lunedì 9 ottobre 2023

Immigrati. Nell’Italia che invecchia servono e via via ne serviranno di più

 Il fenomeno emigrazione coinvolge i laureati

Tra 2012 e 2021 hanno
lasciato l'Italia 337 mila
giovani della fascia d'età
25-35 anni, di cui 120 mila
 in possesso della laurea.





In Italia gli anziani over 65 sono più degli under 15enni e a sentire i demografi lo squilibrio andrà via via sempre peggiorando. Usando il linguaggio economico viene da scrivere che siamo in recessione demografica e l’immigrazione (finora: quasi 6 milioni di persone che hanno  con loro un milione e 300 mila minori) andrà inevitabilmente crescendo.

 L’emigrazione dei giovani italiani (ormai con percentuali alte di  laureati e diplomati) è un dato allarmante, anche se sottaciuto nei dati ministeriali e purtroppo pure in quelli dei media. 

 Gli immigrati, che siano regolari o irregolari, non riescono più a coprire l’emorragia a cui assistiamo, prescindendo dal silenzio dei media. 

  Le emergenze (vere) sono infatti due: 

1) «È costantemente negativo il saldo nati/morti, ma occasionalmente, in anni recenti, è stato negativo anche 2) il saldo emigrati/immigrati».

  Va evidenziato  che gli immigrati non impattano, se non per un segmento minimo e in quello meno qualificato della mano d’opera, sui nostri giovani che emigrano, i quali sono per i quattro quinti diplomati e non intendono fare «lavori da immigrati» (assistenza agli anziani, bracciantato, manovalanza in edilizia). Senza manodopera immigrata molti lavori in Italia resterebbero scoperti, bruciando -calcolano gli economisti- un decimo del Pil nazionale.

 L’Italia, al contrario di Francia, Germania ed altri paesi non crea abbastanza impieghi qualificati per i nostri laureati/diplomati autoctoni o per gli immigrati con più alto livello di istruzione. Questa è la contraddizione di cui media e politica trascurano di occuparsi rispetto ad altre questioni inerenti l’immigrazione (che purtroppo fanno più notizia).

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