lunedì 6 dicembre 2021

Mondo contadino. Per non dimenticare una realtà umana che fu -9-

Nell'Almanacco è vivo il senso della terra, il senso della Storia, la saggezza del tempo, il segno di un artista, la cui aspirazione, densa di lirismo ingenuo ed arcaico, trascende i limiti della letteratura documentaria regionale". (N. Basile)

DICEMBRE 

  Continua la semina, specialmente dove il tempo non fu favorevole, o non bastò. 

   Sono necessarie in questo mese piogge abbondanti, che ogni seme s'inzuppi e la terra diventi una spugna. 

   Comincia il gran freddo che fa lagrimare gli occhi, e il maltempo costringe a casa il villano. 

   Allora, come a Gennaio, si racconciano gli arnesi, e accanto al fuoco si ragiona del passato e si pensa al tempo che viene. 

   Si tagliano da pioppi e nocciòli i nuovi pali per la vigna, e dopo averli appuntiti e scorticati, perché più durino, si immergono dalla parte del piede in una soluzione di pietra celeste al 5 per cento. 

    Si vanno cogliendo le olive che da sole cascano con un dolce tonfo, spaventando il tordo che vola via. Da esse si estrae il primo olio e si inizia la bacchiatura, ultima festa della campagna. Le mani gelano. Ma ai colpi i rami si schiantano e si struggono, perdendo vita e rigoglio per gli anni futuri. Al trappeto la macina gira notte e giorno, e dai torchi l’olio colando come oro frigge e scoppia, e se ne empiono le tine. 

   Ognuno prepara le sue giare, e della grazia di Dio ridono i cuori. 

   Si colgono i primi agrumi, si preparano le fosse per le nuove piantagioni, si travasano i vini che fermentarono. 

   Un anno finisce, e l’altro comincia: fine d'anno, capo d'anno. 

IL VICINO 

Non rubare al tuo vicino: guarda anzi il suo ed egli guarderà il tuo. 

Se ha bisogno di te non negarti. 

Si dice: - è il vicino che fa il buono o il malo vicino. 

CALTANISSETTA, GIRGENTI 

Caltanissetta è una piccola città sul limite estremo degli Erei. Ha circa 42.000 abitanti. Nella provincia, che è ricca di zolfo ed è la prima della Sicilia per la produzione granaria, i paesi principali sono: Terranova, Castrogiovanni patria di Napoleone Colajanni, Piazza Armerina patria del Generale Cascino, Valguarnera, Niscemi, Mazzarino, Riesi, San Cataldo, Villarosa, Serradifalco, Pietraperzia, Barrafranca.

Girgenti è un importante centro minerario il cui sbocco al mare è Porto Empedocle. 

La città, che ha circa 30.000 abitanti, sorge presso l'antica Agrigento, di cui restano grandiose rovine: il tempio di Giunone, il tempio di Giove, il tempio di Castore e Polluce e il tempio della Concordia uno dei meglio conservati fra tutti i templi greci. 

Fu anticamente patria di Empedocle, e oggi di Luigi Pirandello, uno fra i più noti scrittori d’Italia. 

A Girgenti, oltre l'Ufficio dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno, dal quale dipendono le istituzioni di Girgenti e di Caltanissetta, vi è pure il Deposito per le Biblioteche Popolari della Sicilia; e tutte le Biblioteche possono rivolgersi a questo Ufficio per gli acquisti di libri, che vengono ceduti a metà di prezzo. 

Nella provincia i paesi principali sono: Licata, Naro, Palma Montechiaro, Sciacca, patria di Fazello antico storico della Sicilia, Cattolica Eraclea, Casteltermini, patria del pedagogista Agostino De Cosmi, Aragona, Bivona, Canicatti, Ribera che ha dato i natali a Francesco Crispi, grande statista. 

 I MOTTI 

Il ramo somiglia al tronco. 

Pri Santu Nicola, 'a nivi supra 'a bisola. 

All’otto Maria, ai tredici Santa Lucia, ai venticinque il vero Messia, e il buon villano seminato avea. 

Natali menzu pani, aprili menzu vinu. 

Il tribolo insegna a piangere, la festa insegna a ridere. 

Cavallo schifiltoso campa magro. 

L’omu è di terra e la terra lu chiama. 

LA BARONESSA DI CARINI 

(fine) Curriti tutti, genti di Carini, 

ora ch'è morta la vostra Signura, 

mortu lu gigghiu chi ciuriu a Carini, 

nn'havi curpanza un cani tradituri! 

Curriti tutti monaci e parrini, 

purtativilla ‘nsemi ‘n sepurtura: 

curriti tutti, pirsuneddi boni, 

purtativilla in gran pricissioni: 

curriti tutti cu ‘na tuvagghedda 

e cci stujati la facciuzza bedda: 

curriti tutti cu ‘na tuvagghiola 

e cci stujati la facciuzza azzola! 

La nova allura a lu Palazzu jiu: 

la nunna cadiu ‘n terra e strangusciau; 

li so’ suruzzi capiddi ‘un avianu,

la so' matruzza di l'occhi annurvau. 

Siccaru li garofali a li grasti, 

sùlitu ch'arristaru li finestri: 

lu gaddu chi cantava ‘un canta cchiui, 

va sbattennu l'aluzzi e si nni fuj. 

A ddui, a tri, s'arrotano li genti: 

fannu cuncùmiu ccu pettu trimanti: 

 pri la citati un lapuni si senti 

ammiscatu di rùcculi e di chianti: 

“chi mala morti! Chi morti dulenti! 

Luntana di la matri e di l'amanti!" 

"L' hannu urvicata di notti a lu scuru: 

lu beccamortu si scantava puru!" 

"Poviru amuri! Quantu mi sa forti: 

morta nnucenti, urvicata di notti!" 

Iu nun ti potti di ciuri parari, 

iu nun la vitti cchiù la to’ fazzuni:

 mi nesci l'arma, nun pozzu ciatari 

supra la to’ balata addinucchiuni.

Poviru ‘ncegnu miu, mettiti l'ali, 

dipincimi stu niuru duluri: 

pri li me’ larmi scriviri e 

nutari vurria la menti di Re Salamuni. 

E comu Salamuni la vurria, 

ca a funnu mi purtau la sorti mia: 

La me’ varcuzza fora portu resta 

senza pilotu ‘mmenzu la timpesta 

La me’ varcuzza resta fora portu, 

la vila rutta e lu pilota mortu”. 

Oh chi scunfortu pri dd'arma ‘nfilici 

Quann’un si vitti di nuddu ajutari! 

Abbauttuta circava l'amicu di sala 

‘n sala si vulia sarvari: gridava forti: 

“Aiutu, Carinisi! Aiutu, aiutu, 

mi voli scannari!” Dissi arraggiata:

 “Cani Carinisi!” L'urtima vuci 

chi putissi fari. L'urtima vuci cu 

l'urtimu ciatu, ca già lu so’ curuzzu

 è trapassatu: l'urtima vuci cu l'urtimu 

duluri, ca già persi lu sangu e lu culuri! ……………………………….. ……………………………….. 

L’ULIVO 

L’ulivo si contenta di poco: trarrebbe umore anche dalle pietre. Ma tu curalo, che meglio ti rende. Due volte l'anno, in primavera e in autunno, zappa il terreno, e racconcia sempre i barbacani per l'acqua. Concima ogni pianta in abbondanza. 

Raccontano le antiche storie che lo portò sulla terra Minerva dagli occhi azzurri, dea della Sapienza, e d'un ramo se ne incoronò la fronte. Sempre verde ed annoso, esso è l'albero della tranquilla pace e dell’amorosa forza. 

Il suo fogliame d’argento dà alla campagna dolcezza, e insegna al viandante che prossima è la casa dell’uomo, ove a sera serenamente si veglia parlando dei giorni e delle opere. 

Nel primo verno, quando nudo è ogni albero e solo fischia il tordo, ai suoi rami brulicano le bacche nere e bianche che il freddo e l’acqua gonfiano d'olio. 

La raccolta delle ulive è l’ultima gioia della campagna. Chi bacchia si scalda le mani, e le raccoglitrici intanto cantano, o ascoltano dai vecchi storie d'amore, di santi, di cavalleria. Fervono allegri motti e risate, l'uomo accarezza con lo sguardo la donna, e qualcuno mette al fuoco le ulive più grosse e più nere, e abbrustolisce fette di pane. 

L'ulivo va rimondato ogni due anni, e da chi è dell'arte. La sua chioma si porta a forma di coppa, in modo che l'aria e il sole tutta la prendano. Bisogna spronare con tagli opportuni lo sviluppo dei rami orizzontali e pendenti, e tagliar l'ali a quelli che troppo volano in su. La forza e il campo alla pianta si misurano dalla fertilità del terreno. 

Si dice: - Un pazzo alla testa e un savio al piede. Ma la bacchiatura come da noi si fa, toglie mezza vita all'ulivo, e guasta le bacche. Si dice meglio: - non dar mazza che s'ammazza; e anche: - l'oliva ch'è colta con la mazza, olio cattivo porta in piazza. 

Meglio la scrollatura e la coglitura a mano, ché le ulive non ammaccate danno olii sopraffini. 

TRAPANI 

Trapani, sull’angolo occidentale dell’isola, fu anticamente il porto di Erice che sorgeva dove oggi è Monte San Giuliano. E un porto attivo per le saline, le tonnare e la esportazione dei vini. Ha circa 49.000 abitanti. Fu la patria del musicista Alessandro Scarlatti. 

Nella provincia i paesi principali sono: Marsala, Calatafimi, Salemi, Castellammare del Golfo, Alcamo, Mazzara del Vallo, Castelvetrano, patria di Giovanni Gentile attuale ministro della Pubblica Istruzione.

 Una quantità di forestieri sono annualmente attivati in questa provincia delle rovine di Segeste, che sono tra le più suggestive del mondo, e da quelle grandiose di Selinunte la prosperosa città greca in riva al mare africano che fu distrutta dai Cartaginesi. 

 I CONCIMI 

Importanza grandissima nell’agricoltura hanno i concimi. 

La terra per produrre ha bisogno, come te, di nutrimento. I frutti, il grano, le erbe, le tolgono sostanze necessarie alla vita, e a lungo andare essa non avrebbe più che dar loro. Le sue mammelle diventerebbero secche ed aride, e ogni cosa morrebbe. Perciò ogni anno tornano a lei naturalmente, senza alcuna opera dell'uomo, molte delle sostanze che diede, per mezzo di foglie, di erbe, di frutti, di residui animali, che putrefacendosi nel suo seno si mutano ancora in principi vitali. 

Quando tu semini, dunque, la terra che fu sfruttata ha bisogno d’aiuto e ti chiede concime di cui tutta s’impregna e s'ingrassa, e che subito distribuisce in forma di succhi alle nuove radici. 

Il concime per eccellenza è lo stallatico, e tu spargilo in abbondanza nei solchi e nelle conche. 

Ma esso solo non basta a mantenere la fertilità del terreno e tanto meno ad accrescerla, e perciò bisogna aiutare la sua azione con concimi chimici, che sono di varie specie secondo la natura delle piante e della terra da concimare. 

Le piante han bisogno per vivere principalmente di azoto e di fosforo: perciò alle piante povere del primo bisogna dare concimi azotati, e a quelle povere del secondo concimi fosfatici. 

I più noti nell'agricoltura sono i concimi fosfatici (perfosfati minerali e perfosfati d'ossa) che si usano largamente per il grano e le leguminose. 

I concimi azotati (calciocianamide e nitrato di calcio) sono utilissimi per la concimazione delle piante da frutto. 

MESSINA 

Messina chiamata anticamente Zancle per la configurazione del suo porto a forma di falce, era, dopo Palermo e Catania, la più bella e fiorente città della Sicilia e i suoi abitanti ascendevano a più di 120.000. 

Bellezze della città erano: la Palazzata a mare, la Cattedrale, la fontana d'Orione, l’Annunziata dei Catalani, la chiesa di San Gregorio, ecc. 

Ma il terremoto del 28 dicembre 1908 tutta la distrusse, e dei suoi abitanti, 84.000 restarono sotto le macerie. 

Oggi per volontà dei superstiti, e di tutti gli italiani essa lentamente è risorta, e la nuova città tende a gareggiare con l’antica per bellezza di strade e d'edifici, e la sua popolazione è di poco inferiore a quella del 1908. 

Messina è il più importante centro ferroviario della Sicilia, ed è lo scalo naturale per le comunicazioni col Continente. 

Nella provincia i paesi principali sono: Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo, Patti, Naso, San Fratello ultimamente distrutto da una frana, Mistretta, l’incantevole Taorrnina, Santa Teresa di Riva. 

 L’OPRA DEI PUPI 

Nelle lunghe serate di festa si va all’opra dei pupi ad ascoltare le storie. 

Sotto le mura di Parigi, di Saragozza, di Montalbano, nei boschi incantati e nelle reggie, sulla spiaggia del mare, passano tutti luccicanti d’armi gli antichi paladini, i baroni, i principi e i re, le donzelle, i maghi e i diavoli. 

Primi fra tutti Fioravante e Rizieri, Buovo d’Antona e Guerino il Meschino, Orlando e Rinaldo, il danese Uggieri e Oliviero, il duca Namo e Ricciardetto, Gradasso e Ferraù; e fra le donne, fatte per l'amore e la guerra, Bradamante e Marfisa, Drusiana e Dusolina, Beatrice e Berta, Alda la bella e Angelica, bella fra tutte le belle. 

Viene con la nasca tagliata il traditore Gano di Maganza, e medita la rotta dei Paladini; ma Malagigi, il gran mago, sempre ne sventa le insidie, comandando a Nacalone e agli altri diavoli; Dama Rovenza dà martellate sul capo a Rinaldo, ma infine perisce colpita a morte con inganno. 

Astolfo vola sull'Ippogrifo e va nella luna a prendere il senno d’Orlando pazzo per amore d’Angelica; Ruggiero, il pagano gentile, s'innamora di Bradamante e si converte alla fede di Cristo. 

Ma fra tutti campeggia Carlo, il gran servo della Croce; la sua bella barba bianca ondeggia al vento, e la sua voce è come il tuono nella valle di Roncisvalle. Egli piange e sospira, sempre attraversato dalla sorte, e a Dio si raccomanda; e quando i suoi prodi vincono, bandisce giostre e tornei.

 NASCITA DI GESÚ 

Or in quei giorni di dicembre avvenne che uscì un editto di Cesare Augusto, che ordinava un censimento di tutto l’impero. E tutti andavano a farsi iscrivere, ciascuno nella sua città. 

Or anche Giuseppe salì dalla Galilea, dalla città di Nazaret, in Giudea, alla città di Davide che si chiama Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide, a farsi iscrivere con Maria, la quale era incinta. E avvenne che, mentre eran quivi, arrivò per lei il momento del parto; e diè alla luce il suo figliuolo primogenito, lo fasciò, e lo pose a giacere in una mangiatoia perché non v’era posto per loro nell'albergo. 

Or in quella medesima contrada v'eran dei pastori, i quali stavano nei campi e facevano di notte la guardia al loro gregge. E un agnello del Signore si presentò ad essi, e la gloria del Signore risplende intorno a loro, e temettero di gran timore. E l'angelo disse loro: - Non temete; poiché, ecco, io vi reco il buon annunzio di una grande allegrezza, che tutto il popolo avrà: Oggi nella città di Davide, v’è nato un Salvatore, che è Cristo, il Signore. E lo riconoscerete da questo: troverete un bambino fasciato e coricato in una mangiatoia. 

E in quell'istante si trovò con l’angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Iddio e diceva: - Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà. 

E avvenne che quando gli Angeli se ne furono andati via per tornare al Cielo, quei pastori presero a dire tra loro: - Andiamo fino a Betlemme, a vedere quel che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere. 

E andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe, e il bambino giacente nella mangiatoia, e vedutolo, divulgarono ciò che era loro stato detto di quel bambino: e tutti coloro che li udirono si meravigliarono delle cose che erano loro dette dai pastori. Ma Maria conservava in sé tutte queste cose, e vi meditava in cuor suo. 

E i pastori se ne ritornarono, glorificando e lodando Iddio di tutto quello che avevano udito e veduto, in conformità di quanto era loro stato detto. 

IL PRESENTE E L’AVVENIRE DELLA SICILIA 

Tu hai visto in questo libro come non manchino nella nostra Sicilia i prodotti del suolo, e come sia ricca per la sua storia, per la sua civiltà e per la sua poesia. 

Eppure, per ironia delle cose, la Sicilia è povera, e nella credenza dei più è barbara ed incivile.

 Nell’interno la miseria è grande; e la miseria aiuta molto spesso l’ignoranza e il delitto. 

Ma non bisogna disperate. La Sicilia va verso il meglio! A un popolo forte, onesto, laborioso, l’avvenire non può fallire. 

“Una nota di fiducia si svolge dalla trasformazione che sta avvenendo in Sicilia. La nota è tanto più di fiducia, in quanto gli elementi della trasformazione sono essenzialmente locali, dovuti agli sforzi fatti dai Siciliani per la propria elevazione, ed in piccola parte soltanto debbono attribuirsi all'opera delle leggi e delle autorità (Bertarelli)”. 

La salvezza, o contadino, verrà da noi stessi. Tu per il primo devi portare la tua pietra all’edificio comune. Nell’opera ti aiuteranno uomini operosi e ardenti che da anni e anni lavorano in silenzio per il bene della Sicilia. 

Si deve a questi operosi se finalmente l’Italia comincia ad occuparsi del miglioramento della sua più bella gemma. Crescono le scuole, crescono le comunicazioni nell'interno, nuove industrie sono aiutate, si accenna a discutere il grave problema del latifondo. 

Avanti, dunque, non disperiamo!

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