mercoledì 19 giugno 2019

Sicilia nascosta. L'assessore Tusa aveva una idea per rivitalizzare i borghi e conseguentemente i paesi-capoluoghi


I borghi rurali che insistono sul nostro territorio, Contessa Entellina, risentono oggi pure essi della crisi profonda del capoluogo, ossia del centro abitato principale, che noi ancora chiamiamo Hora.
Se Hora è ormai un centro disabitato, trascurato pure nei servizi di ripulitura e falciatura dell’erba che cresce strada su strada, pure trascurati –forse un po’ di più- lo sono i borghi rurali ex-Eras: Piano Cavalere, Cozzo Finocchio e Roccella.
In questa pagina vogliamo occuparci dei Borghi, sorti negli anni cinquanta del Novecento a seguito del disfacimento dei latifondi e del tramonto di ciò che il feudalesimo lasciava sopravvivere in termini di usi, costumi e cultura rurale. Ma riportando un po’ di storia sulla colonizzazione del latifondo che, in verità, comincia negli anni venti del Novecento.

In Sicilia di borghi come quelli che insistono sul territorio di Contessa ne sopravvivono (seppure tendenti inesorabilmente ad essere abbandonati) circa 80, realizzati tra gli anni ’20 e gli anni ’60 del Novecento, e sono disseminati un po’ ovunque nella campagna siciliana. Si tratta di borghi, villaggi rurali, case cantoniere e piccoli raggruppamenti di case coloniche sul tipo delle “Quattro case di Vaccarizzott” previsti dai vari piani per lo sviluppo del sistema agricolo siciliano che si sono succeduti dall’inizio del secolo scorso e si sono conclusi nel recente inesorabile declino dell’agricoltura siciliana.
Questo patrimonio, oggi di proprietà dei Comuni che ne hanno chiesto la gestione (ed è il caso di Contessa Entellina) oppure dell’Ente Sviluppo Agricolo, sono per la maggior parte abbandonati o fatiscenti, insomma dei veri e propri borghi fantasma. Molti hanno riflettuto per un recupero intelligente, non soltanto in termini di ripristino delle singole unità abitative, ma nell’ottica di un rilancio dell’intero patrimonio, immaginando un percorso turistico che unisca tutte le strutture esistenti.

I borghi rurali siciliani, quel che ne resta, sono testimoni non solo della storia Siciliana ma anche di un frammento della storia d’Italia che affonda le proprie radici nei primi anni ’20 del Novecento e poi più decisamente negli anni cinquanta con la “Riforma Agraria”, nell’ottica di favorire lo sfruttamento agricolo di ampie zone d’Italia.


I nuovi insediamenti rurali avrebbero dovuto servire da un lato a colonizzare letteralmente le campagne e dall’altro “stabilizzare” la struttura sociale, attraverso rinnovate possibilità occupazionali. Questi insediamenti non erano assimilabili né per dimensione né per urbanistica ad un centro urbano vero e proprio, erano dei piccoli gruppetti di case (talvolta dotati di servizi), immersi direttamente nei terreni agricoli destinati alle famiglie coloniche. 

Un poco di Storia
Nel 1924 Mussolini venne in Sicilia per la posa della prima pietra del borgo che sarebbe dovuto nascere nel ragusano –Mussolinia- e che rimase praticamente su carta (o su pietra) e mai portata a compimento.
Col decreto sulla bonifica, nel 1925, in Sicilia venne fondato l’Istituto Vittorio Emanuele III con il compito di “promuovere, assistere ed integrare in Sicilia, ai fini della bonifica, con particolare riguardo alle trasformazioni fondiarie, l’attività di privati, singoli e associati, condizionandola con quella dello stato”.

Dopo quel 1925 vennero fondati
-Borgo Littorio tra Campofelice di Fitalia e Corleone (provincia di Palermo),
-Libertinia vicino Ramacca (provincia di Catania),
-Sferro nei pressi di Paternò (provincia di Catania),
-Borgo Recalmigi a Castronovo di Sicilia (provincia di Palermo),
-Borgo Bardara presso Lentini (provincia di Siracusa)
-Borgo Santa Rita (provincia di Caltanissetta),
-Borgo Filaga vicino Prizzi (provincia di Palermo).
Nel 1937 fu pubblicato dal regime un compendio sulle tipologie e caratteristiche che i borghi rurali dovevano possedere.
Le case coloniche per l’agricoltore e la sua famiglia erano previsti che sorgessero in centri di tre tipologie: 
-un centro di tipo “minimo”, costituito da 6 edifici, una cappella per le funzioni religiose, la scuola con alloggio per l’insegnate, la sezione dell’Opera Nazionale Dopolavoro, un’osteria, una bottega, una postazione telefonica, la stazione dei Carabinieri Reali, un dispensario medico, un armadio farmaceutico ed una cabina elettrica, tutto attorno ad una piccola piazza centrale.

-Un centro di tipo “medio”, costituito da otto fabbricati, con in più gli edifici della tipologia di rango inferiore: la casa per il parroco, la sede del partito nazionale fascista, un ufficio del Consorzio, la bottega per un artigiano (con alloggio) e la scuola con alloggio per maestro;
-infine un centro di tipo “grande”, un complesso di edifici scisso in due nuclei distinti, da una parte la chiesa (con alloggio per il parroco), la scuola, la collettoria postale, la stazione dei Carabinieri Reali, gli uffici e la sede del partito, e da un’altra forno, rivendita tabacchi, generi alimentari, osteria con stallaggio, le case degli artigiani, l’officina del fabbro, l’autorimessa, un molino, la cabina elettrica ed i magazzini consorziali.
Nel 1939 fu allestita la legge “Colonizzazione del latifondo siciliano”, però pubblicata nel 1940, con la guerra che ormai devastava l’intero continente.
Venne fondato comunque l’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano (E.C.L.S.) che prese il posto del vecchio Istituto Vittorio Emanuele III, e vennero realizzate 2.507 case coloniche (sul tipo de “Le quattro case di Vaccarizzotto”) ed i primi borghi rurali, ognuno dei quali doveva ospitare circa 1.500 persone: otto borghi, uno in ciascuna provincia siciliana ad eccezione della provincia di Ragusa.

Nacquero cosi tra il 1939 ed il 1940:
-borgo Amerigo Fazio nei pressi di Salemi (provincia di Trapani),
-borgo Angelo Rizza tra Lentini e Sortino (provincia di Siracusa),
-borgo Calogero Gattuso presso Caltanissetta,
-borgo Cascino ad Enna,
-borgo Salvatore Giuliano a breve distanza da Cesarò (provincia di Messina),
-borgo Pietro Lupo tra Palagonia e Ramacca (provincia di Catania),
-borgo Antonio Bonsignore a Ribera (provincia di Agrigento)
-borgo Giacomo Schirò tra Monreale e Corleone (provincia di Palermo).

Alla fine della guerra, precisamente il 21 novembre 1950, venne approvata la legge di riforma agricola in Sicilia con cui l’ormai ex E.C.L.S. si trasformò in Ente per la Riforma Agraria Siciliana (E.R.A.S.).


Vennero avviati i piani di riordino territoriale prevedendo la creazione di case isolate, sparse in corrispondenza di poderi, mentre i servizi furono previsti nei borghi rurali divisi per tipologia.
I borghi progettati furono 35 ma non tutti furono realizzati, alcuni rimasero incompiuti, altri abbandonati. Oggi quasi tutti i borghi rurali sono abbandonati o comunque non finalizzati agli scopi per cui sorsero e tanti sono lasciati alla mercé delle intemperie. Uno degli ultimi ad essere abitato è stato Borgo Schirò, a 10 km da Corleone, dove il parroco ha continuato a servire messa fino agli anni duemila, ma ha poi dovuto abbandonare il sito a causa dei ripetuti furti ed atti vandalici perpetrati da ignoti.


Che fare dunque di questo patrimonio?
Un accordo di programma sottoscritto dall’Assessore Regionale ai Beni Culturali Sebastiano Tusa, dai sindaci di Ramacca e Mineo e dall’Ente Sviluppo Agricolo, la Regione Siciliana ha intrapreso un programma di recupero che ha visto la predisposizione di interventi di riqualificazione per Libertinia e Borgo Lupo, entrambi nel catanese. L’accordo fa parte di un ben più ampio piano di riqualificazione in cui sono inseriti altri dodici borghi rurali sparsi sul territorio siciliano.

La speranza vorrebbe che qualcuno che di politica si occupa (o dovrebbe) si impegni a seguire il solco dell’Assessore Tusa perchè i borghi rurali siciliani, compresi quelli ricadenti nel territorio di Contessa, venissero inquadrati in un rilancio complessivo che permetta la creazione di un vero e proprio itinerario innovativo della Sicilia “nascosta” come recita una espressione della locale Associazione “Vivere Slow”, che proprio perché nascosta è la  più autentica.

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