lunedì 19 aprile 2021

Ai tempi del coronavirus. Fra dieci, cinquant'anni si racconterà...

 Evadendo dalla realtà, ma non completamente

 Molte saranno le memorie che gli attuali ventenni e trentenni ricorderanno e potranno narrare  ai loro figli e nipoti -fra cinquant'anni- sul terzo decennio del XXI secolo. Certo, ci saranno strumenti sofisticatissimi, molto più dei nostri attuali pc e telefonini che renderanno visivamente quanto arretrati (incompetenti?) si era nel 2021 nell'affrontare un inconsistente virus. Ma la narrazione, il racconto diretto esprimerà ancora in termini umani ( con passione e partecipazione)  la vicenda dell'uomo che stentava (ma c'era chi speculava) a fronteggiare ... niente più che un invisibile virus, dal nome allora misterioso: covid 19.

  Magari ci sarà chi ricorderà che col virus  -con l'evento allora inspiegabile di un fenomeno forse nato in un laboratorio-  la guida dei popoli passò -gradualmente- dai politici ai cosiddetti tecnici, dagli eletti (spesso incompetenti  e chiacchieroni) ai "bravi",  espressione questa di un sistema che si proponeva di ridurre (ma, da far capire con argomenti tecnocratici e specialistici) gli spazi della democrazia occidentale nata e sviluppatasi nei decenni della seconda metà del Novecento, dalla guerra prima contro il nazi-fascismo e poi in forme meno eclatanti contro il totalitarismo comunista.

 Forse qualcuno narrera' che in realtà a venire contratta seriamente con la vicenda del covid 19  è stata la partecipazione alla vita pubblica che, allora, si definiva di sinistra, socialista e democratica, per fare spazio alla tecnocrazia, alla presunta efficienza e bravura delle allora prestigiose università e laboratori che formavano gli esperti, i bravi competenti (così si lascio" intendere).

 Non è che il popolo venisse (in quel lontano terzo decennio del XXI secolo) trattato male in termini economici. Gli venivano passati e rimessi tanti riconoscimenti: cassa integrazione pluriennale, stare in casa, non dibattere in assemblee pubbliche, tanti media gradevoli ed efficaci  utilissimi per distrarlo dal governo -quello vero- delle comunità. E poi ancora -qualcuno racconterà fra 50 anni- i "bravi" che si occupavano delle questioni del mondo in fondo erano rassicuranti. I politici precedenti, quelli che avevano costruito il Paese Italia del dopoguerra, che avevano fatto conoscere agli italiani per la prima volta la "democrazia" e la partecipazione popolare attraverso le sezioni di partito nei quartieri di tutte le città e nei paesi più sperduti dell'entroterra, apparivano e venivano  ritenuti degli idealisti che -in fondo- erano degli incompetenti perché il bene -ormai- proviene dai tecnocrati scelti dalle poche lobby che sanno come tenere buoni gli uomini, divenuti "meno uomini" perché hanno devoluto la guida delle cose del mondo ai bravi. Sono infatti scomparse -in quel finire del primo secolo del terzo millennio- le proteste, i dissensi, i partiti, i sindacati. I pochi -che capiscono tutto- pensano e dispongono: tutti gli altri attendono che i bravi decidano per loro.

 Come si fa a diventare bravi nessuno però sa spiegarlo. D'altronde neppure le élite del Medioevo spiegavano come erano diventate brave, ne' i sudditi si chiedevano allora come si diventava bravi (baroni, principi e signori). Chi si poneva questi interrogativi diventava, veniva definito, fuori legge, poi lentamente rivoluzionario, poi socialista, poi democratico, poi ... nuovamente da tutelare ad opera dei "bravi", che come storicamente ed impercettibilmente già capitato, capiscono e sanno decidere per tutti. Tra l'altro -adesso- danno il lavoro a distanza, la cassa integrazione, i ristori. È importante però che nussuno faccia troppo rumore, non rivendichi partecipazione e democrazia e lasci piuttosto fare alle élite. 

Non disturbare i guidatori! 

 È la parola d'ordine.

Altri dicono: prima o dopo riavremo la partecipazione e la democrazia. Speriamo!

(Testo ovviamente di fantasia. Vera fantasia o ... qualcosa si intravede seriamente fra le pieghe dei nostri giorni?).

 

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