martedì 20 settembre 2016

La Corte Costituzinale. Toglie dal fuoco qualche castagna al governo

LA STAMPA


Era nell'aria da giorni, ma decidendo ieri di rinviare a dopo il referendum l'udienza sull'Italicum fissata al 4 ottobre, la Corte costituzionale ha tolto ogni alibi ai partiti che da tempo si battono per cambiare la legge elettorale e al governo che più di recente ha cominciato a dirsi disponibile. Un'eventuale dichiarazione di incostituzionalità della legge, infatti, avrebbe reso urgente e forse avrebbe imposto subito la calendarizzazione parlamentare della riforma della riforma. Adesso sarà il risultato delle urne a stabilire cosa servirà fare: se vince il «No» infatti il Senato rimane tale e quale e una legge come l'Italicum che vale solo per la Camera perderà di senso. E ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità. A cominciare dalla minoranza bersaniana del Pd, che dopo aver, seppure con molte riserve, approvato l'Italicum in Parlamento, ci ha ripensato e ha fatto della correzione della legge la condizione per dire «Si» al referendum costituzionale.
Bersani è stretto tra D'Alema che guida il fronte del «No» e Renzi che, aprendo a sorpresa alla richiesta di modifica dell'Italicum, chiede ai bersaniani, intanto di approvare la riforma costituzionale nelle urne, in vista di un successivo confronto sui meccanismi elettorali, oppure di dire con chiarezza che voteranno «No», capovolgendo quella che era stata la loro posizione in Parlamento.
Con queste premesse domani la Camera discuterà una mozione proposta da Sel per impegnare il governo a prendere l'iniziativa per cambiare l'Italicum. Il dibattito sulla mozione potrebbe essere rivelatore della confusione che sta crescendo. Con i partiti più piccoli che premono per lo spostamento del premio di maggioranza dalla lista alla coalizione, ciò che tornerebbe a renderli determinanti. La minoranza del Pd che propone un ritorno ai collegi uninominali, sapendo che su questo non si troverà una maggioranza. E il Movimento 5 Stelle, possibile maggior beneficiario di un eventuale ballottaggio, che non vede l'ora di assistere alla rissa dei partiti e delle correnti scaricare addosso agli altri la colpa di non essere stati in grado di cambiare l'Italicum, ma sotto sotto sperando rimanga in vigore.
In questo contesto accusare Renzi di essere disponibile solo a parole alla correzione del sistema elettorale, augurandosi in realtà che si riveli impossibile, non è giustificato. Il fallimento della riforma della riforma si ripercuoterebbe tutto sul governo che a fatica aveva condotto in porto una legge imperfetta, ma pur sempre una legge.

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