Esiti di Studi
Uno studio, pubblicato su Nature Communication sposta le lancette biologiche dell’uomo fino a un limite massimo dei 150 anni. A scriverlo è stato il team di ricerca di un’azienda biotech con sede a Singapore in collaborazione con il Roswell Park Comprehensive Cancer Center di Buffalo (Stati Uniti) protesa a «hackerare malattie complesse e invecchiamento con l’Intelligenza artificiale per la scoperta di farmaci e biomarcatori digitali ».
l’indicatore dello stato dinamico degli organismi
Prosegue Faragher: «Per eseguire la modellazione, i ricercatori hanno prelevato campioni di sangue da oltre 70mila partecipanti di età fino a 85 anni e hanno osservato i cambiamenti a breve termine nel numero di cellule del sangue. Il numero di globuli bianchi che una persona ha può indicare il livello di infiammazione (malattia) nel suo corpo, mentre il volume dei globuli rossi può essere un indicatore del rischio di malattie cardiache, ictus o deterioramento cognitivo, come la perdita di memoria. Gli scienziati hanno quindi semplificato questi dati in un unico parametro che hanno chiamato “indicatore dello stato dinamico degli organismi” (DOSI).
I cambiamenti nei valori DOSI dei partecipanti hanno permesso di prevedere chi avrebbe contratto malattie legate all’età e come questo variava da persona a persona e ha modellato la perdita di resilienza nel tempo. Questi calcoli prevedevano che in tutti i casi — indipendentemente dalla salute o dalla genetica — la resilienza avrebbe cessato di funzionare completamente a 150 anni, ponendo un limite teorico alla durata della vita umana».
futuri interventi anti-invecchiamento
«Questo lavoro del team mostra che gli studi longitudinali forniscono nuove possibilità per comprendere il processo di invecchiamento e l’identificazione sistematica dei biomarcatori dell’invecchiamento umano in grandi dati biomedici. La ricerca aiuterà a comprendere i limiti della longevità e i futuri interventi anti-invecchiamento. Ancora più importante, lo studio può aiutare a colmare il crescente divario tra salute e durata della vita, che continua ad ampliarsi nella maggior parte dei Paesi in via di sviluppo», afferma Brian Kennedy, della National University di Singapore.
le novità e i limiti dello studio
Ma è davvero una novità questo studio? E sotto quali aspetti? «Si lo è, nel senso che siamo sempre stati molto incerti sul limite definitivo della vita, anche perché appunto non c’erano mai stati studi così precisi», risponde il professor Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria. «Ma questo lavoro ci dice una cosa molto chiara: non possiamo arrivare a quell’età attraverso i mezzi che ci sono concessi dalla scienza e dalla medicina. Ci dice che, mantenendo uno stile di vita sano e prevenendo le malattie, ugualmente non potremo superare il limite dei 150 anni. Fino a quell’età, la possibilità di resilienza verrebbe conservata. Quindi su questa potenzialità di resilienza dobbiamo costruire gli interventi per la nostra vita e per quelli delle comunità». «E a mio giudizio bisogna essere realistici», continua «è importante riuscire ad arrivare bene, il più a lungo possibile, ma i 150 anni non sono mica un obiettivo che io vorrei raggiungere. Mi accontenterei di molto meno. E poi non credo che potremmo vivere 150 anni in serenità: sarebbe una vita disastrosa, trascinata nel buio, nel dolore e nella fatica, psicologica prima ancora che biologica».
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