su molti membri della nostra nobiltà che aveva lì conosciuto e che chiamava correttamente con il loro nome ed il loro titolo. Ci diede poi il benvenuto nella sua casa e con grande cortesia si mise a nostra disposizione. Volle che ci fermassimo a bere della cioccolatta con lui e diende ordine di preparare la sua carrozza per farci condurre alla nostra locanda, o "posata" come la chiamano qui. Noi, però, avevamo fretta e, per questo imbarazzati,  ci scusammo di non potere accettare quanto ci veniva offerto con molta galanteria, ottime maniere e gentilezza.

la nostra locanda era vicina. Non appena arrivati ci rendemmo conto che ra soltanto una casa lasciata da qualche bigotto in eredità ai Gesuiti i quali, per sfruttarla alla meglio, l'avevano trasformata in locanda, anzi, in un posto con delle camere in affitto ma senza alcuna delle comodità che le locande generalmente hanno, tranne la biancheria da letto pulita, nuova e fresca che ci fu consegnata. I materassi da cascame, però, erano troppo sottili e in pratica dormimmo  su duri assi di legno che i materassi coprivano e fummo anche tormentati dai morsi e dal ronzio di un tipo di mosca, simile ma un pò più grande delle sarapiche di Roma, di cui Siracusa era infestata. Eravamo nello locanda da appena mezz'ora quando il Signor Barone Camulio, che aveva saputo del nostro arrivo e per il quale avevamo una lettera, ci mandò a prendere con la sua carrozza. Andammo immediatamente a casa sua e gli consegnammo la lettera di raccomandazione che il console Chamberlayn ci aveva dato. Non l'aprì nemmeno, ma ci fece un bel complimento, invero, tipicamente italiano:  disse che non c'era alcun bisogno di leggerla in quanto per lui la nostra migliore raccomandazione era il nostro aspetto. A queste parole fece poi seguire  numerosissime gentilezze nei nostri confronti: non potendolo fare di persona, sia perché occupato nei suoi affari sia per una lieve indisposizione, ogni giorno mandò  a prenderci da suo cognato, il Barone della Carcaccia, il quale con la sua carrozza ci portò a vedere tutto ciò che di raro e di antico c'era nella zona.

Il Barone Camulio e suo cognato fanno parte del Senato di Siracusa, i cui membri vengono chiamati Giurati. Nel loro palazzo, come segno distintivo della loro dignità senatoriale, hanno fatto erigere un baldacchino nel grande ingresso che precede l'anticamera.

La prima cosa che il giovane Barone ci portò a visitare fu la famosissima fontana di Aretusa che si trova ad Ortigia (nella moderna Siracusa) e che fu tanto celebrata dal poeta Ovidio. L'acqua, chiara e cristallina, fuoriesce copiosa da una roccia poco lontana dal mare e in esso si riversa attraverso una cavità che non è altro che un piccolo arco nelle mura della città. L'acqua, che quando sgorga sembra così pura e limpida, si inzonza subito dopo e prima ancora di raggiungere le mura. La fontana, infatti è diventata il ritrovo di tutte le lavandaie di Siracusa le quali, in piedi,  con l'acqua fino alle ginocchia, battono e strizzano le loro luride lenzuola in questa poetica fontana.  Se Ovidio fosse vivo e potesse vedere un tale spettacolo ne sarebbe profondamente addolorato  e scoraggerebbe  il fiume Alfeo, per quanto innamorato della sua Aretusa, dall'intraprendere il faticoso viaggio attraverso il mare (che è quasi dall'altra parte del porto) per abbracciare la sua giovane fanciulla tra quelle sozze lenzuola., Più tardi, sempre in compagnia del giovane Barone Carcaccia, prendemmo una barca e dopo aver superato il Porto Minore egli ci portò in una chiesetta di forma circolare dedicata a santa Lucia vergine, una dei primi martiri cristiani, a circa un miglio e mezzo dalla costa. Visto che si trovava sottoterra, per entrarvi scendemmo due stupende scale che formavano due ali. I Padri, Francescani Riformati, ci portarono nella parte in cui si trovava l'altare maggiore.  Una volta lì scostarono una tavola e ci mostrarono una cavità nel muro  da dove - così ci dissero -  era stato tolto il corpo di santa Lucia per portarlo a Venezia. Sostenevano, inoltre, che nello stesso luogo in cui fu trovato il corpo della santa erano avvenuti molti miracoli fra le persone che l'avevano visitato con fede e devozione. Uno di loro ci raccontò  di un miracolo che aveva ridato la vista ad un tale, cieco dalla nascita,  il quale appena cominciò a vedere, si mise a gridare che era in grado di distinguere la tonalità del giallo e dell'oro. Questo racconto, però non ci fece prendere sul serio il "suo" miracolo.

(Segue)
Sicilia dei viaggiatori (1b) si può leggere pigiando Sicilia dei viaggiatori (1b)

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