venerdì 8 luglio 2022

Sicilia dei viaggiatori. Dal Barocco al Novecento (2c)

  Dal Barocco alla Modernità Novecentesca

 LUOGHI CELEBRI E CARATTERI DEI SICILIANI

di

Johann Hermann Von Riedesel

(Col viaggio in Sicilia e nella Magna Grecia nella primavera del 1767 Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach di Altenburg, (1740-1785) realizzava il sogno di ogni classicista dell’epoca: visitare se non la Grecia, almeno, la sua non secondaria appendice italiana. In Italia c’era già stato una volta tre anni prima, ma, come era consuetudine, non si era spinto al di là di Napoli.).

= = = = = = = 


LUOGHI CELEBRI E CARATTERE DEI SICILIANI - PARTE II°


 
Dando le spalle al bosco, arrivai all'eruzione dell'anno precedente, cioè del 1766, e vidi la lava ancora fumante in parecchi punti, Essa era fluita, all'inizio, verso levante e dopo, raffreddandosi, aveva fatto resistenza a se stessa, e aveva dovuto fluire, per forza, verso ponente e verso la montagna; quindi si è ammassata  e non è riuscita a prendere molta terra. La mia guida cercò una capanna che avrebbe dovuto trovarsi nei paraggi, ma la lava l'aveva spazzata via. Poiché la notte era ormai vicina e la vetta della montagna, che cominciava ad essere ripida ed innevata, era ancora distante 10 miglia, dovemmo cercare un posto dove poter passare la notte e ripararci dalla pioggia che era molto forte. Un contadino di Nicolosi, di nome Blasio, che ha il merito di avermi fatto scalare la montagna, trovò, dopo alcuni tentativi, una grotta che era stata formata dalla lava stessa. Qui passammo la notte raccolti attorno al fuoco. A mezzanotte smise di piovere e le stelle cominciarono a rischiarare la neve, così mi approntai a risalire la montagna in groppa al mio mulo. Il mio accompagnatore di Catania, Emmanuele Ferra, soffrì talmente tanto per il freddo e per il vento che soffiava sulla neve, che dopo due miglia di strada mi disse che non ne poteva più. I muli non riuscivano più a trovare appigli sulla neve gelata e allora io mandai indietro gli animali con l'accompagnatore e il garzone che lo serviva, e proseguii la scalata a piedi, con i miei servitori che, come Lei sa, non mi lasciano mai e con il contadino di Nicolosi. Qui non si può dire "hoc opus, hic labor est"  poiché, per scalare questa ripida montagna bisognava percorrere 8 miglia di neve ghiacciata e sdrucciolevole, con un forte vento del nord che ci spingeva all'indietro. Più volte pensai di avere perso la forza ed il coraggio che mi tornavano solo dopo aver bevuto del vino di Catania che è molto forte.

Dopo aver percorso 6 miglia di salita, arrivai al cosiddetto Piano di Formento che è una piana di circa tre miglia di conferenza: è difficile di capire da dove derivi il suo nome, poichè qui, sicuramente, da che mondo è mondo, non è mai cresciuto frumento. Da qui ci sono, ancora, due miglia di ripida  salita per arrivare alla cosiddetta Torre del filosofo di cui si possono, ancora, vedere alcuni resti che sporgono dalla neve alta 8 palmi. Questa torre è rotonda e fabbricata con pietre e calce. Sotto la neve, vicino alla torre  (come mi aveva assicurato il contadino che è stato spesso qui) devono ancora trovarsi pezzi di marmo. Questa torre parte che sia stata fatta costruire da Empedocle per cercare di conoscere a fondo le cause e gli effetti di questa terribile montagna in cui egli si gettò, alla fine, in preda alla disperazione per non essere riuscito a capire. Per dire la verità questa mi sembra una leggenda, come pure leggendario sembra il fatto che il filosofo abbia fatto edificare questa torre, perché anche lo stile di costruzione non sembra essere quello del tempo in cui è vissuto il filosofo. E' molto più probabile che questa sia stata una torre di guardia dei normanni che, da qui, potevano controllare tutta l'isola. Qui si trova la vetta più alta della montagna che ha una circonferenza di 6 miglia, nel cui centro c'è la bocca o il cratere da cui, costantemente, si alza un denso fumo nero. Il cratere è costituito da sabbia nera, da cenere e da pomice ed è alto 2 miglia: questa salita è stata, per me, la più faticosa perché ero già stanco dal giorno prima e perché, avanzando, affondavo nella sabbia fino alle ginocchia. Finalmente arrivai sulla cima più alta di questa montagna e mi meravigliai,  quando mi trovai ai bordi di queste imperscrutabili bocche, di vedere che erano molto larghe, tanto che vi si poteva accedere comodamente, e che non avevano quei passaggi stretti come il Vesuvio,  Io gettai sabbia e sassi nella voragine ma non sentii nessun tonfo di ritorno. Essa è imperscrutabile a causa del fumo che fuoriesce costantemente ed erutta, senza interruzione, come il Vesuvio, producendo un fermento come di onde in un mare tumultuoso e tormentato dalla tempesta o come il bollore di un grosso forno in cui si faccia fondere qualcosa. Il cratere non ha una circonferenza regolare ma è proteso verso levante, verso Catania, ed è più basso da un lato, come se la lava fosse fluita da lì. Da questa parte non si può arrivare alla bocca, prima perché la salita è troppo ripida e poi perché il fumo viene di fronte a chi sale.
(Segue)


Per leggere la pag. 1c, pigia Q u i

Nessun commento:

Posta un commento