La conquista dell’Isola da parte dei Normanni “liberatori”: (1061 – 1062 ) – Ruggero d’Altavilla e Roberto il Guiscardo
Ho scritto nella prima parte che le Comunità originariamente parlanti il gallo italico, si erano formate in seguito a iniziative di richiamo di coloni, intraprese dal conte Ruggero D’Altavilla, con l’intento di ripopolare un territorio che chiamavo per comodità di spiegazione “zona cuscinetto” tra le due Sicilie: occidentale e orientale, ora cercherò di raccontare come questa zona diviene il primo cuneo per l’ingresso e il consolidamento in un’area strategica dei Normanni in Sicilia da cui pian piano il Conte Ruggero e il fratello Roberto il Guiscardo riescono a lanciare degli attacchi mirati verso gli insediamenti militari degli Arabi.
Se immaginiamo o prendiamo una carta della Sicilia, possiamo definire questa zona, passando un tratto di matita lungo una linea immaginaria che sale da S.Fratello, su su fino a Nicosia e Sperlinga, tocca Troina, Agira e Aidone e prosegue per Piazza Armerina.
La parentesi Bizantina .
Intorno al 1038 a battersi contro gli Arabi, ci ritentano in un primo momento i Bizantini, guidati dal valoroso generale Giorgio Maniace. Per i Bizantini infatti rappresenta un simbolico ritorno, perché già nel 535 d.C. con il loro intervento la Sicilia viene liberata dalle orde barbariche di Vandali ed Ostrogoti e di fatto viene annessa all’Impero romano d’Oriente, con capitale Bisanzio ( Costantinopoli).
Nell’826, dopo quasi 300 anni, non riescono a proteggerla più grazie ad un concorso di circostanze negative, dovute al tradimento di alcuni generali ma anche all’ostilità crescente delle popolazioni vessate da gravose tasse e così i siciliani, ancora una volta cambiano padroni, passando dai governi militari bizantini agli spietati governi arabi degli Emiri, come suol dirsi: “dalla padella alla brace”.
Le formazioni navali degli arabi puntando su Mazara del Vallo infatti riescono a sorprendere le difese costiere bizantine, molto più rilevanti verso la Sicilia orientale.
I fratelli d’Altavilla
E siamo arrivati alla comparsa in scena nel Meridione dei valorosi fratelli D’Altavilla che si offrono di liberare il Meridone dagli Arabi ma pretendono la giusta “ricompensa” dal Papa di Roma.
Affermata la loro supremazia nel Meridione d’Italia con l’accordo di Melfi (1059) per cui “ottengono” il “privilegio” di considerarsi ufficialmente vassalli del Pontefice romano, i fratelli d’Altavilla: Ruggero d’Altavilla e Roberto il Guiscardo, sbarcano in Sicilia ( 1060 ) chiamati dall’Emiro di Catania impegnato in una lunga guerra fratricida con l’Emiro di Girgenti che controlla anche Castrogiovanni ( l’attuale Enna ).
L’aiuto all’Emiro è solo un pretesto per iniziare la conquista della Sicilia ed essere nel contempo considerati “liberatori” dalle residue popolazioni cristiane ancora presenti nell’Isola dopo due secoli e mezzo di dominio musulmano.
Nel febbraio 1061 Ruggero organizza uno sbarco a Messina ( Rometta Marea ) con poco più di mille uomini. La città di Messina cade senza opporre resistenze per cui i Normanni arrivano facilmente fino a Castrogiovanni e Girgenti, che vengono colte di sorpresa.
La spedizione vera e propria viene tentata nel 1062 quando Ruggero con truppe fresche arriva in Sicilia con l’intento di occuparla tutta. Gli anni della conquista sono duri. Un feroce e decisivo scontro avviene a Cerami, a ovest di Troina. Ruggero riesce a vincere e per consolidare meglio il territorio sin qui conquistato, vi costruisce il suo castello,a prima difesa della “zona cuscinetto” che abbiamo indicato in premessa e che coincide con la catena dei Monti Nebrodi.
Certamente quest’area piena di meravigliosi boschi estesi su monti abbastanza elevati e difendibili con castelli eretti in punti strategici avrà colpito intensamente la forte personalità dello stratega militare.
Con una serie di battaglie verso l’interno elimina una dopo l’altra le resistenze delle formazioni militari arabe, nonostante i rinforzi arrivati dall’Africa.
Nell’Agosto del 1071 Ruggero giunge alle porte di Palermo, ma si deve attestare a Misilmeri ove fissa il suo stato maggiore. L’assedio dura fino al gennaio del 1072 quando Ruggero con l’aiuto determinante del fratello Roberto il Guiscardo riesce a penetrare la città fortificata.
Per festeggiare l’avvenimento, una messa solenne viene celebrata nell’antico Duomo oggi cattedrale di Palermo, che per 240 anni era stato trasformato in Moschea Musulmana.
Con l’aiuto del fratello, Ruggero affronta a poco a poco Castrogiovanni, Castronovo, Jato, Cinisi, Trapani, Butera e per ultima l’indomita Noto nel 1091.
Occorrono in tutto trenta anni a Ruggero per conquistare l’intera Isola. Nel 1089 durante l’assedio di Butera, il Papa Urbano II° da uomo pragmatico e curioso come è, scende personalmente a Troina a ratificare il suo operato e verificare “de visu” lo stato dei lavori, per decidere di conseguenza.
Per il merito di aver liberato la Sicilia dagli Arabi, Ruggero viene nominato Gran Conte di Sicilia e Calabria e ottiene, non senza forzature, come era consuetudine dei fratelli d’Altavilla, il diritto alla “Legazia Apostolica sull’Isola”, che gli riconosce giurisdizione su tutte le faccende ecclesiastiche e per la quale tutti i Vescovi di Sicilia vengono nominati, da allora in poi soltanto dal Re di Sicilia, come un secondo Papa.
Con Ruggero, vengono messe da parte molte consuetudini medievali, il re vuole governare direttamente l’Isola da lui liberata a gran prezzo e lo fa attraverso i suoi fidati funzionari che “conoscono le parlate locali”, come era il caso citato in “Lunaria” da Vincenzo Consolo, che racconta la Palermo del ‘700 e il mondo contadino delle “contrade senza nome”, ove i villani e le villane parlano una lingua dell’anno mille che è il sanfratellano e che il Vicerè parla.
Egli è sempre più tollerante con i cristiani e le popolazioni greche, latine e arabe rimaste che in questo modo coesistono nel meridione, lasciando inalterate le loro proprietà e rispettandone la libertà di culto.
Con Ruggero la Sicilia torna a par parte del mondo occidentale e nel contempo stringe rapporti economici con tutto il bacino del Mediterraneo.
Ruggero intuisce che è più conveniente sfruttare i collaudati sistemi bizantini e musulmani piuttosto che imporre un sistema feudale di tipo europeo.
Si dedica quindi alla ricristianizzazione delle diocesi della Calabria, della Puglia, della Basilicata, della Sicilia, già soggette al Patriarcato di Costantinopoli, attraverso l’istituzione di numerosi monasteri latini, primo tra tutti, la Santissima Trinità di Mileto, città in cui aveva fissato la sua prima capitale e successivamente quello di Bagnara Calabra.
Come sovrano cattolico fa costruire cattedrali come quella di Troina, prima capitale normanna e poi di Messina, di Catania, Mazara del Vallo, Paternò, Modica, istituisce nuove Diocesi e favorisce come già abbiamo visto parlando dei Gallo-italici, l’immigrazione di francesi, inglesi, lombardi e coloni del Monferrato, da dove proviene la sua terza moglie, Maria Adelaide Marchesa del Vasto Monferrato.
Il Gran Conte Ruggero muore a Mileto il 22 Giugno del 1101, a 70 anni, un’età molto avanzata per quei tempi in cui l’età media era di trenta anni.
Rimane Reggente del regno la sua terza moglie la Gran Contessa Maria Adelaide, dal quale aveva avuto due figli: Simone che muore fanciullo e Ruggero che a 10 anni diventa Gran Conte di Sicilia. Maria Adelaide con polso fermo, prosegue l’opera di cristianizzazione dell’Isola e quindi di edificazione di Chiese, in questo periodo di Reggenza, secondo fonti attendibili, vengono continuate e completate alcune Chiese come la SS. Trinità di Delia, San Giovanni degli Eremiti, la cappella Palatina e S.Maria dell’Ammiraglio, che rappresentano il massimo di commistioni di stili nell’architettura sacra della Sicilia, quello cristiano, quello musulmano e l’ebraico. Diverse fonti attribuiscono al Conte Ruggero, l’ideazione e l’avvio di tali opere significative, che sono il risultato del lavoro di preziose maestranze appartenenti a diverse culture rispettate e protette fin dall’inizio da Ruggero e poi dalla Reggente e in seguito dal Re Ruggero II.
Tale politica di lungimirante tolleranza culturale, consiste in tre grandi linee direttrici:
- incoraggiare la chiesa bizantina presente in Sicilia orientale, invitandola a non cambiare le sue tradizioni, ma pressandola ad accettare la tutela del Governatore di Sicilia al posto di quella dell’Imperatore di Bisanzio ( il Basileo );
- affermare i diritti dinastici della famiglia Altavilla, grandi conquistatori del meridione d’Italia e della Sicilia a favore della tradizione cristiana romana;
- permettere ai gruppi di religioni e culture diverse, che già erano in una buona intesa in Sicilia, di proseguire l’ottimo lavoro di valorizzazione delle terre ed abbellimento delle città, nel contesto nuovo del dominio politico Normanno.
Cosi nasce la prima fusione tra influssi latini e bizantini in numerose chiese della provincia di Messina, risalenti alla conquista dell’isola ( 1061-1091 ). Con la caduta di Palermo nel 1072, si apre la convivenza con i musulmani. Si pensa che un reciproco fascino e rispetto sia scattato tra Normanni e Musulmani, mediato dalla componente intellettuale e religiosa ebraica, gli Ebrei infatti si ritrovano in buon numero nella classe dirigente di Corte, traducono da tempo i testi della cultura Greca antica in Arabo, ma anche dall’Arabo in latino su commissione dei Priori Benedettini e dei sovrani Cristiani.
La Chiesa della Martorana
Sorge in questo periodo di Reggenza la Chiesa della Martorana, fondata nel 1143 da Giorgio di Antiochia, un siriano-cristiano-ortodosso, secondo Ammiraglio del Regno Normanno d’Italia, nel contesto di un monastero dell’Ordine di San Basilio, quindi ortodosso.
Per il nostro ragionamento sulla Casata degli Altavilla, dobbiamo riportare un particolare della Chiesa, diventato ormai quasi il simbolo di essa.
Poco più avanti del grande portone ligneo, superati due gradini, immediatamente sulla destra troviamo una delle icone più famose del mondo arabo-bizantino: “ l’incoronazione di Re Ruggero”.
Re Ruggero II, fastosamente vestito, riceve dalle mani di Cristo-Dio il privilegio dell’incoronazione. Tale scena merita davvero una lettura approfondita, fosse solo per il motivo che Guglielmo II, nipote di Ruggero, ne farà trent’anni dopo una copia per la sua cattedrale di Monreale.
Re Ruggero veste una spettacolare dalmata ricamata, un indumento liturgico noto come abito di cerimonia dell’Imperatore di Bisanzio, il cosidetto Basileus.
Questa scena sembra semplice ed invece custodisce tanti segnali, l’analisi dei quali rivela la conferma della politica degli Altavilla, finora argomentata.
Vestendo come il Basileus, Re Ruggero afferma due cose: il proprio potere gerarchico sulle chiese di rito ortodosso e cristiano orientale nel Regno; in questo modo egli tranquillizza il clero greco che naturalmente teme di essere messo al bando dalla chiesa latina. Il loro capo e protettore è il Re , non il Papa.
L’Impero Bizantino è in quei tempi il gran rivale della Chiesa latina, la quale incoraggia i Normanni a ridurre la potenza di Bisanzio. Con tale politica, le popolazioni greche nel Regno diventano presto dei validi alleati. Si spiega così il fatto che nel 1221 la Chiesa viene affidata dalla Legazione di Sicilia al clero greco. Nel 1494, la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio e la vicina San Cataldo sono cedute al Monastero dei SS.Simeone e Giuda, fondata nel 1193 da Eloisa Martorana: questo è il motivo per cui la chiesa ancora oggi si chiama “La Martorana”.
Nicola Graffagnini
Nessun commento:
Posta un commento