giovedì 25 febbraio 2016

Filosofia. Il pensiero e la cultura russa -3-

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Richiamo testi precedenti.
Se ai primi dell'Ottocento l'idealismo tedesco (Hegel) si è rapidamente diffuso nel mondo culturale russo, ciò è stato possibile perchè fra gli intellettuali di quel paese esistevano ancora rigogliosi i germi della tradizione greco-antica e greco-bizantina. 
Molto diffuse erano le opere e la metodica di Dionigi Areopagita (Dialettica, paradosso, contraddittorietà apparente, totalità. ..).  
La cultura della Russia del primo Ottocento era sostanzialmente fondata sulla Patristica bizantina.

L'eredità della grecità antica e di quella bizantina nella cultura russa
Come la concezione bizantina della vita arrivò in Russia ?
Canali privilegiati di mediazione furono la Divina Liturgia e la Liturgia delle Ore che, ancora oggi, condensano la visione patristica.

Fonte: La ricostruzione e lo sviluppo di questo e dei precedenti
testi sul Pensiero e la cultura russa sono ampiamente ripresi e riportati da
Storia delle tradizioni filosofiche dell'Europa Orientale, 

di Helmut Dahm - Asen Ignator.


L'eredità del patrimonio culturale greco-bizantino arrivò in Russia grazie alle traduzioni delle opere dei Padri della Chiesa nelle lingue slave. Allorché gli slavi orientali (il cui centro politico era Kiev) accolsero il cristianesimo intorno al 988 sotto il principe Vladimir, essi avevano già accesso a una ricca letteratura cristiana in lingua slava proveniente dalla Bulgaria, convertitasi fin dal IX secolo.

A Kiev non ci si accontentò solo della letteratura ecclesiastica importata dalla Bulgaria ma ci si preoccupò soprattutto, specialmente sotto Jaroslav, di tradurre in slavo libri di carattere storico e laico. Una nuova ondata di letteratura patristica dal contenuto mistico-ascetico sorse dall’attività di traduttore del metropolita Cipriano di Mosca (1390-1406), che fra le altre cose fece tradurre o tradusse lui stesso opere di Basilio Magno, Diadoco, Isacco il Siriaco, Esichio, Giovanni Climaco, Massimo il Confessore e Dionigi l’Areopagita .

In quanto a influenza e diffusione, una mediazione importante dell’eredità del pensiero patristico giunto agli Slavi fu esercitata anche dall’innografia straordinariamente ricca della chiesa bizantina. Mentre l’ora canonica ecclesiastica della chiesa latina d’Occidente era costituita in modo preponderante da salmi, in quella bizantina, accanto ai salmi, veniva dato ampio spazio anche agli inni.

II mistero del giorno festivo o il momento sacro della giornata venivano celebrati soprattutto negli inni e nei canti, una cospicua parte dei quali, soprattutto quelli in cui venivano presentati i grandi misteri sacri del cristianesimo, risaliva ancora all’epoca della patristica e rifletteva in forma per così dire «condensata» il patrimonio trasmesso dai grandi Padri della Chiesa.

A questo riguardo, risultava di particolare importanza il fatto che l’ora canonica ecclesiastica non fosse celebrata quasi esclusivamente dal solo clero, come avveniva invece nella chiesa occidentale. Al calare della sera, la domenica, nei giorni festivi, ma anche in altre occasioni, si celebravano il vespro e le altre parti dell’ora canonica con la diretta partecipazione della comunità. Non ci si deve meravigliare che il patrimonio del pensiero patristico si sia concretizzato in questi canti liturgici, tanto più che in essi ritornano anche quelle idee che abbiamo seguito lungo il percorso del pensiero greco e patristico.


L’idea che l’intero genere umano formi un’unità essenziale si esprime spesso nell’identificazione dell’orante con Adamo, e in modo simile vengono viste unite la Madre di Dio ed Eva.

Tale unità concreta del genere umano comporta che il Figlio di Dio, accettando la natura umana, si rivesta di essa. Corrispondentemente, anche nei canti liturgici, così come già accadeva nella letteratura patristica, la caduta di Adamo appare come una frattura in lui della natura universale umana, mentre la redenzione diviene invece il rinnovato raggiungimento dell’unità originaria.


Questo evento – così grande e totalizzante – racchiude inoltre in sé un’ampiezza cosmica: esso non riguarda infatti solo il genere umano, in quanto a parteciparvi è «tutto il creato». Accogliendo nel grembo di Maria la natura umana, Cristo produce un rinnovamento del mondo intero, così come è il mondo intero a essere colpito dalla caduta di Adamo. 
Tutto il creato è dunque coinvolto anche nell’evento pasquale della crocifissione e della resurrezione. 
La croce appare in un certo qual modo come il punto centrale di un sistema di coordinate spazio-temporali in cui tutte le linee del mondo convergono. 
La morte di Cristo ha prodotto una trasformazione che coinvolge anche i più profondi strati del creato. L’intera creazione prova compassione per l’evento della crocifissione ma partecipa altresì alla resurrezione. L’intera storia sacra appare nella liturgia bizantina come un accadimento dialettico che, partendo dall’unità, conduce alla frantumazione nella molteplicità e da questa a una nuova unità in Cristo in virtù della sua opera redentrice.

Anche l’idea dell’unità tra reale e ideale (spirituale), mondo visibile e mondo invisibile, terra e cielo, è un motivo ricorrente nella liturgia bizantina, sia che questa unità sia vista come data sia che essa sia vista come abbandonata. È un elemento che incontriamo con particolare frequenza nella riflessione sull’incarnazione di Cristo in occasione della ricorrenza del Natale. Tale unità dei due mondi, cielo e terra, è talmente interiore che la terra riesce a tramutarsi in cielo.

Nell’innografia bizantina è molto pronunciata anche una predilezione per la paradossalità. I canti liturgici gradiscono infatti rintracciare nei misteri sacri del cristianesimo tutto quanto appaia come paradossale. 
Nella liturgia del sabato pasquale vediamo la Chiesa meditare sulla tomba del suo sposo, per così dire, sul mistero ineffabile della vita che è pervenuta alla morte, eppure, l’intero periodo pasquale viene celebrato con giubilo dalla Chiesa, perché Cristo ha sconfitto la morte con la morte. La liturgia bizantina sottolinea con particolare enfasi l’antinomia della verginale maternità di Maria. La stessa madre di Dio è un grande mistero che supera la facoltà di comprensione non solo degli uomini, ma anche quella degli angeli. Qui ci imbattiamo, sia detto per inciso, in una dialettica che assomiglia a quella hegeliana.


I testi che abbiamo qui ricordato rappresentano solo una scelta molto limitata tra numerosi testi simili. 
Per evitare di interpretare in modo errato l’intera liturgia bizantina, va notato che sicuramente non tutti gli inni raggiungono una simile profondità filosofica.

Alcuni testi degli inni ricordati, che rivelano bellezza e compiutezza, sotto l’aspetto filosofico, li pubblicheremo in prosieguo. 
Essi hanno potuto esercitare un influsso sulla formazione delle coscienze sia attraverso le frequenti letture e canti che attraverso le prediche e l’insegnamento. 
Diversi inni risuonano ancora oggi -costantemente- nell’orecchio di ogni fedele praticante. 

Il ruolo avuto dalla liturgia nella formazione delle coscienze appare evidente anche dalle numerosissime allusioni ai testi liturgici che ritroviamo nella letteratura russa antica da Dostoevskij  a tantissimi altri.


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