venerdì 3 aprile 2020

L'Europa c'è. La pandemia può essere vinta -sul piano economico- se l'Europa capisce che serve unità


L’Europa si fa avanti in queste ultime ore, dopo qualche settimana di disorientamento, rispetto all’esplodere della pandemia Covid-19.
Germania ed Olanda sono state finora contrarie all’emissione di titoli di debito pubblico dell’Euroarea per far fronte alla crisi coronavirus. Finora non avevano infatti voluto considerare che la crisi dell’economia stava colpendo in maniera simmetrica l’intera area europea e non come sembrava nelle settimane passate solamente o prevalentemente l’Italia.
Adesso spetta al Governo Italiano insistere fino a riuscire a convincere i partner che l’uso di strumenti finanziari non può che essere coordinato. Non esistono alternative, peraltro; perché “fare da soli non è una alternativa è un suicidio per l’intero continente.
Dall’inizio della crisi coronavirus il sistema degli interessi sui titoli del debito pubblico degli Stati membri dell’Euroarea si è mosso verso l’alto: quello sul Bund decennale tedesco è salito di 60 punti base; quello della Francia di 80. Costituiscono quindi conferma che la crisi ha carattere simmetrico nei confronti di tutti i paesi europei.
Nei prossimi mesi il deficit e il debito di tutti gli Stati si alzeranno enormemente. C’è ovunque da finanziare l’emergenza sanitaria,  contemporaneamente la sopravvivenza delle popolazioni e infine da ri-avviare la ripresa dell’apparato produttivo dell’intero continente.
In situazioni come quelle che stiamo vivendo i libri di Economia propongono che venga sostenuta sia la domanda che l’offerta dei mercati. Guai a trascurare questa indicazione.
La Bce deve (ed è in grado di) garantire “costi quel che costi” una omogenea trasmissione all’intera economia dell’Area della sua politica monetaria nel 2020 ben 750 miliardi. In sostanza, nel Consiglio Bce si è formato il consenso sulla necessità di uscire dal vincolo che avrebbe impedito, nel caso del concentrarsi delle difficoltà sul debito di un Paese membro, di incrementare il volume degli acquisti Bce di titoli di quel Paese.
Non si tratta di situazione e circostanza da sminuire. I paesi più riottosi membri del Consiglio (Olanda, Germania …) hanno colto una verità di cui fino a pochi giorni fa non avevano voluto prendere atto: in un contesto generale di recessione, l’intero edificio dell’euro potrebbe infatti crollare su se stesso.
E’ stato da tutti i paesi precisato:
Nessun singolo paese ha diritto di chiedere che gli organismi comunitari paghino al posto suo i debiti eccessivi contratti in passato e male usati come ha fatto l’Italia. Esiste il diritto di chiedere che l’intera potenza degli organismi comunitari venga impiegata quando l’incendio che lo minaccia non ha nulla a che vedere coi suoi debiti passati, ma nasce da un agente esterno e appare in grado di aggredire l’intero edificio comunitario.

Con questa decisione la Bce ha compiuto un passo molto importante verso una concreta forma di “solidarietà monetaria”. «Nella misura in cui alcuni limiti autoimposti ostacolassero l’azione che la Bce è tenuta a intraprendere per adempiere al suo mandato, il Consiglio direttivo prenderà in considerazione la possibilità di rivederli nella misura necessaria per rendere la sua azione proporzionata ai rischi che dobbiamo affrontare».
La Bce  è l’unico organismo  a essere davvero integralmente europeo e che può tracciare un percorso condiviso. Altro che “facciamo da soli” come i sovranisti continuano a gridare.
Adesso è possibile  per tutti i paesi condividere l’approccio comunitario e -da noi-  il costo del debito pubblico è tornato a dimensioni “normali” dopo la decisione della Banca centrale. 
Se la Bce non si fosse riconvertita staremmo già discutendo sia del disastro coronavirus che del default del debito pubblico italiano. Oggi tutti i paesi si sono convinti che il problema da risolvere è lo stesso per ogni Stato membro e impone soluzioni cooperative, pena il male comune. 
 Che nella gestione di una crisi come quella del coronavirus lo Stato nazionale - anche quello delle “piccole” nazioni europee - abbia molto da dire e da fare, è vero. Ma sono bastate poche ore per distinguere questo “vero” dalla facile propaganda anti-europea. Lo ha spiegato bene Olivier Blanchard: quando è scoppiata la crisi, il debito pubblico italiano era pari al 135% del Pil e lo Stato pagava, sulle nuove emissioni, un tasso di interesse inferiore all’1%. Per la stabilizzazione del debito a quei livelli, bastava dunque un avanzo primario annuo attorno all’1%. Sostenibile !
Ma se la crisi coronavirus riduce di molto le entrate e aumenta enormemente le uscite (tutto il necessario a salvare vite umane), con lo spread che in un solo giorno, quando sembrava che la Bce non mostrava di dover intervenire oltre 100 punti base in più, l’avanzo primario necessario per stabilizzare il debito salito vicino al 145% del Pil e gli interessi al 5% come saremmo finiti ?
Assolutamente insostenibile sarebbe stata la tenuta della convivenza. Sia nell’ottica economica (una simile stretta accentua la caduta del Pil), in quella politica (l’offensiva populista avrebbe avuto ragione delle resistenze liberaldemocratiche).
Oggi i cittadini europei stanno sopportando, in nome del bene comune, gravi limitazioni alle loro libertà e concreti disagi. Ci vuole poco a trasformare tutto questo in rabbia verso chi - l’Unione Europea - dovrebbe e potrebbe aiutare, ma non lo fa.
Noi siamo fiduciosi e sappiamo che la Scienza economica prevarrà sugli egoismi sovranisti.

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