Il linguaggio, la Parola
Abita la vita degli esseri umani un paradosso estremo, ed è la scarsa percezione di quanto sia grandiosa quella dote esclusiva della nostra specie che è il linguaggio. Parlare, parlarsi fra incomprensioni o assensi, modulare le parole secondo gli umori e le situazioni, è una straordinaria avventura espressiva assai più evoluta, come si sa, dei sistemi di comunicazione in atto nelle specie animali non umane.
La tecnologia, era inevitabile, si è impossessata di questo bene supremo -la parola- come di tante altre attività, e ne ha fatto la regina e la schiava dei processi comunicativi. Inviata da un capo all'altro dell'universo, la parola viene tradotta, riprodotta, dilatata, offesa, censurata, alienata, sacralizzata, esaltata, schedata, cancellata secondo le opportunità di chi manda e di chi riceve. Gli apparati elettronici destinati a queste operazioni sono sempre più sofisticati, e la linea di sviluppo dell'immediato futuro è prevista in sostanziosa crescita.
Mezzi di massa come la televisione, in stretta simbiosi con l'uso in vari modi alterato del linguaggio, possono provocare nocivi mutamenti nelle regole della civile convivenza, mimetismi dannosi, sfiorando forme di patologia comunicativa mai prima d'ora presenti nella società. Infatti, siamo immersi in un dissennato spaccio di parole, in una inflazione verbale il cui alto tasso di consumo -talvolta inquinante e inquinato, ad esempio le risse televisive- può trascinare le parole stesse verso l'insignificanza assoluta.
Per assurdo, uno strumento di libertà come l'allargamento del mercato delle parole -radio, cinema, tv, giornali, libri, cellulari e tutto quello che accade nella Rete- può diventare un cappio mortale, e strangolarle vietandone la comprensione. O anchilosare il discorso -ipotesi fantascientifica?- in una selva di rattrappiti sms.
Nonostante le apparenze quantitative e senza indulgere a pessimismi di maniera, è lecito affermare che viviamo tempi problematici per la comunicazione linguistica, e non soltanto per le carenze formative della scuola che producono in allarmante misura ignoranza della grammatica e dell'ortografia, debole padronanza del linguaggio, parziale incapacità di articolare un discorso. Come viene riscontrato, ad esempio, nelle prove d'esame dei concorsi pubblici o nel momento dell'approdo alle facoltà universitarie. E ancora: sarebbe pernicioso, secondo i puristi più accigliati, l'insediamento eccessivo deglianglicismi nell'italiano parlato e scritto. Allo stato attuale è necessario mettere in conto il peso di eventuali influenze veicolate ad hoc dalla moltiplicazione dei canali mediatici, e il calcolo di chi vorrebbe piegare la lingua che parliamo ai propri fini utilitaristici: non esclusi quelli elettorali.
Enzo Golino
Critico letterario e giornalista
1932 - 2020