Lo sfondo delle motivazioni di fondamentalismo religioso fra ebrei e mussulmani lo cogliamo pure da un episodio che i media ci raccontano in queste ore. In Israele da settimane sono in corso proteste contro il governo di destra guidato da Metanyau e contro i partiti religiosi suoi sostenitori che stanno lacerando la società intera negli ultimi mesi.
Il rabbinato ha stabilito di non consentire il seppellimento in un cimitero ebraico consacrato la 23enne Alina Falahati, uccisa da Hamas durante i fatti del 7 Ottobre e il cui corpo sfigurato è stato identificato solo recentemente.
La ragione? Alina non aveva ancora completato le procedure religiose per la conversione all’ebraismo e per questa circostanza non ha diritto di essere sepolta in un cimitero ufficiale controllato dal rabbinato.
La famiglia di contro sostiene: «Nostra figlia è morta da ebrea tra gli ebrei». La questione pare sia annosa. Negli anni Novanta il rabbinato si era rifiutato di riconoscere i soldati di famiglie ebree immigrate dalla Russia e morti nel corso della guerra in Libano.
La crescita dei partiti religiosi, che sostengono il governo Netanyahu attualmente in carica, ha acuito le tensioni non solamente con i mussulmani ma anche con gli immigrati ebraici non praticanti.
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