Gli oltre due anni di pandemia ci hanno fatto scoprire che -specialmente in Italia- accanto alla cultura letteraria, classica, esiste anche la cultura sperimentale, quella scientifica. Giornali, e media vari per mesi e mesi ci hanno chiarito, prospettato studi, esperimenti e piani sanitari per uscire dalla pandemia del terzo millennio. La televisione, i vari canali, passavano da una intervista all'altro luminare che cercavano di spiegarci come il nostro organismo reagiva rispetto all'impatto col virus. Il mondo dipendeva, in quei mesi, dalle labbra degli scienziati. Oltre che da quella degli economisti che continuano ad elencarci i guai della recessione, causati ieri dalla pandemia ed oggi dalla guerra in Ucraina.
Per ricordarci che l'uomo è pure altro rispetto alle angustie del pianeta, ci piace riportare un testo di Walter Pedullà (saggista, critico letterario e giornalista) di tanti anni fà: "Le due culture".
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"Snow è convinto che 'la vita intellettuale, nella società occidentale, si va sempre più spaccando in due gruppi contrapposti' ": gli umanisti e gli scienziati, proprio mentre sarebbe più necessaria la loro unità per capire un mondo che muta con straordinaria rapidità. La colpa sarebbe della eccessiva specializzazione degli studi medi e superiori, sicchè gli umanisti non conoscono la seconda legge della termodinamica e gli scienziati non hanno mai letto Dickens né Rilke. Bisogna perciò arricchire di nozioni scientifiche la cultura degli umanisti in modo che prenda coscienza del mondo attuale, chiaramente caratterizzato dalle rivoluzioni industriali e scientifiche; e "umanizzare" la cultura degli scienziati, in modo da aumentare anche il loro potere politico quasi nullo in confronto a quello degli umanisti. Snow infatti non dubita che il problema, più che educativo, è politico. Nondimeno ciò gli serve per rimostrare ancora una volta che la responsabilità maggiore della situazione attuale va attribuita agli umanisti, che sono gli unici ad influire nel gruppo dirigente di una nazione. Essi infatti sarebbero degli antistorici sprezzatori del mondo moderno, rimpiangerebbero un antico Eden preindustriale, si preoccuperebbero solo dei problemi esistenziali, mentre ancora ci sono popoli denutriti, ignoranti e schiavi; sarebbero perciò conservatori se non apertamente reazionari". (W. Pedullà, -La letteratura del benessere, Napoli 1968, poi Roma 1973).
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