sabato 10 febbraio 2024

10 febbraio: giornata del ricordo

 Le sofferenze degli italiani di frontiera

Nell’Istria le foibe sono cavità naturali, frequentemente molto profonde che caratterizzano la  Venezia Giulia. In quelle voragini i partigiani comunisti jugoslavi (i titini) gettarono tanti cadaveri, loro vittime trucidate e frequentemente mentre erano ancora vive, durante le due campagne repressive attuate, prima nel settembre 1943 e poi nel 1945, contro tutti coloro che si opponesse all’instaurazione del potere rivoluzionario comunista nell’area istriano-dalmata. 

La macabra usanza fu dai giornali e dagli storici definita  foibe per additare i crimini compiuti allora, anche se molti dei caduti, in grande maggioranza italiani, perirono di stenti nei campi di concentramento in cui vennero reclusi dai comunisti titini. Per commemorare quella tragedia e il susseguente esodo delle migliaia di italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, si celebra ogni 10 febbraio il Giorno del Ricordo. 
Ma come si arrivò a una vicenda tanto traumatica? Sergio Mattarella ci ha ricordato che per lungo tempo su quei fatti si e’ levato «un muro di silenzio e di oblio», imbastito «di imbarazzo, di opportunismo politico e a volte di grave superficialità», che finì per occultare «le terribili sofferenze di varie migliaia di italiani”.

1) in seguito all’8 settembre 1943, con l’armistizio del governo Badoglio agli anglo-americani l’esercito si sfaldo’. I partigiani jugoslavi di Tito ebbero via libera al nostro confine orientale e occuparono zone dell’Istria, compiendo gravi atrocità nei riguardi di coloro che ritenevano «nemici del popolo». Si  cominciò a parlare di foibe, con l’eliminazione di centinaia di persone. 



2) L’intervento dei tedeschi provocò un ulteriore riassetto. La Zona di operazioni del Litorale adriatico passo’ alla sovranità diretta del Terzo Reich, che incorporo’ a se per intero il Friuli e la Venezia Giulia. La guerra partigiana conobbe forti tensioni al suo interno, perché gli jugoslavi perseguivano l’annessione di vasti territori appartenuti fino allora all’Italia, Trieste compresa: i resistenti italiani non comunisti rifiutavano. 



3) Il Pci, partito italiano ma ideologicamente solidale con Tito, adotto’ l’ambiguità. 

4) la sconfitta della  Germania hitleriana, vide  i partigiani comunisti  jugoslavi entrare per primi a Trieste il 1° maggio 1945 e qui commisero pesanti violenze non solo verso i fascisti, ma pure nei riguardi degli antifascisti italiani decisi a contrastare l’annessione della città al regime comunista di Belgrado. 

5) L’ondata repressiva a cui ci si riferisce parlando di foibe vede le vittime di nazionalità italiana, calcolate tra le 5 e le 10 mila in tutta l’area dell’alto Adriatico. 

A Trieste gli anglo-americani riuscirono a porvi termine e le forze di Tito si ritirarono l’11 giugno, ma continuarono a spadroneggiare nel resto della Venezia Giulia. 

6) I negoziati per il riassetto postbellico videro l’Italia paese perdente della seconda guerra mondiale che era stato Paese aggressore e alleato del Terzo Reich fino al 1943. Il 10 febbraio 1947 il governo di Alcide De Gasperi firmò a Parigi un trattato di pace che assegnava alla Jugoslavia l’ intera Dalmazia, Fiume e quasi tutta l’Istria. 



7) la grande maggioranza della popolazione italiana di quelle terre abbandonò le proprie case. Gli esuli furono circa 300 mila e nella loro memoria il 10 febbraio ha un significato luttuoso: perciò è stato scelto come Giorno del Ricordo

8)  per la città di Trieste fu deciso di costituire un piccolo Stato autonomo, il Territorio libero di Trieste (Tlt), che venne diviso in una zona A, comprendente la città e posta sotto un’amministrazione anglo-americana, e una zona B, nella quale rientravano Capodistria e altri centri limitrofi, affidata al governo di Belgrado. 

9) Di fatto per il Tlt, nel 1954, fu concluso un memorandum d’intesa che riconsegnava la zona A all’Italia e lasciava la zona B alla Jugoslavia, una soluzione provvisoria che divenne definitiva con l’accordo di Osimo del 1975. 

Nel frattempo però la situazione geopolitica era radicalmente mutata rispetto all’epoca del trattato di pace. 

10) Nel 1948 Iosif Stalin aveva condannato la Jugoslavia di Tito, colpevole di perseguire una politica estera assai autonoma rispetto a Mosca. E l’eresia comunista di Belgrado, scomunicata dal Cremlino, era diventata una sponda utile per gli occidentali nell’ambito della guerra fredda. Londra e Washington cominciarono a guardare con indulgenza al regime di Tito e l’Italia, Paese della Nato, non poté non tenerne conto. Avvenne così che la questione dell’esodo giuliano-dalmata divenne scomoda non solo ( come era stata fino allora) per i comunisti del Pci, che avevano assecondato Tito per poi esecrarlo in ossequio alle direttive di Stalin, ma anche per i governi a guida democristiana, preoccupati di coltivare buoni rapporti con la Jugoslavia «non allineata».

11) L’Italia democristiana non aveva ormai interesse a rivangare le vicende ingloriose della guerra voluta dal fascismo ed inevitabilmente l’esperienza dolorosa delle genti giuliano-dalmate e’ stata sostanzialmente silenziata e ridotta a una vicenda locale, molto dibattuta a Trieste e dintorni ma trascurata nel resto del Paese. 

12) L’istituzione del Giorno del Ricordo ha posto rimedio a questa situazione, con il rischio di presentare i conflitti novecenteschi del confine orientale in chiave nazionalista e vittimista. Il Presidente Mattarella ha il merito di avere cercato costantemente il dialogo con i nostri vicini sloveni e croati, che oggi -ormai- sono pure essi membri dell’Unione Europa.


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