mercoledì 7 dicembre 2022

Il Ventennio. 100 anni fa la manipolazione della nazione

Minimo compendio sulla Dittatura e 

sue propagini fino ai nostri giorni

 sfogliando il libro di Enzo Golino: 

Parola di Duce - Come si manipola una nazione

10)) Piero Gobetti (giornalista, filosofo, editore, traduttore e antifascista, morto a 25 anni in seguito alle aggressioni fasciste) evidenziò il guscio vuoto e inutilmente sonoro del linguaggio mussoliniano: 

"Le parole sono veramente una mitica forza. Ma perchè lo splendore dei suoni sia potenza, non deve rimanere gonfia affermazione di astratto simbolo. Quando vi sia rispondenza tra le parole e il pensiero che devono esprimere, esse converse in sostanza umana hanno veramente la forza di muovere la storia; ma è forza che viene dal pensiero che lo sorregge. Questa intima unione è rotta nella ideologia fascista: la mitica forza non sgorga, la parola altisonante ha valore per se stessa: il pensiero non conta. Di quanto è difficile il parlare, di tanto si è propagato il fascismo. In Gabriele D'Annunzio la parola -non sempre- penetra la realtà, la esprime, nelle sue apparenze magiche, e la muove profonda; in Cesare Maria De Vecchi -il retore del fascismo dannunziano- rimane, sempre, chiacchiera".

11)) Franco Venturi (1914-1944: storico, professore dell'Università di Torino, studioso dell'Illuminismo italiano ed europeo e del populismo russo. Fu esule antifascista, detenuto nelle carceri fasciste e attivo nella Resistenza nelle file di Giustizia e Libertà)  ha definito il regime mussoliniano "un regno della parola" per la manifesta illusione di trasformare la realtà a suon di retorica".

Certo, lo storico Giovanni Bellardelli, persona aliena da maliziose parzialità, sul Corriere della Sera del 20.06.2007 ha scritto che pure in regime repubblicano le illusioni non sono mancate, quanto meno però al modo in cui la classe politica tende spesso a considerare i "fatti" in rapporto alle "parole".

12)) Mussolini, nei discorsi amava gli effetti musicali  e ritmici, le assonanze, le allitterazioni, le perentorietà, le inversioni, le iperboli, le ripetizioni: "Il bello è venuto e più ancora verrà"; "Intangibile prestigio";  "Compagine sorda e torbida"; "Noi tireremo dritto"; "E' l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende".

Erano in buona sostanza gli echi sonori alla maniera leghista, più che la concretezza dei fatti, che lo interessavano.

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