mercoledì 16 febbraio 2022

Contessa Entellina. Da prospettive poco comuni

 Scaviamo sul territorio

per conoscere la vicenda umana.

Foto MIFC

Re Alfonso, il 17 giugno 1433, aveva concesso al monastero la completa esenzione fiscale da qualsiasi colletta o sussidio imposto dalla Corona e il nuovo pontefice, Eugenio IV, aveva risposto all’appello dell’abate che non si era voluto accontentare dell’esenzione regia e il primo aprile 1434, ritenendo che il monastero subisse un grave danno dal momento che venivano imposte ed estorte decime e sussidi a causa dei quali l’abate e i monaci «gravia frequenter subierunt hac tenus detrimenta» e considerando che ad prestationem solutionem et contributionem decimarum caritativorum subsidiorum et exactionum ac onerum huismodi quorumlibet quacumque occasione concessorum et concedendorum aut impositorum et imponendorum minime teneantur nec ad id a quoquam compelli possint, aveva liberato il monastero dal pagamento di qualsiasi contributo al sovrano, di decime, caritativi e sussidi prescritti loro abusivamente.

Nella lettera apostolica si legge che in quell’anno i monaci regolari observantia dediti erano ventiquattro. Pochi giorni dopo il pontefice, che accordava ai monaci la facoltà di costituire come giudice conservatore l’arcivescovo di Palermo o l’abate di San Martino delle Scale, ribadiva la sua benevolenza nei confronti del monastero e scriveva agli arcivescovi di Palermo e Monreale e all’abate del monastero di San Martino delle Scale disponendo che non permettessero che i monaci venissero molestati indebitamente sui loro beni e diritti subendo «gravamina seu damna vel iniurias».

(Maria Antonietta Russo)

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