domenica 15 luglio 2018

L'uomo e la Storia

Stiamo scrutando fatti, cultura e modi di essere dell'uomo del Novecento.

Il libro Cuore
di Edmondo De Amicis

Il libro di De Amicis negli anni del fascismo fu bandito perchè "lacrimoso e moraleggiante"; nonostante ciò il libro "Cuore" impregnò di sè l'educazione di milioni di scolari.
Esso non è altro che la cronaca ora triste ed ora lieta di un anno di scuola in una terza elementare della Torino di fine Ottocento. I protagonisti sono i ragazzi, l'umanità, che si rinnova in ogni tempo ed in ogni angolo del mondo, fra momenti di gioia e di drammi.
--Enrico, è il figlio di Edmondo De Amicis, che ad ogni rientro a casa sente le raccomandazioni del padre;
 --Nobis, è il ricco;
--Garrone, è alto, bravo e povero;
--Franti, lo sfrontato, sempre pronto ad organizzare cattiverie;
--il maestro, paziente e cordiale.

Era, quella, una società misera e lontana dall'espressione "benessere", termine questo ancora da venire. Si andava a scuola con la penna (o meglio col pennino d'acciaio) e la boccettina d'inchiostro. I bidelli suonavano l'inizio e la fine delle lezioni con una campanella articolata a mano.
In classe ci si ritrovava fra chi era ben vestito e chi indossava dei cenci, chi con le scarpe lucide e chi con gli zoccoli di legno.

Nella cronaca De Amicis inserisce "i racconti mensili", bozzetti drammatici  dell'Italia avviata verso la formazione nazionale:
--Dagli Appennini alle Ande (il ragazzo che va alla ricerca della madre emigrata in Argentina)
--La piccola vedetta lombarda,
--Sangue romagnolo,
--Il piccolo scrivano fiorentino,
--Il tamburino sardo.

Il libro di De Amicis, Cuore, al pari di Pinocchio, e nonostante l'avversione del Fascismo, è stato tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, ed il suo successo è spiegato dalla circostanza che ogni società, ogni realtà, per quanto diversa, si riconosce nei visi di quegli scolari di una Torino che non c'è più. 

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L'Italia sottrae la Libia
all'Impero Turco

Proseguendo la rassegna sul Novecento, inevitabilmente ci imbattiamo nelle guerre coloniali che pure l'Italietta del primo decennio del secolo vuole intestarsi nell'intento di apparire di pari livello degli altri stati europei.
E' il 1911 quando Gea della Garisenda, nome d'arte di Alessandra Drudi (Cotignola, 24 settembre 1878 – Villa Verucchio, 7 ottobre 1961), canta:

Tripoli, bel suol d'amore,
ti giunga dolce questa mia canzon.
Sventoli il tricolor 
sulle tue torri al rombo del cannon.

E' il 3 ottobre quando dalla nave ammiraglia partono i primi colpi di artiglieria, il cui intento era di far dimenticare al mondo la sconfitta che l'Italia aveva subito anni prima ( 1º marzo 1896 nei dintorni della città etiope di Adua tra le forze italiane comandate dal tenente generale Oreste Baratieri e l'esercito abissino del negus Menelik II. Gli italiani subirono una pesante sconfitta, che arrestò per molti anni ancora le ambizioni coloniali sul corno d'Africa). 
La guerra per accorpare all'Italia la Libia fu combattuta dal Regno d'Italia contro l'Impero ottomano, che esercitava allora la sovranità sulla Tripolitania e la Cirenaica, tra il 29 settembre 1911 e il 18 ottobre 1912,

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