martedì 1 marzo 2016

Un "Lala" che conosce i Balcani

MARCELLO LALA, avvocato
L’avvocato napoletano Marcello Lala consulente internazionale ha ricevuto la delega di rappresentante per l’Italia dalla Serbia Unity Congress, l'organizzazione transnazionale con sede a Washington e Belgrado per lo sviluppo delle attività commerciali ma soprattutto per agevolare l’ingresso della Serbia nell’Unione Europea attraverso la promozione della cultura serba, della verità sulla violazione dei diritti umani durante la guerra, la conseguente promozione della democrazia e della fine della diaspora nei balcani.
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Anche la Serbia si arrende

di Marcello Lala
Si chiude un’altra porta dei Balcani. Altro che Schengen, quote e ripartizioni dei migranti. La Serbia si appresta a chiudere i confini, è scattata la grande paura. Una emergenza senza precedenti si sta abbattendo sull’Europa e rischia di scatenare il riaccendersi di nazionalismi e conflitti latenti tra i vari stati soprattutto nel sempre caldo focolaio dei Balcani 
In Serbia tutti i servizi di sicurezza su ordine del Primo Ministro Vucic e del Presidente della Repubblica Nickolicsono in allerta per chiudere i confini così come dichiarato dal ministro degli interni Aleksandar Vulin, sottolineando che la Serbia segue con preoccupazione ciò che accade al confine Greco- Macedone.
Senza giri di parole Vulin ha accusato l’Europa che ha ancora una volta lasciato soli i paesi dei Balcani di fronte ad una emergenza senza precedenti che vede un gran numero di migranti affacciarsi sulle loro frontiere.
Eppure soltanto poco più di cento giorni fa la presa di posizione di Belgrado era stata netta, inequivocabile. E in controtendenza. “Non vogliamo costruire  costruire muri e barriere, lavoriamo per una soluzione condivisa in Europa  sulla crisi dei profughi”. Aleksandar Vucic, al vertice ristretto dei Paesi Ue ed extra Ue sulla rotta dei Balcani dei profughi era nettamente schierato fra i più collaborazionisti.  “Siamo pronti a fare la nostra parte e a farci carico della nostra quota di accoglienza dei migranti,  anche se non facciamo parte dell’Unione europea. Ma dobbiamo capire cosa fare delle decine di migliaia di persone che arrivano…”  
E sono lontani i giorni di quando la Serbia alzava la voce non accettando le decisioni croate. “Non consentiremo una politica di nuove cortine di ferro e di blocchi stradali. I confini europei furono chiusi solo in tempi di guerra“disse in tono polemico il ministro degli esteri serbo Ivica Dacic. “ 
La Serbia non può accettare di diventare un campo di concentramento, di essere chiusa da muri e filo spinato e di subire la chiusura del traffico stradale (di Ungheria e Croazia).”
Ma la situazione è precipitata, le politiche sull’accoglienza dei migranti hanno fallito e ora per Belgrado la misura è colma. C’è molto scoramento, la situazione è sempre più delicata e difficile. E non rincuorano le affermazioni della portavoce della Commissione europea la bulgara  che ha assicurato che l’Ue sta preparando la redazione di piani di emergenza per la Grecia e gli altri paesi del corridoio balcanico, al fine di evitare una crisi umanitaria. I serbi sono molto scettici ed i paesi della ex Jugoslavia non credono alle parole della Commissione e si preparano a respingere la nuova grande ondata di migranti proveniente dalla Grecia.
Sprangata la strada che da Tabanovce, in Macedonia, porta in Serbia. Pochi chilometri che vengono percorsi a piedi, un sentiero, fango ed acqua, in quella che viene chiamata la terra di nessuno. I migranti economici vengono respinti. A Miratovac c’è un minicampo attrezzatissimo, fatto di moduli abitativi riscaldati. E stato allestito per sostituire la tendopoli. Qualcuno finisce a Preševo, paese al centro della guerriglia albanese contro il governo serbo al tempo della guerra nel Kosovo. Oggi terra di un’altra guerra. Non meno drammatica, quella dei poveri.

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