Un contessioto nei campi di concentramento.
La Prussia Orientale oggi rientra in gran parte nei confini della Polonia, ma per una porzione più piccola è territorio della Federazione Russa.
In quella regione, nell'inferno di un Campo di Concentramento, fu condotto un nostro concittadino che era militare in Campania, in provincia di Caserta. Era stato richiamato alle armi per partecipare alla guerra di Mussolini il 28 febbraio 1941.
Dopo l'armistizio dell'8 Settembre 1943, grazie alla viltà della classe dirigente di allora (Monarchia e governo Badoglio) l'esercito italiano rimase privo di disposizioni ed in preda alla vendetta nazista. Il nostro concittadino che si trovava in zone di operazioni fu catturato dalle Forze Armate Tedesche e messo su un carro bstiame assiepato con decine e decine di altri prigionieri italiani e portato in Germania, un viaggio durato parecchi giorni in conseguenza dei bombardamenti alleati. Durante il viaggio fu concesso ai prigionieri di scendere dal carro bestiame una volta ogni due giorni per bere presso le fontane delle stazioni di sosta, per un tempo limitato e chi si attardava a salire sul carro assegnato assaporò le mitragliatrici germaniche. L'ntero viaggio durato ben più di venti giorni nessun pasto fu distribuito ai prigionieri, i bisogni fisiologici venivano soddisfatti nel fondo del vagone bestiame. I vagoni venivano sigillati, piombati, in modo che nessuno potesse fuggire. Solamente nelle stazioni di sosta entro il territorio italano era consentito alla gente del luogo di passare attraverso le grate degli sportelloni del treno del cibo, mai sufficente per quei priginieri ammassati all'interno.
Il nostro concittadino in Germania passò
da un campo di prigionia ad un altro, provando sofferenze, privazioni e
violenze. Con inimagginabili marce forzate, imposte a colonne e colonne di
prigionieri, gli fu imposto di attraversare gran parte del territorio polacco
fino a raggiungere la Prussia Orientale, nei pressi di Koenigsberg dove lo attendeva il trasferimento da uno
all'altro dei 45
sotto-campi di concentramento che facevano riferimento al lager IA di Stablack, che complessivamente arrivarono ad accogliere circa
200-250.000 prigionieri, tutti obbligati nei mesi invernali -con la neve alta
anche due metri- ai lavori forzati in fabbriche, stazioni, linee ferroviarie,
effettuazione di fossati, etc.
A Pietro, questo era il suo nome, in un
certo senso andò bene. A Contessa egli faceva il mugnaio e grazie a questa
attività fu assegnato a condurre un mulino piuttosto distante dal campo di
concentramento ed i cui proprietari tedeschi erano in guerra per la
presunta grandezza del Reich. La proprietaria con la sorella ed loro
figlioli di età inferiori ai dieci anni furono incaricati dalle autorità naziste di vigiilare perchè il
prigioniero lavorasse assiduamente e preparasse i sacchi di farina per
l'esercito e per i pochi abitanti del villaggio.
Pietro potè per questa via uscire
dall'inferno e dalla fame del campo di concentramento.
La guerra in quei territori e la
disfatta tedesca ad opera dell'Armata Rossa che premeva apparvero ormai evidenti ai
primi del 1945.
Pietro, il mugnaio del villaggio, sebbene prigioniero, fu
trattato nel periodo in cui visse lì umanamente e la proprietaria sebbene non
vivesse nel benessere, stante lo stato di guerra, frequentemente gli offriva da
mangiare ciò di cui poteva disporre.
All’inizio del 1945 per contrastare l'offensiva dei
sovietici nel settore della Vistola gran parte dei prigionieri dei campi della
zona di Koenigsberg e dell'intera Prussia Orientale furono impiegati nello
scavo di fossati anticarro.
La temperatura era talmente bassa che, pochi giorni
dopo, le colonne dei prigionieri che venivano spostati verso Danzica marciarono
sulla laguna ghiacciata del Frisches Haff.
Fu una vera e propria “marcia della
morte” sul ghiaccio, con una temperatura di -25 gradi che fece circa 12.000
morti tra i prigionieri dei campi evacuati. Il nostro concittadino ebbe un
principio di congelamento ma si salvò con accorgimenti che possono venire in
mente a chi ama profondamente la vita e vuole tornare a "rivedere le
stelle".
Alla fine le colonne dei prigionieri riuscirono,
decimate, a raggiungere i pressi di Danzica, dove i tedeschi resistettero ai
russi fino al 30 marzo del 1945. Danzica era stata quasi interamente evacuata
dagli abitanti tedeschi e fu bombardata per settimane da terra e dall’aria.
Dopo la conquista di Danzica i sovietici
liberarono (si fa per dire) gli italiani e qui cominciò per Pietro un viaggio
quasi uguale a quello descritto da Primo Levi ne “La tregua”.
I russi non avevano nessuna
organizzazione per il soccorso dei prigionieri di guerra dei tedeschi e si
limitavano a dar loro da mangiare mandandoli verso le retrovie.
Fu così che Pietro attraversò la
Bielorussia, la Polonia e poi la Germania completamente distrutta. A piedi, in
treno o su carri di contadini.
Tornò a casa, a Contessa Entellina, solamente
nell'Ottobre del 1945, a sei mesi dal 25 Aprile, magro, pelle ed ossa, come un
chiodo ma vivo.
Nel raccontare queste storie Pietro era sempre
circondato dalla parentela, che ormai ad Ottobre del 1945, a guerra conclusa, non lo attendeva più.
Pietro ha ripreso la sua attività di
coltivatore-mugnaio, si è sposato ed ha cresciuto, tornando ancora ma da emigrato in
Germania, due figli.
E' morto nel 1994.