giovedì 26 giugno 2014

Eparchia di Piana degli Albanesi. Tre giornate per riflettere sul significato della famiglia cristiana

Dal 3 al 5 Luglio a Piana degli Albanesi



EPARCHIA DI PIANA DEGLI ALBANESI
XX Convegno ecclesiale
3 – 4 – 5  Luglio 2014 
SINTESI  divulgativa

Il Convegno che si svolge, nei giorni indicati, presso la Sede dell’Eparchia (Diocesi) di Piana degli Albanesi, comunità cattolica di tradizione liturgica orientale presente in Sicilia, nei pressi di Palermo, ha lo scopo pastorale-culturale di individuare, quest’anno, alcuni aspetti riguardanti la famiglia, tema particolarmente rilevante dal punto di vista socio-religioso.
Il Cardinale di Palermo, Paolo Romeo, attualmente Amministratore Apostolico pro tempore dell’Eparchia, il quale sarà presente al Convegno, lo ha approvato, su proposta della Commissione eparchiale, nei termini che seguono.

Il tema del Convegno è:

"... a immagine di Dio lo creò"
DIVINIZZAZIONE e CORONAZIONE
Attenzione pastorale, Prevenzione, Mediazione 

Spunti teologico-pastorali ed ecumenici

Riflettiamo sull’itinerario che va dalla triplice Iniziazione cristiana (Battesimo – Cresima – Eucaristia) che ci fa riacquisire la divina immagine originaria, fino a giungere alla Coronazione nuziale (l’unione nuziale Cristo-Chiesa rappresentata e riprodotta nella famiglia, piccola Chiesa).
L’uomo-donna “coronato”, dopo aver espresso la pienezza della sua gioia, anche fisica, nella celebrazione del Mistero sponsale, attraverso questo, è sempre meglio inserito, nonostante tutte le sofferenze della vita terrena, nella dinamica beata e raggiante della “divinizzazione”.
L’attenzione dedicata alla famiglia nel dialogo ecumenico nazionale e internazionale può essere di particolare aiuto nell’individuazione di temi e metodi utili all’esercizio della mediazione familiare.

Spunti sociologico-culturali

I temi di riflessione applicativa sulla famiglia, che scandiranno le tre giornate, saranno: “Attenzione pastorale”, “Prevenzione”, “Mediazione”.

La giornata del 3 (coordinatore Papàs Piergiorgio Scalia) sarà dedicata all’Attenzione pastorale e alla Prevenzione, con una relazione sul primo tema da parte di
Antonio Carcanella, Direttore dell’Ufficio della Conferenza Episcopale  
Siciliana per la famiglia,
ed una relazione sul secondo tema da parte di
Tiziana Rizzo, Presidente dell’Istituto Nazionale di Mediazione Familiare
e di Antonio Anzilotti, Avvocato specialista in mediazione familiare.

La giornata del 4 (coordinatore il Diacono Paolo Gionfriddo) sarà dedicata alla Mediazione, con una relazione di
Andrea Palmieri, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per l’Unità dei
Cristiani,
ed una relazione di
Michele Riondino, Docente  nella Pontificia Università Lateranense.

La mezza giornata del 5 (coordinatore Papàs Nicola Cuccia) sarà dedicata a qualche testimonianza significativa e alle relazioni sui Laboratori riguardanti i tre temi di riflessione applicativa.
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Nel corso delle prime due giornate saranno effettuati Laboratori applicativi di riflessione sulla famiglia, coordinati da qualificati membri dell’Eparchia: Francesco Flocca,  Irene Gionfriddo  e  Anna Lunetta
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NOTA

Un buon Convegno, per non rischiare di rimanere isolato, dovrà proporre iniziative concrete e continuative (che potrebbero scaturire anche dai Laboratori..., come Corsi di aggiornamento, Incontri, realizzazione di Strutture permanenti) sui contenuti e i metodi della Mediazione familiare, intesa, non soltanto come Mediazione per dirimere gli eventuali conflitti, ma come informazione adeguata, educazione specifica, ricerca scientifica sulle problematiche  sociali e cristiane riguardanti il fenomeno dell'immigrazione, il senso dell'accoglienza, la cultura della solidarietà, l'approccio socio-psico-logico verso famiglie provenienti da contesti culturali e religiosi diversi dai nostri, il ruolo della mediazione politica nei casi gravi di rischio della vita, il ruolo della mediazione religiosa in senso ecumenico e interreligioso.
Tutto questo potrebbe costituire, al di là di ogni attività all'insegna del provvisorio, un'azione permanente a vantaggio dei bisogni, talvolta estremi, dei diversi componenti la famiglia; un'azione permanente di dialogo proficuo fra le diverse famiglie; un'azione permanente di rafforzamento del significato dell'unità sponsale e familiare all'interno della stessa famiglia.

Tutto questo sarebbe il risultato di un'opera di mediazione conoscitiva, mediazione educativa, mediazione conciliativa ed empatica in una realtà come la nostra che diventa sempre più multietnica e che, nel caso specifico, ci è, in qualche modo, connaturale per via della nostra presenza storica come Comunità italo-albanese dalle connotazioni religiose ed etniche proprie.
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( breve sussidio teologico – ad uso privato – in preparazione al Convegno )

EPARCHIA DI PIANA DEGLI ALBANESI
XX Convegno ecclesiale
3 – 4 – 5  Luglio 2014

“ ... a immagine di Dio lo creò”
DIVINIZZAZIONE e CORONAZIONE
Attenzione pastorale – Prevenzione – Mediazione
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Dall’Iniziazione cristiana al Coronamento nuziale,
simbolicamente attraverso la “Donna”.

L’Iniziazione cristiana è il fondamento indiscutibile dei Sacramenti della Chiesa, è il fondamento in cui avviene l’intima, nuziale unione tra Cristo e il battezzato.
La teologia nuziale oltre che permeare l’Antico e il Nuovo Testamento, resta il punto fermo della teologia patristica.
Almeno un testo, antropologicamente significativo, dei primi secoli del cristianesimo, serve a dimostrare ciò: “Supponiamo che un uomo, oltremodo ricco e re illustre, si innamori di una donna povera che nulla possieda tranne il suo corpo, diventando il suo amante e desiderando ch`essa divenga sua sposa e conviva con lui. La donna, a sua volta, manifesterà ogni benevolenza nei confronti di quell’uomo, contraccam-biandolo nell’amore. Ed ecco che ella, fino allora povera e bisognosa, diviene signora di tutti i beni di suo marito... Ebbene, non diversamente anche l’anima che Cristo, il celeste sposo, ha desiderato in matrimonio con la sua mistica e divina unione, e che ha gustato le ricchezze celesti, deve compiacere assai diligentemente il suo sposo e servire come si conviene lo Spirito che le è stato affidato; in tal modo essa piacerà a Dio in ogni cosa, non contristerà giammai lo Spirito, amandolo e serbando verso di esso una nobile modestia, e si comporterà con rettitudine nella casa del Re celeste, facendo sì che le venga concessa la grazia in tutte le cose. Ecco, un`anima come questa diventa padrona di tutti i beni del Signore e lo splendore della divinità raggiunge il corpo medesimo al quale essa appartiene...
È proprio ciò che lo Spirito, per mezzo del profeta Ezechiele, intendeva dire a proposito di un`anima del genere, pur esprimendosi metaforicamente come se parlasse intorno a Gerusalemme: Ti ho trovato nuda nel deserto e ti lavai con acqua dalla tua impurità e ti misi un vestito e misi un braccialetto ai tuoi polsi e una collana intorno al tuo collo e gli orecchini alle orecchie; ti elessi fra tutte le genti. Hai mangiato fior di farina, miele e olio e alla fine ti sei dimenticata dei miei doni. Sei corsa dietro ai tuoi amanti e hai vergognosamente fornicato (Ez 16, 6 ss)”[1].
È qui evidente la simbologia nuziale dell’unione uomo-donna, Dio-Gerusalemme, Cristo-uomo fedele (anima e corpo) e dunque Cristo-Chiesa.
Ma è anche evidente che il termine che realizza tale unione è “amore”, specialmente identificato nella parte femminile dell’umanità: la donna.
Infatti va osservato come il tema dell’amore è tipico della donna. Con riferimento particolare ad Ef 5, 25-33a, il Federici fa notare come il “verbo agapáô, amare di dilezione e bontà e carità, non è mai detto delle donne, bensì sempre in favore delle donne. Esso è prescritto alla parte maschile dell’umanità, gli uomini e Cristo stesso. La deduzione è facile, e singolare: se Paolo ordina alle spose «assoggettamento» e «timore», all’inizio ed alla fine, ma non di «amare», il senso è chiaro: esse non hanno necessità del precetto primario tra i precetti. Esse già amano. Il Signore ha disposto la loro creaturalità, precisamente femminile, come sussistenza personale che ama. Il loro istinto è l’amore. Esse in un certo senso sono create come «strumento» sensibile ed intelligente del Signore e Creatore per donare in modo inesausto, inestinguibile, l’amore e solo l’amore”[2].
Tutto questo avviene in maniera del tutto speciale ed unica in una donna, in Maria, la Sposa che accoglie intimamente il suo Signore con la sovrabbondanza del suo amore, per poi donarlo all’intera umanità, alla Chiesa che vede in Lei l’Odigitria, Colei che indica il Cristo, fonte della nuova vita, operatore della Nuova Creazione mediante la sua morte e resurrezione.
Procedendo, dunque, dall’Iniziazione cristiana al sacramento della Coronazione nuziale, si può notare che:
a) La Comunità nuova, scaturita dal costato trafitto del Signore (Gv 19, 34), purificata dal sangue e dall’acqua, è “la Donna” – identificata in Maria – dalla quale nasce il Messia, come spiega Ap 12, così che “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo (v. 10b)... per mezzo del sangue dell’Agnello” (v. 11a)[3].
Attraverso il sacrificio di Cristo viene creata la Nuova Umanità, alla quale Egli dona perennemente il suo amore sponsale, perché tale amore in essa perennemente risieda e da essa perennemente defluisca verso sempre Nuova Umanità.
E ancora, al femminile, l’amore della Donna ovvero delle Donne fedeli per il loro Signore, è ricompensato. “Il Risorto appare anzitutto ad esse. E nella sua Ekklêsía le costituisce in eterno quale «segno» vivente e perenne ed amante dell’annuncio: «Anéstê Christós!, Resuscitò Cristo!» (Mt 28, 8, e par.)”[4].
Lo Spirito Santo prosegue da allora ad aggiungere membra alla Nuova Umanità, alla nuova Eva – secondo i Padri – cioè alla Chiesa. Lo Spirito Santo vivificante ha creato la Chiesa quale Icona nuziale redenta, santificata dallo Sposo divino e lo stesso Spirito nella Chiesa continua a creare i fedeli come Icone nuziali redente e santificate.
Per fare questo, le lava con la morte battesimale, poi con la Crismazione le unge nuzialmente. Da adesso tali icone sono pronte per le Nozze divine, che avvengono solo in forza del Convito nuziale. 
b)  In Oriente, la liturgia del matrimonio parla relativamente poco dei due sposi cristiani, per esaltare in modo magnifico soprattutto le nozze di Cristo e della Chiesa; lo Spirito poi rimanda ai due coniugi la Sua Grazia unitiva.
Nel contesto di Ef 5, 20-33, brano che viene proclamato durante la liturgia bizantina della Coronazione matrimoniale, si può osservare in particolare il versetto 31, che richiama Gn 2, 24: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una carne sola”.
 L’uomo sarà finalmente adulto, si potrà muovere nel mondo senza la tutela infantile della famiglia. Il N.T., conosce solo la “grande famiglia”, unita per sempre da forti vincoli di sangue e di origine. Abbandonare padre e madre significa tornare ad essi come futuri padri e madri, a parità dunque di condizione[5].
La maturità conseguita è unirsi o meglio “aderire” alla sposa. “Qui il verbo è nuziale, e tipico: proskolláomai, che indica unione personale totale, senza reversibilità. Non a caso lo stesso Paolo in 1 Cor 6, 17 – in un contesto insieme battesimale, vv. 1-11, e di contegno sessuale, vv. 12-20 – proclama che chi per il battesimo (v. 11) aderisce nuzialmente, kolláomai, a Cristo, diventa «unico Spirito con Lui», avendo citato Gn 2, 24 al v. 16. I due sposi cristiani sono battezzati, e perciò già aderirono a Cristo, già sono «unico Spirito con Lui», e questo è confermato nella loro unione tra essi. La conseguenza è divinamente disposta ed attuata. I due che hanno aderito reciprocamente, lui e lei, sono ormai «carne unica» in Cristo”[6].
Infatti un’altra forma di rapporto totale, oltre quello nuziale ed in armonia con questo, è la partecipazione al Convito divino, in cui gli sposi, e cioè la Chiesa, sono assimilati a Cristo perché si nutrono della sua carne e del suo sangue. È questo il culmine del Mistero-Sacramento della Coronazione.
“Il cibo, assimilato, diventa l’assimilante... La Carne ed il Sangue del Signore, assimilate, in realtà sono assimilanti. I Padri avvertono significativamente che il Signore parla circa questo linguaggio: Tu, che mangi Me, diventi Me, non Io divento te. Non per caso avviene una confluenza senza confusione: il Mistero delle Nozze divine è anche e sostanzialmente il Mistero del Convito divino, dove la Sposa diventa la Carne dello Sposo”[7].
Così si comprende come le Nozze divine di Cristo con la Chiesa diventano pienamente e intimamente il “Mistero grande” di Ef 5, 32, da cui deriva la santità delle nozze umane dei battezzati e la vita divina che essi ne ricevono; nozze non più solo “umane”, ma propriamente divine in tutta la loro essenza, basate come sono sulla Cena del Signore.
Dei Misteri-Sacramenti, divinamente celebrati tra gli uomini, il matrimonio è l’unico ad essere indicato come “Mistero grande” (Ef 5, 32a).
Tale grandezza la si può osservare nel fatto che S. Paolo rivolge la sua prima evangelizzazione alle famiglie, più o meno estese, da lui
chiamate “Chiesa domestica” (Rom 16, 5), essendo esse per definizione vere Chiese di Dio. E quando, ad esempio a Colossi (cfr. Col 4, 15-16), esistono ormai più famiglie o “Chiese domestiche”, Paolo vi fonda la grande Chiesa di Dio, la Chiesa locale, che poi, insieme alle altre, farà parte dell’unica grande Chiesa.
Le nozze,  dunque,  fondano la famiglia  “piccola Chiesa domestica”,
la quale è la “piccola Sposa diletta del Signore”, dentro l’unica grande
Chiesa Sposa. Con tale metafora si esprime originariamente il rapporto simbolico tra Chiesa locale e Chiesa universale.
La celebrazione delle nozze nel rito bizantino esprime tutte queste realtà nell’ambito di una tradizione ricchissima che si estende su tre momenti essenziali: il Fidanzamento, la Coronazione, il Convito nuziale.
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L’uomo-donna “coronato”, dopo aver espresso la pienezza della sua gioia, anche fisica, nella celebrazione del Mistero sponsale, attraverso questo, è inserito, nonostante tutte le sofferenze della vita terrena, nella dinamica beata e raggiante della divinizzazione.




[1] Pseudo Macario, Omelie spirituali, 15, 1-4, in La Teologia dei Padri, I, Roma 1974, pp. 370-371.

[2]  T. Federici, Le nozze di Cana nel rito della Coronazione, in Commentario“Resuscitò Cristo!” Commento alle Letture bibliche della Divina Liturgia bizantina, Quaderni di “Oriente Cristiano”, Studi 8, Palermo 1996, p. 1772.

[3]  Cfr. T. Federici, Nota su “La Donna per l’Uomo”, in Commentario“Resuscitò Cristo!”... cit., p. 1044.
[4]  T. Federici, Le nozze di Cana nel rito della Coronazione, in Commentario“Resuscitò Cristo!”... cit., p. 1773. L’Autore commenta: “La Chiesa antica ne aveva conservato il vivido ricordo, quando aveva disposto l’ambone per la lettura dell’Evangelo, che è sempre della Resurrezione, in chiesa dalla parte delle donne, che ancora hanno diritto per prime a questo Ascolto perenne”.

[5]  Cfr. Idem, p. 1776.
[6]  T. Federici, Le nozze di Cana nel rito della Coronazione, in Commentario“Resuscitò Cristo!”... cit.,  pp. 1776-1777.
[7]  Idem,  p. 1778.

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