mercoledì 22 settembre 2021

Alle radici della Storia d'Italia e di Sicilia: dall'Ottocento ad oggi (2)

L'Italia è fatta

   ora faremo

      gli Italiani 

Dislivello fra Nord e Sud

Nel 1861 pare che Cavour abbia proferito la frase che abbiamo inserito in capo alla pagina. Era ormai fatta la "Nazione italiana" ma i problemi per farne uno Stato affermato e solido erano veramente immensi. Ed ancora oggi -ad oltre un secolo e mezzo- tantissimi problemi restano irrisolti; basta pensare agli immensi dislivelli di reddito, di servizi, di cultura fra il Nord del Paese ed il Sud. Quest'ultimo finora -o fino a non molto tempo fa- è servito come fornitore di manod'opera per il Nord e più recentemente per alcuni paesi europei. L'emigrazione dal Sud adesso è quasi tutta di tipo intellettuale. Qui si investe -infatti- in formazione scolastica ed universitaria sui figli che poi, ottenuto il titolo, vanno ad impiegare il bagaglio culturale conseguito altrove.

L'Unità ancora da raggiungere

Su 22 milioni di italiani che abitavano nello stivale nel 1861, furono minoranze estreme quelle consapevoli della necessità di cambiare pagina (=assecondare l'Unità del Paese). Esigue minoranze parteciparono alle lotte per l'indipendenza mentre la stragrande massa della popolazione rimase estranea o addirittura ostile a quanto andava accadendo. Procedere all'unificazione dell'Italia, unificare il popolo sotto il profilo culturale e nazionale risulterà molto più difficile che l'averlo unificato dal punto di vista politico-militare.

Fu, ed è ancora sotto più aspetti, difficile superare la generale arretratezza economica, sconfiggere l'analfabetismo che allora sfiorava qualcosa in più dell'80% della popolazione. Erano obiettivamente problemi enormi.

L'enormità dell'arretratezza

Un episodio storico locale (di Contessa Entellina) che ha scioccato -per l'incredibilità- chi ne è venuto a conoscenza, quando era poco più che ventenne.

Quando nel 1812 fu abolito (almeno sulla carta) il feudalesimo in Sicilia bisognava liberare (sgomberare) le carceri feudali, situate nei sotterranei del palazzo municipale, nel lato che dà sulla via Scanderbergh. L'ultimo scempio di quel sistema feudale fu di cedere (vendere?) i carcerati al governo portoghese che -in quel periodo- compensava la cessione, pur di ripopolare le immense e disabitate colonie brasiliane. Ovviamente assieme ai carcerati "ceduti" emigrarono al seguito le relative parentele. Qualcuno ha quantificato quei primi emigrati  in un centinaio di unità.

Non stupiscono quindi certi cognomi di origine arbëresh (ci viene da scrivere contessioti) presenti nell'immenso paese sud americano sin da prima della grande fuga dall'entroterra siciliano seguito all'impresa garibaldina, comunque indirizzato al seguito dei fratelli Vaccaro in New Orleans.

Nella nostra camminata storica che cominceremo dall'Unità d'Italia per arrivare al governo Draghi, sempre che ne avremo il tempo, proveremo a cogliere le varie "ricadute=conseguenze" localistiche delle decisioni assunte dai livelli di governo centrale o regionale. Le grandi vicende della Storia, infatti, non sono mai state neutre per le periferie del Paese.

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Probabilmente per capire meglio il senso che intendiamo dare alle nostre riflessioni inizieremo a tracciare i percorsi storici dal 1812, l'anno che -almeno sulla carta- segna la fine del feudalesimo.

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