lunedì 18 ottobre 2010

P.Mario ha parlato di verità e giustizia. La giustizia del portone chiuso per 15 giorni senza attendere nè sentenze nè permessi dell'Autorità

Ieri abbiamo scritto della nostra comprensione per lo stato emotivo di padre Mario, il sacerdote indotto dai superiori a lasciare la parrocchia della Favara dopo dieci anni di permanenza. Per la sua situazione interiore sentiamo di dovergli essere vicini, come ognuno di noi deve esserlo nei confronti di chi si dibatte nelle difficoltà della vita. Noi quindi non siamo fra coloro che -come immagina lui-, in questo momento, gongolano per la sua situazione di "uomo nudo".
Lo abbiamo pure scritto ieri che, essendo egli un sacerdote, quando parla dal pulpito non può prescindere dall’uso della “bussola”. Egli ieri, a nostra opinione, si è fatto sopraffare dall’emotività e ha stradetto, fino al punto di essere invitato dal “Delegato Vescovile” a rientrare nei binari.

Vogliamo estrapolare
C’è un aspetto del lunghissimo intervento di Padre Mario che vogliamo comunque esaminare in dettaglio. Ieri è stata la prima volta -dopo più di un anno, quando ebbe a dirci che agiva in forza del nuovo Codice di Diritto Canonico- che sono state esternate le motivazioni di fondo che lo hanno, al culmine di una serie di episodi, indotto a lasciare fuori dalla chiesa, per quindici giorni, i cattolici intenzionati a pregare dentro la “Sua” chiesa.
Quell’iniziativa è apparsa a tutti, laicamente, “incivile” e, religiosamente, “non fraterna”.

Le motivazioni di Don Mario
A scanso di equivoci precisiamo che qui scriveremo ciò che ieri abbiamo capito; saremmo felicissimi se ci venissero corrette, sul blog, eventuali errate interpretazioni.
Nel groviglio degli argomenti ci è sembrato che serpeggiasse, qua e là, un immenso senso di frustrazione per il fatto che nell’arco dell’anno gruppi e processioni di cattolici-bizantini si rechino a pregare nella Chiesa della Favara. Non sapremmo, diversamente, come interpretare espressioni che, più o meno, suonano così:
-Noi vogliamo essere “autonomi
-Il principio universale della Chiesa è che ogni parrocchia è “autonoma
-I sopprussi dei greci (appellati come prepotenti, portatori di atteggiamenti patronali etc.) durano da quattrocento anni
-Se i greci giustificano la loro “sufficenza” perché vogliono la Madonna (l’immagine di Maria della Favara), ebbene, non abbiamo esitazione a caricarla su un camion e a portargliela nella loro chiesa; finiscano però di fare i “padroni”.
Questioni di pretto gusto medievale
Il discorso del nostro non ha seguito né la logica evangelica, né quella giuridico-canonica, né quella del buon senso. Padre Mario ieri era lanciatissimo sull’aspetto emotivo come se dovesse eccitare la piazza, ed in effetti è riuscito a scippare un paio di applausi all'insegna dei "Farabuti !" che si sprecavano su ogni cosa.
A) non seguiva la logica giuridica perché è caduto in contraddizione continua:
quando sosteneva che da quattrocento anni i greci “prepotenti” si recano in gruppo e/o processione nella Chiesa della Favara egli medesimo ha “giustificato” la sussistenza di una “tradizione”, l’esercizio di “consuetudini” che, come tutti sanno, il Codice di Diritto Canonico del 1983 tutela e garantisce. Di avere dato da sé stesso la spiegazione della realtà locale egli non si è accorto.
Dall’esercizio delle “tradizioni” ha tratto infatti non un comportamento giuridico-canonico ineccepibile bensì l’atteggiamento prepotente ai danni dei “veri latini”. Infatti ieri è serpeggiata fra i banchi la distinzione fra “veri” e “falsi” latini. Distinzione che giuridicamente non esiste e non può esistere se non quando si entra nel campo del fanatismo.
Sul piano giuridico non ha dato alcuna spiegazione sul comportamento dell’agosto 2009. Non ha citato in base a quale documento autorizzativo (Sentenza al ricorso, decreto dell'Eparca) abbia respinto fuori dal portone la gente. In altra occasione abbiamo scritto che in Sicilia chi si fa giustizia da sé conquista un appellativo certamente non gradevole, molto più pesante del termine “prepotenti” attribuito da lui indistintamente ai “greci”.

B) non seguiva la logica evangelica perché il Cristo -sappiamo che- ha riunito tutte le razze, tutte le nazioni sotto una unica famiglia di cui è il Capo. Il greco-bizantino che si reca in gruppo-processione in qualsiasi Chiesa del mondo, riteniamo noi, deve essere accolto con grande desiderio e carità (Carità, parola questa tanto proferita ieri quanto contraddetta dal susseguirsi del discorso), e allo stesso modo questa interpretazione deve valere per i cattolico-romani o quelli copti.
Riteniamo infatti che le chiese servano non solamente per accogliere i parrocchiani, i fedelissimi, ma per consentire a chiunque lo desideri di tentare il “contatto” col Mistero.
Certamente non era ravvisabile spirito evangelico nel più volte proferito “Farabuti!” indistintamente rivolto ai responsabili di falsità sulla vicenda o a coloro che avrebbero bloccato le iniziative dell’Eparca in direzione –diciamo noi- correttivo/adeguativo alle tradizioni locali, o a coloro che attraverso i media avrebbero creato il caso ‘Contessa Entellina’, o a coloro che hanno una concezione patronale, esclusivista della chiesa, o ancora a coloro che invece di servire Dio, si servono di Dio
Ha più volte invitato i duri di cuore a convertisi ma non ha mai riconosciuto che coloro che per quindici giorni sono rimasti dietro al portone erano “fratelli” che bussavano e a cui il padrone di casa, “duro di cuore”, non ha voluto aprire.
Ha evidenziato l’ingiustizia del Vescovo che non riconosce la “dovuta” autonomia e non interviene sulle tradizioni. Ma non ha ricordato che ingiusti, sulla base della sua visione, sono pure stati i vescovi di Girgenti e di Monreale che per secoli hanno respinto tutti i reclami dei parroci latini sull’argomento di cui discutiamo.
C) Ecco perchè ha chiuso il portone della Chiesa
Ha detto di aver chiuso, durante il famoso agosto, il portone perché due anni fa propose a papas Nicolino di sottoscrivere un accordo correttivo-modificativo-migliorativo delle secolari tradizioni. La risposta di questi è stata negativa. A questo punto, ci viene di pensare ad una ritorsione.
A noi scappa di dire: Bravo papas Nicola ! Grazie papas Nicola per non avere accettato!.
Modificare infatti le tradizione è l’obiettivo che persegue l’Avvocato per cancellare le peculiarità specifiche contessiate in materia di rito-bizantino. Le tradizioni modificate diventano infatti altra cosa, cosa diversa, dalle tradizioni plurisecolari.
Fare un accordo significa che ciò che viene disciplinato trova origine nell'accordo e non nella tradizione.
Non occorre la laurea in giurisprudenza per capire che padre Mario con quell'accordo voleva alterare le fonti, le sorgenti del diritto  locale:
a) la consuetudine è ciò che esistente oggi
b) il contratto, l'accordo, è ciò che il Bellanca persegue
Due fonti del diritto che hanno peso ed impatti molto differenti per il futuro.
Papas Nicolino ha fatto, pertanto, benissimo a non aderire. Anche perchè a dare corso allo svolgimento delle tradizioni ci sono i decreti vescovili.
Padre Mario contraddice papas Borzì
Il tentativo messo in atto successivamente (ai primi di settembre), stando a quanto ha detto padre Mario, quando in mezz’ora con papas Sepa hanno non solo raggiunto, ma addirittura firmato, un accordo necessita di due nostre sottolineature.
Da parecchie settimane circola la voce dell’accordo fra i due, fino al punto che l’avvocato ne avrebbe fatto elemento, cavallo di battaglia, sulla corrispondenza e sui ricorsi nell’interesse dell’assistito Mario Bellanca contro i superiori. Pare addirittura che ci sia stata discussione nel recente "ritiro" ecclesiale a Piana.
1) Papas Sepa ha sempre smentito a decine di persone di avere mai concordato nulla con padre Mario. A qualcuno ha addirittura detto di non disporre nemmeno del numero di cellulare di Bellanca.
2) Se per caso fra le due versioni, quella predicata da padre Mario e quella proclamata da papas Sepa, dovesse essere vera quella di padre Mario non c’è dubbio che nei confronti di papas Sepa è stata giocata una “scorrettezza”. Non sappiamo come definire diversamente il tentativo di far innovare le “tradizioni” con un “accordo” ad un Amministratore Parrocchiale, nei primissimi giorni dell’insediamento quando questi non ha ancora il quadro della realtà in cui sta per immettersi.
Padre Mario, ha proseguito nel lunghissimo discorso di ieri, affermando che l’accordo sottoscritto con papas Sepa è stato bloccato dal Vescovo perché è sopraggiunto l’intervento di qualcuno che ha fatto notare che da quell’intesa sarebbe stata evidente a tutti, ai Contessioti e al Mondo, che il “cattivo” di Contessa Entellina, colui che in questi anni non ha voluto la pace, è sempre stato papas Nicola Cuccia.
Nell’attendere, fiduciosi, un chiarimento definitivo da papas Sepa su queste versioni contrastanti, a noi non resta che ribadire che le “tradizioni” sono tradizioni e sono prodotto del tempo e gli “accordi” sono invece manifestazioni di volontà di due o più parti che vanno, se fatti, a … cancellare le tradizioni.
In nessuna parte del mondo c’è gente disposta a cancellare le tradizioni con un “accordo”, specie se le tradizioni incidono sull’identità di una comunità.
Coloro che non amano le tradizioni è bene che scelgano di vivere in una comunità in cui quelle tradizioni non esistono e lascino le tradizioni a chi le apprezza.


Nessun commento:

Posta un commento