lunedì 20 giugno 2022

Sicilia dei viaggiatori. Dal Barocco al Novecento (1b)

Dal Barocco alla Modernità Novecentesca

 LUOGHI CELEBRI DI CATANIA, SIRACUSA E PALERMO

di

John Dryden Jr.

UN VIAGGIO IN SICILIA E A MALTA NEL 1700-1701 - Parte I°

(...) Catania si trova ai piedi del monte Etna o, come lo chiamano ora, Mongibello, famoso sin dall'antichità per le sue eruzioni. In realtà, dalla città alla cima del vulcano ci sono trenta miglia tutte in salita. Essendo ormai inverno troppo inoltrato, ci fu umpossibile arrivare sulla vetta a causa della gran quantità di neve che la ricopriva. E' sorprendente vedere come tanta neve rimanga intatta vicino a così tanto fuoco e a tanto fumo. Di giorno le fiamme non si vedono ma di notte risplendono e sono orribili: è come se sulla cima di una grande montagna, o meglio sospesa in aria, ci fosse una città in fiamme: di notte poco o nulla è visibile della montagna. Ci inerpicammo, quindi, sul monte tanto quanto era possibile, cioè per 14 miglia, per osservare la più vicina bocca di fuoco apertasi proprio 32 anni fa e da cui fuoruscì un fiume di fuoco (ora chiamato "lava") talmente enorme da arrivare fin quasi al mare, sul lato di Catania. Poichè scendeva gradualmente e alla fine lentamente, la lava poi solidificandosi diventò roccia di colore grigio scuro, e lo è tuttora. Proprio con questo materiale la gente che vive sull'Etna ha costruito villaggi e piccoli paesi, ne ha ricavato materiale da utilizzare in vari modi traendo così vantaggi dalle proprie disgrazie.

Dopo aver finito di vomitare questa immensa quantità di roccia liquida incandescente, la bocca di fuoco cominciò a sputar fuori cenere mista a un materiale solido e, continuando a fuoriuscire  per lungo tempo, diede vita ad una pianura vasta più di dieci miglia: essa è ora cos' solida che gli zoccoli dei nostri cavalli riuscivano appena a scalfirla. In mezzo a questa pianura di cenere, la bocca fiammeggiante ha creato una montagna grande ed alta dello stesso materiale, che si presentava con due sommità. Per arrivare fin sulla cima ci arrampicammo rischiando di cadere e di romperci l'osso del collo: il terreno, infatti, non solo era ripido, ghiacciato, coperto da un sottile e scivoloso strato di neve e grandine, ma non era mai stato battuto in precedenza; pertanto, dato che era molto più pericoloso scendere che arrampicarsi, fummo costretti a far scavare con un badile gradini e punti d'appoggio  per i piedi. In epoche e momenti diversi, sotto la grande montagna che continua a vomitare lava, si sono aperte numerose bocche di fuoco che hanno formato molte montagne di cenere, alcune distanti più o meno dodici miglia, altre quattordici, anche se oggi nessuna di queste è attiva. Se ci è permesso paragonare le cose piccole alle grandi, l'Etna sembra una chioccia che sotto le sue ali cova tante montagne-pulcino. Quando arrivammo alla sommità di una di quelle montagne a due cime, guardando in basso osservammo che nonostante la bocca fosse completamente ostruita e intasata dallo stesso materiale, essa tuttavia fumava ancora ed emetteva esalazioni, pur se in piccola quantità. In un punto, poi,  si era accumulata una gran quantità di materiale del tutto simile allo zolfo puro. Ne presi qualche pezzo e lo misi in tasca; arrivato a casa ne gettai un pò sul fuoco pensando che sarebbe bruciato con lo zolfo. Le mie aspettative però andarono deluse: non solo non bruciò ma rimase lì come terra morta. Date le molte e frequenti eruzioni, è ammirevole il fatto che la gente si arrischi a costruire e a vivere in tanti piccoli villaggi costruiti tutt'intorno al vulcano. La campagna nei dintorni però è talmente fertile, sia per le viti sia per altri tipi di alberi da frutto, che gli abitanti -pur in continua paura e apprensione- scelgono di vivere lì piuttosto che abbandonare la loro terra e un suolo così fertile. Ci sono alberi di fico e altri alberi da frutto così sprofondati nella cenere che non si riesce a scorgere il tronco. Quando è la stagione, si vedono soltanto i rami superiori carichi di frutta in quanto la cenere arricchisce e nutre il terreno. L'uva, che gli abitanti riescono a conservare per tutto l'inverno, è la più dolce che io abbia mai mangiato in vita mia. Potemmo vedere anche un'altra meraviglia: un fosso ampio e profondo che in precedenza era stato un fiume ma che ora era completamente asciutto e ricoperto di alberi e roveti.

(Segue)

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