lunedì 15 gennaio 2024

Vita locale (15)

 Quella notte (2)


Trecento morti, cinquecento feriti e 
decine di migliaia gli sfollati. Questo
 il bilancio del terremoto che nella
 notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 che
devastò la Valle del Belìce. Una ventina i 
centri che vennero coinvolti fra le 
province di Palermo, Agrigento e Trapani




Poch
i minuti dopo le 3 di lunedì 15 gennaio, un violento terremoto sconvolse la valle del Belice, al confine tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento: una zona segnata dalla povertà e dall'emigrazione, segni distintivi che ancora ai nostri giorni non sono sconfitti se la zona è ormai segnata dall'emigrazione e dal prevalere di presenze anziane (pensionati).

Le avvisaglie del terremoto in verità c'erano state il giorno prima, nella freddissima domenica precedente, quando per portare una salma al cimitero di Contessa Entellina si è dovuto ricorrere ad un trattore che trainava un rimorchio su cui stava la bara. All'ora di pranzo di quella domenica la gente dovette alzarsi da tavola e la paura ci fu, anche se a Contessa i danni furono tutto sommati limitati ad alcune lesioni alle secolari abitazioni del luogo.

Nel pomeriggio ci furono altre scosse, tutte lievi, e la gente di Contessa e di tutta la Valle del Belice -da sempre fatalista- si sentì rassicurata. In serata ci furono altre scosse, ma a Contessa la gente decise -in larghissima quantità- di dormire in casa.

Arrivò, purtroppo, improvvisa poco prima delle 3 una forte scossa che indusse tanta gente a Contessa e nella Valle a lasciare le abitazioni, ma non tutti. Ancora in tanti confidavano che il peggio fosse passato. Ma così non fu! Arrivò la scossa micidiale che fece morti in tutta la Valle nell'ordine di varie centinaia, ed una vittima fu il contessioton Agostino Merendino.

In tutta la Valle ci furono paesi come Montevago, Gibellina ed altri ancora rasi al suolo ed i morti -si apprenderà all'alba- furono oltre 250, i senza tetto quasi 200mila.

Si trattò di una tragedia che mise in ginocchio la allora molto povera Sicilia occidentale. Si trattava di paesi dalle case di pietra e tufo noti, da sempre, per la povertà secolare, per il banditismo e per la forte radicazione culturale nel fenomeno mafioso.

I primi soccorsi arrivarono il lunedì soprattutto a Montevago, individuato dalle sommarie informazioni delle prime ore, come epicentro del sisma. Non esisteva, allora, la veloce (la fondovalle) il che comportava ritardi enormi e determinanti per salvare chi poteva essere salvato. Il tutto mentre nel corso della giornata e per settimane successive la terra continuava, ritmicamente, a tremare. I mezzi di soccorso dell'intero Paese si mossero, ma non sempre erano adeguati e la rimozioner di detriti e macerie per salvare chi stava sotto non sempre erano adeguati alla situazione. Nei primi giorni del dopo-terremoto, quando i centri abitati furono abbandonati per trascorrere giornate in rifugi delle campagne, mancava di tutto: vestiario, viveri e medicinali. A distanza di alcuni giorni in tiutti i paesi della Valle arrivarono le tende montate da uomini dell'Esercito e pure scorte di viveri da distribuire alla popolazione. Ovviamente il tutto non poteva che accadere in un contesto imprevisto e ovviamente caotico. Via via in tutte le realtà cominciarono ad arrivare, oltre ai militari che si davano da fare, anche medici, giornalisti, volontari da ogni parte d'Italia ed anche stranieri. I comunicati radioi e giornalistici di quelle prime settimane da dopo-sisma erano come corrispondenze-di guerra . La gente che viveva qua e la' nelle tende conviveva, anche con il fango.

L'azione di goverrno, di quelle prime giornate dal sisma, non poteva che svolgersi nel clima dell'emergenza.

La Ricostruzione sarà tutta un Storia diversa di cui anche chi oggi è giovane avrà avuto eco, dal momento che fino a pochi anni fa esisteva un coordinamento dei Sindaci del Belice che dibatteva di ... ricostruzione.,

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