martedì 7 novembre 2023

Riflessioni sul mondo e sull'uomo

 Riflessioni sulla Letteratura (5)

Nei periodi di transizione, pure la cultura affonda

Il XIV secolo fu in un  certo senso un tempo di transizione, con effetti concreti nelle profonde trasformazioni sia sul piano economico che su quello politico che probabilmente furono visti come premonitori  di forti disagi esistenziali.

Firenze, dal Trecento al Seicento, 
patì il terribile morbo della
peste per ben 23 volte!
 
La peste fu subito sinonimo di
morte; il suo nome, probabilmente
 trovò le radici nel latino peius,
“peggio”, a significare il “peggiore”
dei mali che, insieme alla fame
ed alla guerra, erano le più
gravi sciagure che affliggevano
 l’umanità.
La proposta di uno Stato forte, fondato sul Diritto e la Giustizia, auspicato sia da Dante che da Marsilio da Padova fu -o avrebbe voluto essere- presupposto verso uno Stato unitario e laico, ma nello stesso tempo utile contro il diffondersi di sentimenti di una "pace repressa" mediante la creazione di tanti stati regionali guidati da "signorie" detentrici in mano di uno solo, o di singole famiglie, che di fatto fu lo sbocco intrapreso dal potere locale. 

La strada allora perseguita e realizzata  fu quella che oggi sul libri leggiamo essere stata la civiltà comunale. Quella delle lotte di fazioni con l'Italia divenuto paese proverbiale dell'attività bellica che peraltro si presentava assoldando truppe mercenarie e compagnie di ventura straniere.

Fu quello il tempo in cui il denaro pubblico serviva 1) per tenere tanti soldati retribuiti 2) tanti ciambellani, consiglieri e tantissimi notai, 3) tante Compagnie incaricate di curare le relazioni diplomatiche con gli altri -tanti- Stati e staterelli.

Fu davvero un tempo, quella seconda metà del Trecento, in cui le tante ricchezze fino ad allora prodotte ed accumulate nelle regioni centro-settentrionali finirono in spese militari per sostenere eserciti con costi ben superiori le possibilità. L'imposizione di tasse e gabelle applicate sui generi alimentati di prima necessità non poteva che creare le condizioni di emarginazione delle fasce più deboli del tessuto sociale (contadini, piccoli artigiani, salariati delle botteghe).

Le stesse grandi famiglie fiorentine, e non solo, arricchitesi nel primo trecento finanziando i vari regni europei di Filippo il Bello (Francia), Eduardo III (Inghilterra), vennero a trovarsi in serie difficoltà e addirittura in situazione di fallimento stante il rifiuto di quei monarchi a riconoscere gli immensi debiti accumulatisi ed ormai impossibili da assolvere.

E fu, pure, il tempo delle pesti, conseguenti della vasta miseria, disoccupazione e conflittualità sociale.

(Segue)

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