domenica 21 gennaio 2024

Flash sulla Storia patria

 Problemi enormi

Con una serie di brevi flash sulla vicenda storica dell’Italia unita ci proponiamo di ripercorrere oltre centosessant’anni di unità del Paese Italia, soffermandoci sulle principali vicende sociali, politiche ed economiche. 

Cosa puo' proporsi un piccolo blog con le disamine che di volta in volta va sviluppando? Semplicemente di provare a diffondere coscienza civica.

1861 e poi ...

 

Garibaldi, in più circostanze,
in sede parlamentare ed esternamente,
ebbe a mostrare delusione per la
piega conservatrice intrapresa
dal governo nel post-unità del Paese
.
 
 L'avvenuta costituzione del Regno d'Italia, in gran parte merito della spedizione garibaldina ed anche del disegno messo in atto da Cavour, vide il formarsi di uno Stato monolitico: nelle province venne insediato un prefetto (figura onnipotente in ogni settore della vita di ciascun uomo), nei comuni un Sindaco (di nomina regia e di fatto funzionario dello Stato, per nulla espressione del popolo locale e del territorio). Qualche anno dopo, in seguito all'accorpamento della Lombardia al Regno d'Italia, il nuovo Stato si sentì più solido di quanto gli stessi reggitori si erano immaginato.
 Il sistema era centralizzato al massimo, non esistevano spinte rivoluzionarie al sistema e la stessa opposizione di Sinistra (il Partito d'Azione), vagamente ispirata a Garibaldi e solo parzialmente al sempre ricercato dalla polizia Giuseppe Mazzini, il repubblicano di sempre, possedeva una struttura politicamente non solida. Da qui, le classi dirigenti e possidenti del paese si diedero a costruire un Potere su loro misura finalizzato a garantirsi il monopolio del potere. Fu messo in atto, sui territori,  il ruolo dei Prefetti composto da uomini di stretta fiducia del governo e di stretta osservanza conservatrice.

 Vi era in Parlamento qualche stretta frange di formazione e convinzione liberale che pur essendo attenta a non indebolire la ancora debole "unità del Paese" intendeva estendere comparti di potere alle periferie e nel contempo coinvolgere e motivare le classi dirigenti di quelle aree, comprese quelle impegnate nella gestione dei comuni. Fra  costoro si distinse un piemontese, Ponza di San Martino,  impegnato perché fossero coinvolte nel consolidamento del giovane Paese classi dirigenti delle periferie e trovò il sostegno in particolare di due figure moderate, rispetto alla rigidità conservatrice maggioritaria, in Minghetti e Farini. Fu con questo iniziale disegno politico e con questo gruppo moderato che fu avviato un discorso volto a coinvolgere le classi dirigenti di ogni area del nuovo Stato. 

 Il cammino in direzione del coinvolgimento però non fu affatto facile, infatti inizialmente per decentramento non si volle intendere cooperazione con le realtà di ogni regione, bensì il mandare "funzionari" su ogni territorio che rispecchiassero la volontà del "Centro". E fu subito respinto il sottile intento di far eleggere dei politici alla guida di ciascuna regione, come Garibaldi in qualche modo intendeva farsi portatore. Il governo molto conservatore e di impronta marcatamente piemontese non intese convenire. 

 Esiste una lettera di Lorenzo Annibale Costantino Nigra, influente diplomatico piemontese, che da Parigi ebbe a scrivere a Cavour: "Per carità, combatta il sistema del decentramento regionale, se no siam perduti". Contro il decentramento del potere statale, in verità si schierarono anche i notabili ed i latifondisti del Sud, tutti facenti parte del partito cavouriano. Essi miravano ad un governo forte, anzi autoritario,  che imbrigliasse il movimento contadino che si era fidato delle promesse garibaldine e che generosamente era accorso -in Sicilia- nelle battaglie fino a Ponte Ammiraglio.

(Segue)

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