mercoledì 17 luglio 2024

Un Personaggio

 

Beppe ServegniniGiornalista italiano (n. Crema, Cremona, 1956). Ultimati gli studi in Giurisprudenza, ha intrapreso la carriera giornalistica e nel 1984 è diventato corrispondente da Londra per Il Giornale (1984-88). Dopo quattro anni come inviato in Europa Orientale, Russia e Cina (1988-92), nel 1994 è passato a La Voce (corrispondente da Washington D.C.) per poi entrare nella redazione del Corriere della Sera un anno più tardi; da allora è una delle firme più note del quotidiano milanese.

Nascita, 1956



Come noi italiani

ci rechiamo a votare

La democrazia è diventata una cosa strana: 

gli elettori scelgono in base alle cose che sanno, e non sono molte. 

Il resto viene delegato alla politica, che evita di entrare in dettagli. 

Talvolta perché le questioni sono complesse; più spesso perché non 

ne ha voglia, o non le conviene.

Giornali, siti d’informazione, radio e televisione provano, ognuno a suo modo, ad aggiornare gli elettori. 

Ma quanti scelgono di approfondire certe questioni? 

La grandissima maggioranza voterà in base a esperienze dirette. Quindi: prezzi (perché un guasto in casa mi costa un quarto dello stipendio?); imposte (quante ne pago, cosa rischio se non le pago?); impiego (perché mia figlia ha studiato e non trova lavoro?); sanità (tre mesi per una ecografia?); guerra (mica arriverà pure qui?). 

Un altro fattore nella decisione elettorale: 

la simpatia e l’antipatia di chi ci chiede il voto. Soprattutto quest’ultima. L’impressione è che la scelta sia, sempre più spesso, un segnale di paura (Francia), una bocciatura (Uk), un gesto di stizza (Usa, presto), un esperimento (Italia). 

Forse è sempre stato così, forse la democrazia è questa. 

Ma, se così fosse, non stupiamoci se i governanti ci trattano come ragazzini.

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