Come si esce dall'illegalità in Sicilia?
Rispettando ciascuno i ruoli ed i principi suoi propri.
La Sicilia è ritenuta -a ragione o no- una sorta di calamita della criminalità organizzata sul fronte delle ecomafie, cioè di quei reati ambientali che spaziano tra abusivismi edilizi (cemento), affari con i rifiuti, traffici illegali e tanto altro ampio corollario. E non parliamo della Mafia, che sia tradizionale o -ai giorni correnti- da giacca e cravatta. Quest'ultima e' tuttora ben inserita nei gangli vitali dell'odierna società.
Il problema -lo sappiamo tutti in Sicilia- in realtà ha origini e dimensioni sociali, politiche e collettive che trascendono il profilo della legislazione. Si tratta, detto in altri termini, di diffondere -prima di ogni altra iniziativa- la consapevolezza culturale, a cominciare dalle scuole e poi in ogni ganglo di vita.
Se si studiano i libri di diritto e la conseguente legislazione, tutti prendiamo atto che la normalità della vita si fonda su dei principi (lo insegnava il prof. Guido Corso). Tuttavia qualsiasi studente, o altro cittadino informato, sa bene che, soprattutto in Sicilia, il senso dei principi viene oscurato dal diffuso (collettivo) egoismo e dall'interesse di parte. Situazione questa che sta sotto gli occhi di tutti, proprio di tutti. In Sicilia il cercare l'amico per superare lo scoglio (che sia grande o piccolo) è generalizzato, viene da dire, totale.
Ed invece, se si vuole uscire dall'arretratezza, occorre diffondere, tornare a coltivare i "principi". Principi di giustizia ed etico-politici; se mancano questi non potranno mai esistere e sprigionarsi le basi fondamentali della convivenza civile.
Sul piano tecnico-giuridico, in Italia, la politica dovrebbe occuparsi solamente di avere e sviluppare idee da applicare sul sistema socio-economico per far crescere la ricchezza collettiva; sappiamo tutti invece cosa capita, ossia, che la separazione dei poteri, il principio di legalità, la soggezione alla legge e tantissimi altri principi continuano a restare principi, sulla carta. Dopo oltre un settantennio dal suo varo la Costituzione non è entrata nemmeno nello spirito degli apparati pubblici, figuriamoci nei vicoletti della società comune.
Va dato comunque atto che -rispetto a venti anni fa- qualche piccolo passo in avanti è stato compiuto. Troppo piccolo.
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