martedì 9 maggio 2023

Con Leopoldo Franchetti. La Sicilia di ieri e di oggi (12)

   Leopoldo Franchetti I giovani Franchetti e Sonnino decisero di recarsi in Sicilia per condurre un’inchiesta privata, che non fosse vincolata dagli equilibri e dalle contingenze che potevano condizionare la Commissione ufficiale: insieme visitarono la regione e scrissero poi separatamente i due volumi dell’inchiesta (Franchetti sulle condizioni politiche e amministrative, Sonnino sui contadini).

Nascita: 31 maggio 1847, Livorno

Morte: 4 novembre 1917.

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CONDIZIONI   GENERALI

I. Palermo e i suoi dintorni
 
 12. Inefficacia e danni del sistema degli arbitri illegali

 
 Franchetti e Sannino evidenziarono
 le 
connessioni esistenti tra il fenomeno
mafioso e le strutture economiche e
sociali della Sicilia



E' inviato a Palermo un rappresentante del Governo munito dei poteri più estesi sulle forze militari di tutta l'Isola e sull'amministrazione civile della provincia di Palermo, con mandato di fare  ogni sforzo per ristabilire l'ordina: Giunge pieno di buona volontà e di desiderio di conseguire il fine prefissogli. Giunto, si guarda intorno, cerca chi possa dargli informazioni, aiutarlo a conoscere le cagioni dei disordini e scoprirne gli autori, a reprimere gli uni  e punire gli altri. Negli uffici governativi, trova ignoranza completa di ciò che egli ha bisogno di conoscere. Nel paese invece, trova organizzazioni potenti che fanno a gara nell'offrirgli di servirlo colla loro profonda cognizione  delle condizioni locali  nei loro più reconditi particolari e coi loro mezzi di azione pronti e sicuri, senza sembrar di chiedergli altro compenso che l'onore di servirlo. Trova una quantità innumerevole  di gente dedita  al sangue, pronta ad uccidere per chiunque la paghi . Trova esempi antichi e recenti di repressione operate da agenti del Governo, ma più somiglianti ad assassini  che a punizioni. In siffatta  condizionew di cose, è portato, per così dire, fatalmente, ad appoggiarsi  sulla sola forza che trovi  vicino  a sé; riprende le tradizioni non mai del tutto interrotte, del governo Borbonico, permette che si arruolino  malandrini nella forza armata governativa, mette loro addosso la divisa, apre loro gli uffici  di pubblica sicurezza ; lascia che le amministrazioni locali, e tutti gli organismi pubblici  vengano in potere  delle persone influenti  da cui riceve appoggio.
  Messasi in mano a siffatto istrumento, l'autorità governativa si trovò colla sua ignoranza delle circostanze  locali, coll'impotenza che ne derivava, di fronte a quella camarilla cui essa stessa aveva fornite armi e che aveva rivestita  della propria autorità. E così diventarono nemici pubblici  i nemici di questa, interessi pubblici i suoi interessi, e mezzi di governo i mezzi  che sono soliti  adoperare  in Sicilia cotali leghe di persone.
  E allora si vide il malandrinaggio stipendiato dal Governo assumere, per così dire, a cottimo l'impresa di assassinare i malviventi  non patentati, e assassinarli ogni qual volta  non si alleasse  con loro e non dividesse  il provento dei loro delitti. Si videro uomini vestiti  di divisa ufficiale  commetter delitti  per conto proprio, i rappresentanti del Governo  costretti a non esaminare tanto da vicino i modi  di procedere  di instrumenti così pericolosi, e ridotti a chiudere gli occhi sui loro misfatti più orrendi, a coprirli colla autorità del Governo italiano. 
  Queste mostruosità finirono per essere palesate all'Italia intera, e malgrado i rancori personali, le ire e gli interessi di partito, che da ogni lato, e da ogni parte della Camera concorsero a scemare l'efficacia della    verità, l'effetto fu tale che seguì una trasformazione  nell'indirizzo del sistema di governo della Sicilia.
  Furono mandati nuovi uomini a regger l'Isola, si princiò a depurare il personale dipendente dal Ministero dell'interno. Si cercò di tornare il più possibile nella legalità e di usare quegli arbitrii soli che le leggi o le loro interpretazioni  permettessero: l'ammonizione cioè dei sospetti e il loro invio a domicilio coatto.

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