L'immagine -anni quaranta del Novecento- si riferisce a Piana degli Albanesi Nella vita di relazione cittadina si parla generalmente l'arbëreshe. Le donne indossano -nelle feste- diffusamente splendidi costumi e nei circoli e locali pubblici si ignora completamente la parlata siciliana. |
C'è una Sicilia albanese, si leggeva sui libri di geografia degli anni cinquanta/sessanta del Novecento.
Per quanto possiamo constatare oggi noi che viviamo in uno di quelle realtà ritenute allora "arbëresh" non è più così.
Non è sicuramente più così a Contessa Entellina dove nessun ragazzo parla più l'albanese. Nè serve a contrastare quanto diciamo il tentativo -ormai tardivo- di inserire toponomastica o iniziative specifiche in direzione di una presunta vocazione turistica; sappiamo tutti bene che queste spinte ormai non raccolgono più alcun entusiasmo localmente.
Sappiamo peraltro che ormai da più decenni -o forse da qualche secolo- l'arbëreshe è stato archiviato sia a Palazzo Adriano che a Mezzojuso.
Resta ormai da coltivare, se mai esistono veri politici e veri uomini di cultura intenzionati a farlo con apprezzamenti, simpatia e sostegni pure economici, per il fine della salvaguardia, quanto coralmente e con impegno collettivo e spontaneità fanno gli abitanti di Piana degli Albanesi e di Santa Cristina Gela.
Sciupare soldi altrove per una finta salvaguardia, se siamo sinceri, dobbiamo ammettere che serve a poco; significa semplicemente spreco di denaro pubblico.
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