martedì 4 luglio 2023

Abbazia di Grottaferrata. Nel 2024 il Millenario della consacrazione della chiesa

Dalla Rubrica di Dino Messina, sul Corriere della Sera
del 15 maggio 2023,  ci piace riprendere  un interessante articolo di Veronica Arpaia e Alessio Conti sul Monastero di tradizione culturale-religiosa bizantina di Grottaferrata, 
dal titolo:

Un Millenario che guarda ad Oriente


Il Sindaco di Grottaferrata, Andreotti:

“Impegnerò il Consiglio comunale
affinché entro la fine dell’anno si
costituisca un comitato per la
celebrazione del millenario della
consacrazione della Chiesa di S.Maria
di Grottaferrata. La ricorrenza cadrà
nel 2024 ma ci vorrà il giusto anticipo
per celebrare bene un evento talmente
enorme e complesso”.



  Dall’alto del cinquecentesco maniero che oggi circonda e protegge l’Abbazia di San Nilo di Grottaferrata, si dominano Roma e, nei giorni più limpidi, il mare. La chiesa abbaziale, di cui nel 2024 ricorrerà il millenario della consacrazione, unisce la latinità ai territori bizantini, da dove i monaci italo-greci, primo fra tutti Nilo di Rossano, partirono per irradiare di una feconda bellezza contrade oggi disseminate in più regioni dell’Europa. Un’unione che si riverbera anche nell’appartenenza alla Chiesa Cattolica di rito bizantino-greco. Nel 2018 il comune di Rossano si è unito a quello di Corigliano divenendo così il primo centro della Calabria per estensione territoriale.

Il monachesimo italo-greco abbraccia un lungo arco di tempo che – originando dal VI secolo (età giustinianea) – viene ad essere influenzato dalle varie dominazioni alternatesi nel Mezzogiorno della penisola italica. Al periodo aureo, che supera di poco il mille, e storicamente connotato dalla presenza arabo-islamica, ne segue uno normanno sino al XII secolo. Infine, si giunge alla dominazione angioina con tentativi di latinizzazione sino alla metà del ‘400.

Per lunghi secoli i monaci italo-greci furono amanuensi, calligrafi ma, soprattutto, custodi di una tradizione corale stratificata nella lingua greca che, senza perdere la profondità della mistica neoplatonica, la fecondava con il nuovo messaggio cristiano. Simboli di questa bellezza linguistica sono presenti nelle due biblioteche del cenobio grottaferratese: quella statale e quella monastica che custodiscono incunaboli di raro valore.

Anche a Corigliano-Rossano, fra sconfinate distese di agrumeti, si trova un prezioso Codice miniato, primo segno di bellezza capace di fondere parola ed immagine, oggi riconosciuto dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. Si tratta di una bellezza iconica perché il Codex non era destinato alla sola lettura dei pochi alfabeti, ma alla visione di tutti: e sfavillante d’oro è il purpureo Codice rossanese. Realizzato fra il V e il VI secolo, rappresenta uno dei manoscritti più antichi del Nuovo Testamento e contiene i testi dei Vangeli di Matteo e Marco. Una bellezza capace, nella liturgia, di avvolgere tutti i sensi: dal gusto, con una Eucarestia offerta ai fedeli tramite il corpo, il pane e il sangue, vino di Cristo, all’olfatto tramite l’aroma dell’incenso o il profumo dei fiori specie nelle liturgie pasquali, dall’udito, colmato dal canto degli Inni, in cui la sola voce diviene strumento di lode a Dio, per concludere con la vista, il più eccellente dei sensi capace di godere dei significati ascetici riposti nella Divina Liturgia. Rendere questi aspetti vitali per l’uomo di oggi, credente e non, rappresenta, anche partendo da questo imminente millenario, la sfida che attende non solo Grottaferrata (Crypta Ferrata) e Corigliano-Rossano, ma tutti i luoghi forgiati dal monachesimo italo-greco.

Una bellezza che, dal punto di vista liturgico, non era sfuggita agli slavi del nord tanto che, secondo un’antica leggenda, quando nel IX secolo si trattò di evangelizzare i russi, il Principe Vladimir chiamò a celebrare sia sacerdoti latini sia monaci bizantini per decidere quale tra le due forme liturgiche adottare. Scelse quella bizantina esclamando di aver visto il cielo scendere sulla terra con le sue gerarchie angeliche e i melodiosi cori.

Più a ovest la dinastia degli Ottoni (eravamo a cavallo dell’anno Mille) cercava di rinnovare i fasti dell’Impero Romano di cui però gli stessi bizantini si proclamavano eredi. Non a caso questi ultimi diedero vita anche a vestigia di tipo materiale che adornano ancor oggi il nostro paesaggio. I castelli sono le più resistenti testimonianze di quel tempo, solo apparentemente lontano: se quello di Grottaferrata è più tardo, quello ducale di Corigliano risale all’XI secolo ed è giunto sino a noi in condizioni pressoché integre. Accanto ai castelli, nel bel mezzo dei boschi a ridosso della Sila, troviamo monasteri e chiese, come quella del Patir a Corigliano-Rossano, fondata da Bartolomeo, uno dei monaci italo-greci che lasciò gli agi della vita cittadina per condurre un’esistenza solitaria. Solo con la dominazione angioina, anche quello del Patir declinò, quando si assistette alla prevalenza del culto occidentale in una cristianità oramai divisa a causa dello scisma d’oriente del 1054.

All’interno dell’ampio fenomeno del monachesimo italo-greco, la regola basiliana rappresenta una luce sfavillante: col passare dei secoli invasioni dal punto di vista storico, e la latinizzazione da quello teologico, hanno reso questa luce sempre più fioca. Mai però essa è venuta totalmente meno e per questo può ancora riscaldare l’oggi e illuminare il domani fungendo da ponte con il mondo ortodosso.

La storia di questo monachesimo si intreccia anche con quella delle comunità albanofone (arbëreshe) la cui longeva presenza nel Meridione della nostra penisola (in particolare in Calabria e in Sicilia) è documentata sin dal XIII, ma si rafforza a partire dal 1468, anno della morte di Castriota Scanderbeg, eroe della resistenza albanese contro gli ottomani.

Ancora oggi, nella parte settentrionale della Calabria, la presenza bizantina può essere rintracciata nei toponimi, scoperta in alcune parole dialettali, oltre che in non poche usanze e tradizioni folcloriche. Una presenza da valorizzare riaffermando i legami tra l’Abbazia di Grottaferrata e quei territori, sulle tracce del monaco Nilo. Il percorso niliano segue l’itinerario già proposto nel bios del Santo, vero e proprio capolavoro della letteratura bizantina. A partire dal 2004 vi hanno aderito molti comuni, oggi dislocati in quattro regioni, ciascuno con le sue peculiarità. Il Millenario della consacrazione si inserisce nel quadro di una più complessiva rinascita dello stesso cenobio criptense che sappiamo essere carico di futuro.

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