domenica 8 gennaio 2023

Storia Culturale


Come veniva letta l'esistenza (13)

Il lungo cammino per l'affermarsi dell' Io

 Montaigne, filosofo fra i più significativi del Rinascimento francese (1533-1596), studiando se stesso, notò cambiamenti costanti nel proprio "essere". Gli uomini gli apparivano incoerenti, contraddittori, imprevedibili, al punto da lasciarci scritto: "Quello che crediamo, non lo crediamo, e non possiamo disfarci di ciò che condanniamo". Continuò " Siamo tutti pezzi, e di un insieme così informe e vario, che ogni brano, ogni momento fa la sua parte. E si trova tanta differenza in noi stessi quanta fra noi e gli altri". Per lui era impossibile generalizzare a proposito degli esseri umani:

Nessun animo generoso si arresta in se stesso; esso aspira sempre e va oltre le sue forze; ha slanci al di là delle sue possibilità; non si avanza e non si affretta e non si rincantuccia e non si piega, e non è  vivo che a metà; le sue sollecitazioni sono senza limite e senza forma; il suo alimento è ammirazione, caccia, dubbio (Così Montaigne, Dell'inconsistenza delle nostre azioni, in Saggi).

  Per Bacone (1561 – 1626) filosofo e giurista, difensore della rivoluzione scientifica e del metodo induttivo, "l'intelletto umano è mobile, e non sa accontentarsi né acquietarsi mai, perché cerca sempre, ma invano,  qualcosa di nuovo a cui tendere. Gli riesce perciò incomprensibile che ci sia un limite estremo e finale del mondo,  perché sempre, quasi per una fatale necessità, si trova che c'è qualche cosa al di là di ogni termine".

  Pascal  (1623-1662), matematico, fisico, inventore, filosofo e scrittore cattolico, estremizza ulteriormente "La nostra natura è nel movimento, il riposo completo è la morte".

Hobbes (1588-1679), filosofo e autore dell'
opera "Leviatano" e si interessò e scrisse anche di storia, geometria, etica ed economia, volle evidenziare:
Dobbiamo tenere presente che la felicità di questa vita non consiste nel riposo di una mente soddisfatta.  Non si dà difatti in questa vita nè un finis ultimus (scopo ultimo) nè il summum bonum (il massimo bene) di cui si parla nei libri degli antichi filosofi morali.Un uomo, i cui desideri abbiano raggiunto un termine, non può vivere più di un altro in cui siano fermate le sensazioni e l'immaginazione. La felicità è un continuo progresso del desiderio da un oggetto ad un altro, dove il raggiungimento del primo non è altro che la via per il conseguimento del secondo. La causa di questo è che l'oggetto del desiderio umano non consiste nel goderne una sola volta e per un singolo istante, ma nell'assicurarsi per sempre l'accesso al desiderio futuro. 
(Segue)

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