giovedì 15 ottobre 2020

Umanità e Modernità. Cosa succede nei Balcani (1)

I nostri lettori hanno da tempo capito che la natura culturale di fondo del Blog è storica. Il nostro è un Blog di storia, non di storia che racconta guerre, monarchie ed eroi, ma un Blog che scandaglia tempi e luoghi per cogliere elementi socio-economici-umano-politici-culturali

Non scartiamo di certo l'attualità politica, partitica, quella generalmente culturale e/o scientifica dei nostri giorni, anzi ...

In questo cinquecentesimo anniversario dall'istituzione ufficiale della comunità "contessiota" ci proponiamo per alcune decine di pagine di fotografare il contesto umano e ambientale genericamente europeo, per porre poi maggiore attenzione alla Sicilia. Qui gli esuli arbëreshë vennero e qui si stanziarono i loro discendenti.  Procederemo, come spesso abbiamo sempre fatto sul Blog, per flash.

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I Balcani 

Assemblea di "Fanarioti"
che si svolgeva
per la salvaguardia 
dell'identità cristiana
 congiuntamente
all'autorità religiosa
ortodossa.

I Balcani,  quelli che erano stati territori bizantini, non furono mai linguisticamente e culturalmente aree omogenee con intenti uniformi rispetto alla capitale -Costantinopoli- dell'Impero Romano d'Oriente. Quelle balcaniche erano popolazioni, società le une differenti dalle altre; e tali resteranno sotto il dominio Ottomano. Nessuna omogeneizzazione, quindi, fu avviata. Ogni realtà aveva, ed avrà in seguito al dominio turco, un suo processo di sviluppo. Con l'arrivo dei turchi nei Balcani (compresi i territori dell'odierna Albania) si ebbe una ampia mescolanza di gente islamica, cristiano-ortodossa, bizantina (nel senso che si riconosceva nell'Impero e possedeva prevalente cultura greca, slavo-bulgara, serba, albanese e ovviamente turca). La presenza turca inevitabilmente col trascorrere dei decenni e dei secoli  andò via via sempre più affermandosi pur non riuscendo mai a creare una società a sua immagine e somiglianza. Non riuscì mai ad imporre una sua cultura o ad integrare  i diversi gruppi. Probabilmente questo obiettivo non fu mai perseguito da quell'Impero se è vero, come è vero, che la classe dirigente di Istambul (nome soprapposto all'antica Costantinopoli)  era composta da dignitari mussulmani provenienti da tutte le aree del nuovo impero che pero' erano cristiani convertiti all'Islam (bosniaci, Serbi, Greci, Albanesi, Bulgari) o comunque cristiani integrati nel nuovo sistema. Lo stesso Giorgio Castriota (Scanderbergh) era un cristiano cresciuto nella corte di Istambul dove aveva fatto propri quei modelli dominanti⁰ di vita.

Il clero cristiano, lo stesso Patriarcato,  un anno dopo il crollo dell'impero, nel 1454, si era già reinsediato nella capitale -ridenominata Istambul-. Le chiese cristiane in tutti i Balcani poterono continuare a funzionare regolarmente, private però delle funzioni di istituzioni religiose ufficiali, divenendo semplici luoghi di culto.

A Istambul l'insieme del clero e dei ricchi mercanti cristiani, nel nuovo ordine ottomano, divennero i "Fanarioti"; erano (e ancora ai nostri giorni sono) legati al Patriarcato e -allora- lo erano alla Porta, la sede del Sultano. I Fanarioti continuarono il medesimo stile di vita dell'antica aristocrazia bizantina. Per un paio di secoli dalla caduta di Costantinopoli i "Fanarioti" continuarono ad accrescere la loro influenza nella conduzione dell'Impero ottomano; alcuni di loro ricevettero l'incarico di governare alcune regioni dei Balcani (Valacchia, Moldavia etc.). I sudditi non mussulmani venivano comunque tutelati se pagavano una imposta specifica, di cui erano invece esentati i mussulmani.

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