venerdì 7 marzo 2014

San Giuseppe: culto e tradizioni a Contessa ed altrove .... ... di Calogero Raviotta

S. Giuseppe é conosciuto e venerato in tutto il mondo, dove é viva la tradizione cristiana. Non vi é città, paese o piccolo villaggio, che non abbia una chiesa, una cappella, una nicchia dedicata a S. Giuseppe.
Il nome Giuseppe inoltre é diffuso in tutto il mondo,  dove la tradizione cristiana non é più viva e molte località (città, quartieri, contrade, ecc.) portano il suo nome. Molte sono inoltre le confraternite intitolate a S. Giuseppe con finalità religiose e di solidarietà.
Il presente testo, per motivi di spazio,  é stato limitato alla descrizione sintetica delle tradizioni popolari di alcuni paesi della Sicilia e di alcune espressioni ancora vive a Contessa.

Iconografia e festa liturgica
Ancor oggi nelle case di molte famiglie, fedeli alla tradizione religiosa popolare, si possono notare appese alle pareti immagini di Gesù, della Madonna e dei santi. Solitamente S. Giuseppe, nell’iconografia devozionale popolare, non é rappresentato da solo, ma con la Madonna e Gesù Bambino (Sacra Famiglia). Una volta una immagine della Sacra Famiglia (bassorilievo in gesso, dipinto o stampa incorniciata) era sempre presente tra i regali di nozze e veniva collocato su una parete della stanza degli sposi, dietro il lettone in alto.
S. Giuseppe viene raffigurato anche con Gesù  Bambino in braccio, mentre  con l’altra mano regge un bastone, che solitamente termina a forma di fiore (giglio).
S. Giuseppe artigiano, solitamente con la Madonna e con Gesù Bambino,  invece viene rappresentato col banco a lavoro e con qualche attrezzo del falegname (sega, martello, tenaglia).
S. Giuseppe nel calendario liturgico di rito romano e ambrosiano é riportato sia il 19 marzo sia il primo maggio (S. Giuseppe artigiano). Nel calendario liturgico di tradizione bizantina é ricordato la domenica dopo il Santo Natale.
In alcuni paesi la festa liturgica (19 marzo) non coincide con la festa popolare (processione, sagre, manifestazioni folcloristiche, giochi pirotecnici, banda musicale, ecc.), che viene celebrata in altre date  (solitamente una domenica fissa da maggio a settembre), per favorire una maggiore partecipazione (per la buona stagione, tempo di ferie e di vacanze, ecc.) sia alle funzioni religiose (messa, vespri, triduo, processione, ecc.) sia alle iniziative culturali, sportive, ricreative, ecc.

Devozione popolare e preghiere
S. Giuseppe viene comunemente invocato aggiungendo al suo nome l’appellativo “Patriarca”. Durante le processioni, i portatori della statua ripetono più volte ad alta voce l’invocazione “Evviva il patriarca S. Giuseppe”.
In alcune comunità la devozione a S. Giuseppe si esprime nella pratica dei “sette mercoledì di S. Giuseppe”: appuntamento settimanale di preghiere dalla fine di gennaio, con celebrazione della S. Messa, recita del  “Rosario di S. Giuseppe”, benedizione e distribuzione di pane e pasta, offerti da uno o più fedeli. Alcune famiglie, da parecchie generazioni,  continuano a praticare questa tradizione devozionale per S. Giuseppe.
Il “Rosario di S. Giuseppe” é strutturato come il rosario della Madonna: l’invocazione “gloria al Padre, al Figlio...”  é sostituita con “San Giuseppuzzu, fustivu patri, fustivu virgini comu la matri, Maria la rosa, Giuseppi lu gigghiu, datini aiutu, riparu e cunsigghiu. Patriarca immaculatu, di Gesù custodi amatu, caru spusu di Maria, prutiggiti l’anima mia. A li fini di mia morti vui sariti la mia sorti. E nell’ultima agonia, vui salvati  l‘anima mia”, segue quindi, ripetuto dieci volte, l’invocazione del solista “San Giuseppuzzu unabbannunati nda li bisogni e nicissitati”, ed il coro continua con “e sempre lodatu sia lu nomu di Gesù, Giuseppi e Maria”. Esistono varie versioni, in in dialetto, del “Rosario di S. Giuseppe”, che non viene recitato ma cantato con una melodia recitativa, che si ripete come una cantilena.
Durante le processioni, ad ogni sosta,  i portatori della statua di S. Giuseppe, accompagnati da alcuni strumenti della banda musicale, cantano le lodi di S. Giuseppe, composizioni in versi che descrivono, la vita e le virtù del Santo. Esistono varie versioni locali dialettali.
Molto nota, suggestiva e originale a Mezzojuso (PA) l’antica tradizione del Transito glorioso di S. Giuseppe”, invocato come avvocato della buona morte.
All’imbrunire del 18 marzo, all’Angelus Domini, mentre i fedeli pregano in chiesa e sul sagrato suona la banda musicale, per tutto il paese si diffonde un festoso scampanio, che termina con sette lunghi rintocchi del campanone, che annunciano il transito di S. Giuseppe. Durante i rintocchi una atmosfera di raccoglimento avvolge misteriosamente tutto il paese e tutto si ferma, tutti si inginocchiano ovunque si trovano e pregano S. Giuseppe, perché conceda loro una buona morte: “Giuseppi n’aiuta, in quell’ora estrema. Lucifaru trema, putiri non ha. Giuseppi ci assiste, in punto di morte, padrone più forte non ce ne sarà”. Dopo il settimo rintocco ricomincia lo  scampanio festoso e le note della banda, che annunziano la gloria celeste di S. Giuseppe.
I fedeli della tradizione bizantina, sia cattolici che ortodossi, si rivolgono a S. Giuseppe con la seguente antichissima preghiera (tropario della domenica dopo il S. Natale): “Annunzia, o Giuseppe, al divino progenitore David le meraviglie: hai veduto una Vergine partorire, con i Pastori hai inneggiato, con i Magi hai adorato, da un angelo sei stato istruito. Prega Cristo Dio che salvi le anime nostre”.

“Tavolata o altare”  di S. Giuseppe
S. Giuseppe viene invocato anche come “Padre della Provvidenza” ed alla sua intercessione si affidano fiduciosi molti fedeli per chiedere particolari grazie, nei momenti più tribolati della vita., promettendo di fare (voto), per uno o più anni, l’ “altare” o la “tavolata”, originali mense, imbandite in occasione della festa liturgica, il 19 marzo, nelle case private, sulle strade, sulle piazze sul sagrato e recentemente, per valorizzare le tradizioni locali, anche a scuola.
Per la “tavolata” fatta in casa viene utilizzata la stanza più facilmente accessibile, adornata come un grande altare, che sembra un palcoscenico: tre pareti, ornate con rami di alloro e di ulivo e con coperte colorate e ricamate, creano uno stupendo scenario, che sovrasta meravigliosamente il ripiano, una  vasto tavolo da pranzo essenzialmente colmo di pane e pasta, destinati ai poveri del paese, e spesso arricchito con tipiche delizie gastronomiche.
Sulla mensa vengono esposti infatti pani (a forma di scala, croce, uccelli, alberi, angeli, ostensorio, bastone, ecc.), vari tipi di pasta, vassoi con verdure cotte e crude (finocchi, borragine, coste, asparagi, cardi, carciofi, ecc.), vassoi di dolci (cassata, cannoli, paste e biscotti di vari tipi, torrone di mandorle e miele, frittelle, ecc.).
In alcune località della Sicilia, vengono considerati piatti rituali: il “maccu di S. Giuseppe” (fave, fagioli, lenticchie, ceci, ortaggi vari, aromatizzati con finocchietto selvatico e conditi con olio di oliva),  gli spaghetti conditi con mollica di pane fritto, i “cucciddati”. Il pane esposto nella “tavolata” viene unto con l’uovo, che rende brillante la crosta.

Pranzo della Sacra Famiglia e dei Santi
I commensali principali della “tavolata” di S. Giuseppe, per antica tradizione, prendono il nome di un membro della Sacra Famiglia o di un santo. Il pane, la pasta, i dolci, le verdure e tutto quello che é stato preparato per le mense di S. Giuseppe deve essere consumato dagli invitati e quanto rimane deve essere distribuito a parenti, amici, visitatori, famiglie del vicinato, poveri del paese, ecc. Secondo la tradizione, il giorno di S. Giuseppe tutti devono mangiare almeno un pezzetto di pane dell’ “altare”.
I membri della ‘Sacra Famiglia” (Gesù Bambino, Madonna e S. Giuseppe) ed i “Santi” hanno il posto riservato nella “tavolata”, contrassegnato dai grandi pani (variante da otto a dieci chilogrammi) a forma circolare (Cucciddata), ciascuno dei quali ha un simbolo (sempre fatto di pane): mondo con sopra una crocetta (Gesù), lettera M tutta ornata (Madonna), barba o bastone con giglio (S. Giuseppe), piattino con due occhi (S. Lucia), panino (S. Nicola), giglio (S. Antonio di Padova), chiavi (S. Pietro), cerva (S. Calogero), spighe o mucca (S. Isidoro).
Chi ha promesso a S. Giuseppe di fare la “tavolata”, ma non ha mezzi sufficienti, chiede umilmente un contributo a varie famiglie, facendo il giro del paese con un quadro della Sacra Famiglia (atto penitenziale) e ricevendo offerte in denaro (una volta anche prodotti naturali: olio, frumento, farina, frutta secca, ecc.).

Il culto di S. Giuseppe a Contessa Entellina
Anche a Contessa S. Giuseppe è molto venerato: Giuseppe è il nome di numerosi contessioti residenti o emigrati, viene celebrata solennemente la sua festa il 19 marzo, i più devoti partecipano ai "sette mercoledì di S. Giuseppe", alcuni preparano le note "mense di S. Giuseppe", una congregazione è intitolata a S. Giuseppe, sono dedicate a S. Giuseppe una cappella della chiesa parrocchiale greca ed una chiesetta all'interno del "Parco delle Rimembranze".
La festa di S. Giuseppe, ogni anno, il 19 marzo, e celebrata solennemente a Contessa sia con le celebrazioni liturgiche in chiesa e la processione per le vie del paese, sia col rinnovo di antiche tradizioni popolari (rosario in siciliano, tavolata, mercoledì di preghiera, ecc.) introdotte nei secoli passati da devoti immigrati, provenienti da località limitrofe di rito romano.
La vigilia della festa molti vanno a visitare "le mense di S. Giuseppe"”  e gruppi corali, accompagnati dalla banda musicale o da alcuni suonatori, cantano alcune strofe  della tradizionale filastrocca in dialetto siciliano, che rievoca alcuni momenti della vita di Gesù (nascita, la fuga in Egitto, ecc.).
La cappella della chiesa parrocchiale greca, dedicata a S. Giuseppe, fu costruita da papas Filippo Lo Jacono, parroco dal 1812 al 1834. Nella nicchia è custodita la statua che viene portata in processione il 19 marzo e rimane esposta davanti all'altare principale, vicino alla navata sinistra, per il periodo che vengono celebrati i "mercoledì di S. Giuseppe".
La “Congregazione di S. Giuseppe” (art. 1 dello statuto) è stata costituita con decreto approvato dalla Curia Arcivescovile di Monreale in data 17 luglio 1923. Lo statuto prevede anche di "sorvegliare la manutenzione della tomba della Congregazione per tenerla sempre in condizione di poter concedere la sepoltura ai Soci del Sodalizio, nonché alle rispettive famiglie".
A Contessa, nella contrada Giarrusso, ai contessioti morti in guerra é dedicata la “Villa dei caduti”, all’interno della quale si trova una cappella dedicata a S. Giuseppe, costruita nel 1927 col contributo dei contessioti emigrati a New Orlèans (USA) e restaurata nel 1956. Vi si celebra la S. Messa solitamente in occasione della festa dei combattenti (4 novembre),  con la partecipazione delle autorità civili, religiose e militari e dei reduci delle due guerre mondiali.  Accanto alla cappella una lapide di marmo ricorda i nomi dei caduti contessioti.
Concludo con una curiosità o episodio apparentemente umoristico, almeno per il linguaggio e la metafora utilizzati. Si tramanda che, attorno al 1850, il parroco dopo aver  presentato le virtù di S. Giuseppe, volendo far comprendere ai fedeli la posizione privilegiata e di primo piano che il santo occupa in paradiso, rispetto a tutti gli altri santi, ha terminato l'omelia con queste parole: "guardando la statua, che noi veneriamo, posta qui davanti a noi, vedendolo rappresentato con la barba bianca, un po' curvo per l'età, appoggiato al bastone, col Bambin Gesù tenuto in braccio con fatica, potremmo pensare che S. Giuseppe sia un povero vecchietto. Invece posso assicurarvi che in paradiso, quando si muove tra tutti gli altri santi, non solo gode di massimo rispetto e tutti lo ossequiano, ma quasi se la fanno addosso, perché è uno che conta, e la sua intercessione vale tanto. Continuiamo quindi ad essere fedeli devoti di questo grande santo".


P.S. - Quanti hanno notizie, fotografie, tradizioni, canti, ecc. che riguardano S. Giuseppe possono segnalarceli e saranno utilizzati per integrare il presente testo e quindi  per far meglio conoscere il culto popolare dei santi.

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