Questione Meridionale (II)
A partire dall'inverno 1948-49 tutte le regioni meridionali sono investite da ondate di occupazione dei latifondi, che essendo politicamente ed organizzativamente bene organizzate non offrono alcun motivo di intervento -come da sempre accadeva- alle forze dell'ordine. Avvennero degli scontri con la polizia ma si trattò di singoli episodi dove la tensione raggiunse livelli sfugiti alla responsabilità (Melissa, Lentella, Celano). A Melissa i reparti speciali della Celere aprirono il fuoco sui contadini.
La storiografia è unanime nel giudicare quelle riforme inferiori alle previsioni e lo attestano le riprese dei flussi migratori massicci, a distanza di pochissimi anni dal loro varo. Causa del fallimento, secondo gli storici, furono l'inadeguatezza dei lotti minimi assegnati a ciascun nucleo familiare che lasciarono irrisolti i principali mali endemici della Sicilia e dell'intero meridione: la disoccupazione e la sovrappopolazione.
In buona sostanza la Riforma Agraria che investì le aree latifondistiche non costituì quel motore propulsore della auspicata "crescita" e nemmeno il "volano" immaginato dell'incremento della produttività.
Sempre in quegli anni fu istituita la Cassa per il Mezzogiorno, col fine di sostenere la produzione nelle aree "depresse". Anche questa iniziativa si rivelò un fallimento: le risorse vennerò destinate per il 66% in opere di bonifiche, per il 20% per la realizzazione di strade e acquedotti. Nelle intenzioni quelle infrastrutture dovevano servire ad aprire ed avviare stimoli graduali all'industrializzazione. Ma sia la volontà che le iniziative mirate apparvero subito vaghe e indefinite e servirono, purtroppo, per il clientelismo politico di chi deteveva il potere in esclusiva in quegli anni (la Dc). C'è da dire che quelli erano anni in cui era sostanzialmente assente la cultura di come avviare lo "sviluppo economico" e l'avvio di un processo di industrializzazione apparve subito "velleitario", impossibile.
(Segue)
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