lunedì 7 febbraio 2022

Era il 7 febbraio

 1522

L’imperatore Carlo V divide il Sacro Romano Impero in due nuclei corrispondenti ai due gruppi nazionali preminenti, tedesco e francese, e al ramo familiare della casata Asburgo. 

Spagna, Paesi Bassi e le dipendenze in Africa, America e Italia andranno al figlio Filippo; Austria, Stiria, Carinzia e Carniola (assegnate dal Trattato di Worms del 1521), al fratello Ferdinando. 

1992 


I dodici Stati membri della Comunità europea (Italia, Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Danimarca, Grecia, Irlanda e Regno Unito) firmano il Trattato di Maastricht, che sancisce i parametri economici per partecipare alla Comunità europea (la quale viene sancita come “Primo pilastro” dell’Unione proprio da questo trattato).


Il cuore del Trattato di Maastricht è senza dubbio la moneta unica europea.

L’idea di Delors, quando nel 1984 diventa presidente della Commissione, è di utilizzare la moneta unica come strumento per l’integrazione politica europea. Delors rovescia il ragionamento di Spinelli: mentre i federalisti classici puntavano tutto sulla costituzione politica – con il risultato di scatenare il fuoco di sbarramento degli Stati nazionali – Delors considera che il modo migliore per avvicinare l’integrazione politica è di approfondire e rendere irreversibile l’integrazione economica e monetaria. Se Spinelli era un massimalista, Delors appare come un minimalista, perché parte dal basso, presenta i progressi nel processo integrativo come completamento del Mercato comune. Ma l’obiettivo è e resta identico: l’Europa unita.

Delors concepisce infatti il progetto di integrazione europea come un missile a tre stadi, ciascuno dei quali esprime la spinta sufficiente per passare a quello successivo. Primo, l’Atto unico (1986), con la conseguente creazione del Mercato unico; secondo, la moneta unica, sancita dal Trattato di Maastricht (firmato l’11 dicembre 1991), da realizzare per tappe entro il 1999; terzo, l’integrazione politica europea, con una configurazione istituzionale ancora da definire, ma in qualche modo collocata a mezzo fra federalismo e confederalismo. Dunque un processo schiettamente politico, che si presenta come inscritto in una logica economicistica per meglio resistere agli attacchi degli avversari dell’integrazione. (Rivista Limes)

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