Santa Maria del Bosco |
All'alba dell'Unità d'Italia
All'inizio degli anni sessanta dell'Ottocento non era affatto scontato che il nuovo Regno d'Italia dei Savoia potesse avere un futuro. I problemi erano tanti ed erano immensi.
Uno storico tedesco, Heinrich Treitschke così descriveva l'Italia: "Questa nazione di vivo ingegno passava nel mondo per un popolo servile, ricco di spirito e di perfidia, incapace di libertà civile. Ogni anno migliaia di forestieri percorrevano la penisola e si formavano un giudizio dalla marmaglia di mendicanti, facchini e ciceroni che li assediava mercanteggiando. Essi venivano nella terra del mirto e dell'arancio per riposare dei loro gravi pensieri, per ammirare lo splendore della natura e dell'arte antica. Nessuno aveva occhi per la realtà del terribile presente italiano".
Effettivamente il presente dell'Italia all'alba degli anni sessanta dell'Ottocento si presentava alquanto ad alto rischio sotto più profili. (Lo Stato galleggiava su montagne di debiti, realtà che -in verità- incessantemente avviene fino ai giorni di Draghi; lo stesso Esercito e la marina non erano ancora unificati ed operavano in relazione agli stati regionali da cui provenivano; il malcontento popolare era diffuso e tutto veniva ricondotto alle promesse dispensate a più non posso nei giorni dell'entusiasmo patriottico).
L'Italia era peraltro ancora da ultimare in quanto mancavano Veneto, Trentino, Friuli e Venezia Giulia che erano ancora sotto il governo di Vienna, ed il Lazio su cui faceva buona guardia un corpo di spedizione francese.
La "questione romana" si imponeva su ogni altro intento dell'allora classe politica liberale; ma a Roma continuava a regnare Pio IX e presso di lui si era rifugiato il già Re di Napoli, Francesco II. Gli storici sostengono che da Roma partivano montagne di soldi per finanziare l'incontrollabile diffusione sul territorio meridionale -fino in Sicilia- di bande di ribelli che conducevano la guerriglia dei "briganti".
(segue)
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