domenica 23 gennaio 2022

Alle radici del Cristianesimo

  Vocabolario

I racconti biblici e la storia: La storia patriarcale è una storia di famiglia: raduna i ricordi che si conservano degli antenati, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe. E' una storia popolare che si sofferma sugli aneddoti  personali ne sui tratti pittoreschi, senza alcuna preoccupazione di unire questi racconti alla storia generale. E' una storia religiosa: tutte le svolte decisive sono segnate da un intervento divino e tutto vi appare come provviudenziale: concezione teologica vera da un pounto di vista superiore, ma che trascura l'azione delle cause seconde; inoltre i fatti sono introdotti, spiegati e ragruppati per dimostrare una tesi religiosa: c'è un Dio che ha formato un popolo e gli ha dato un paese; questo Dio è Jahce, questo popolo è Israele, questo paese è la terra santa. Ma questi racconti sono storici nel senso che narrano, alla loro maniera, avvenimenti reali; danno una immagine fedele dell'origine e delle migrazioni degli antenati di Israele, dei loro legami geografici ed etnici, del loro comportamento morale e religioso. I sospetti che hanno circondato questi racconti dovrebbero cedere davanti alla testimonianza favorevole che loro apportano le scoperte recenti della storia e dell'archeologia orientali. (Gianfranco Ravasi, biblista italiano, teologo ed ebraista, cardinale   18-10-1942).

Un personaggio alla volta

Quando l'inquietudine  è 

spinta al cammino.

1)   Non c'è da stupirsi che proprio i matematici si siano dimostrati particolarmente interessati a una certezza incondizionata, assoluta, nel campo della vita e del sapere. Abituati alle più alte esigenze di certezza, essi, infatti non potevano non rimanere affascinati dalle conoscenze evidenti e indipendenti dall'esperienza (a priori), che la matematica rende possibili. Perchè la verità non dovrebbe poter essere stabilita con una sicurezza quasi matematica, che la sottragga a tutte le fluttuazioni dell'opinione privata e pubblica, anche al di fuori dell'ambito, in verità molto astratto, dei numeri puri e delle possibilità pure, e cioè nella concreta realtà della vita? Nell'età moderna la certezza della matematica, una certezza cioè che esclude qualsiasi dubbio, è diventata l'ardente aspirazione dei filosofi. Con il nuovo ideale conoscitivo ha avuto inizio una nuova epoca, l'epoca del calcolo, dell'esperimento, delle scienze naturali esatte.  Hans Küng, teologo, presbitero e saggista, 1928 - 2021)

2) "Dio è sempre stato, è, e sarà. Ovvero, per dir meglio, sempre è. Infatti «era» e «sarà» sono particelle del nostro tempo e dell’effimera natura. Egli, al contrario, è colui che sempre è. D’altronde, lui stesso si presenta così quando pronuncia l’oracolo a Mosè sul monte (cf. Es 3,14).  Egli racchiude infatti in se stesso tutto ciò che esiste, senza essere limitato, da parte sua, da nessun principio e da nessuna fine: uno sconfinato e interminabile mare di essere, al di là d’ogni concetto di tempo e di spazio. Il pensiero umano può soltanto abbozzarne una vaga immagine, certamente inadeguata e imprecisa, percependo non già quanto in lui si trova, ma quanto lo circonda. Raccogliendo così, una dopo l’altra, le impressioni che se ne ricavano, si perviene a un simulacro di verità che sfugge e sparisce ancor prima di essere posseduto e compreso, illuminando e purificando la nostra parte più nobile con la rapidità di un fulmine balenante davanti agli occhi. (Gregorio Nazianzeno, vescovo e teologo greco antico, 329-390)

 

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La scienza di Dio, dal testo di Sergio Zavoli

Se Dio c'è.

Zavoli: .. E' in atto un certo ravvedimento nelle pretese razionalistiche della teologia di definire Dio, la verità, la storia, l'etica. Prima i teologi mettevano l'accento sulla certezza che la teologia in quanto scienza riusciva a raggiungere, oggi si assiste al movimento contrario; prima la parola-cardine era "verità", oggi è "libertà".

Piero Coda (teologo): Si può parlare di un ravvedimento della teologia come pretesa d'essere una scienza, ma solo dove per scienza s'intenda un approccio meramente razionale -addirittura razionalistico, come lei dice- al Mistero di Dio. Ma allora questo genere di scienza diventa non una scala verso Dio, bensì un diaframma posto fra noi e lui; trasforma in una sorta di zavorra il movimento dinamico della fede personale che accoglie la rivelazione di Dio. Invece, se per scienza s'intende uno studio del mistero di Dio che obbedisca alla qualità del rigore, della coerenza, dell'approfondimento, e della comunicazione oggettiva della verità donataci in Gesù Cristo, allora penso che questo tipo di scientificità non solo convenga alla teologia, ma le sia addirittura connaturato. Intendo una scientificità che alla fine sia espressione di sapienza, cioè consapevole dell'umanità del conoscere, con tutti i suoi limiti, e, insieme, della luce che viene da Dio, per entrare in consapevole e responsabile relazione con lui; sapendo che Dio, per l'uomo, rimarrà il mistero che lo trascende. D'altronde, l'esperienza umana di Dio avviene in molti modi, non sempre assimilabili gli uni agli altri.

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Oggi nella Chiesa cattolico-bizantina

viene proclamato il Vangelo di Luca 19, 1-10. 

L'incontro a Gerico fra Gesù e Zaccheo.

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