lunedì 1 maggio 2023

Con Leopoldo Franchetti. La Sicilia di ieri e di oggi (4)

Leopoldo Franchetti, dopo essersi laureato, viaggiò molto in Germania, Inghilterra occupandosi di economia, politica, diritto. Si dedicò molto all'indagine sociale e all'analisi empirica che in Italia aveva trovato in Pasquale Villari il più autorevole propugnatore.

Nascita: 31 maggio 1847, Livorno

Morte: 4 novembre 1917.
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CONDIZIONI   GENERALI
I. Palermo e i suoi dintorni


Il fenomeno criminale
 esplose subito dopo

l’Unità d’Italia.

Le masse contadine si

ritrovarono a considerare lo

 Stato come un estraneo, 

poiché ignorava i loro bisogni. 

Al brigantaggio si andò così

 sostituendo un diffuso

malcontento ed in alcune zone

 fenomeni di criminalità organizzata

 come la mafia in Sicilia, o la camorra a Napoli.


Due giovani studiosi, Franchetti e Sonnino,

pubblicarono i risultati di una loro

inchiesta dedicata alla Sicilia dicendo

 che la mafia era un vero e proprio

 sistema sociale extralegale.

 

Ma s'egli si trattiene, se apre qualche giornale, se presta l'orecchio alle conversazioni, se interroga egli stesso, sente a poco a poco tutto mutarglisi d'intorno. I colori cambiano, l'aspetto di ogni cosa si trasforma. Egli sente raccontare  che in quel tal luogo è stato ucciso, con una fucilata partita di dietro a un muro, il guardiano del giardino, perché il proprietario lo aveva preso al suo servizio invece di un altro suggeritogli da certa gente che s'è presa l'incarico di distribuire gl'incarichi nei fondi altrui, e di scegliere le persone cui dovranno darsi a fitto. Un poco più in là, un proprietario che voleva affittare i suoi giardini a modo suo si è sentita passare  una palla un palmo sopra il capo, in via di avvertimento benevolo, dopo di che si è sottomesso. Altrove, a un giovane che aveva avuto abnegazione di dedicarsi alla fondazione e alla cura di asili infantili nei dintorni di Palermo, è stata tirata una fucilata . Non era per vendetta, o per racori;  era perché certe persone, che dominavano le plebi  di quei dintorni, temevano ch'egli, beneficiando le classi povere,  si acquistasse sulle popolazioni un poco dell'influenza  ch'esse volevano riserbata esclusivamente  a sé stesse. Le violenze, gli omicidii, pigliano le forme più strane. Si narra di un ex frate che in un paese vicino Palermo aveva assunto la direzione delle prepotenze e dei delitti, e andava poi a portare  gli ultimi conforti  della religione a taluni fra coloro  che aveva fatto ferire. Dopo un certo numero di tali storie,  tutto quel profumo di fiori d'arancio  e di limone principia a sapere di cadavere. Gli autori  di questi delitti, hanno essi subito processo e condanna? Quasi nessuno è stato scoperto, e quando si sia arrestato alcuno per sospetto, è stato nel maggior numero dei casi messo in libertà per mancanza di prove, perché non si sono trovati testimoni a suo carico.
 Quali sono le ragioni di questa inaudita potenza di alcuni? D'ov'è la forza che assicura l'impunità ai loro delitti? Si chiede se sono costituiti in associazione, se hanno statuti, pene per punire i membri traditori: tutti rispondono  che lo ignorano, molti, che non lo credono. Il paese non è dominato da alcuna setta segreta di malfattori. Non v'ha nulla di misterioso in questi delitti. Molti fra i loro autori sono, è vero, persone pregiudicate , che si nascondono alle ricerche della giustizia. Ma la giustizia è sola a non sapere dove sono. Peraltro, è di notorietà pubblica che il tale o il tal altro, persona agiata, proprietario, fittaiolo di giardini, magari consigliere  nel suo Comune, ha formato ed accresce  il suo patrimonio intromettendosi negli interessi dei privati, imponendovi la sua volontà, e facendo uccidere chi non vi si sottometta. Che quest'altro, il quale va passeggiando  tranquillamente  per le strade, ha più di un omicidio sulla coscienza. La violenza va esercitandosi  apertamente, tranquillamente, regolarmente; è nell'andamento normale delle cose. Non ha bisogno di sforzo, di ordinamento, di organizzazione  speciale. Fra chi dà il mandato di un delitto, o chi l'eseguisce, spesso non appare  traccia di relazione continua, regolata da norme fisse. Sono persone che avendo bisogno di commettere una prepotenza, e trovando sotto la loro mano, e, per così dire, per la strada, instrumenti adattati al loro fine, ne fanno uso.
 Nè pure si può dar nomi di società alle relazioni più o meno fisse o determinate, colle quali sono uniti fra di loro e con certi impresari d'omicidii, i numerosi componenti  della classe dei latitanti, sospetti, e facinorosi d'ogni specie, che popolano più specialmente le campagne, i paesi e le città della provincia di Palermo (1). Fra le persone di questa specie, le relazioni sono determinate e regolate da similitudine d'interesse e di condizione, e non abbisognano di regole prestabilite. E' vero d'altra parte che coloro i quali si assumono l'accollo della perpetrazione degli omicidii seguono certe norme nella scelta delle persone dalle quali accettano commissioni, e richiedono che la posizione sociale, il carattere, i precedenti del committente sieno tali da dar garanzia. Vogliono essere assicurati che il legame, il quale dal delitto comune nascerà fra mandante e mandatario, non sarà ad esclusivo vantaggio del primo, o a danno esclusivo del secondo. Ma tali norme di condotta  e tali garanzie, nascono dalla natura delle cose, non da convenzioni e da statuti.

(1) I latitanti colpiti di mandato di cattura erano il 1° gennaio 1875 in tutta la Sicilia 1368, cioè: provincia di Palermo, 573; provincia di Caltanissetta, 112; provincia di Catania, 201; provincia di Girgenti, 106; provincia di Messina, 184; provincia di Messina, 184; provincia di Siracusa, 50; provincia di Trapani, 142; (Camera dei Deputati, Sessione 1874-75, Documenti relativi al progetto e legge sui provvedimenti straordinari di pubblica sicurezza, n. 24 bis, p. 33, allegato K).

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