domenica 26 dicembre 2021

Un personaggio alla volta (2)

Leggere la prima parte (Pigiando qui)

Ci piace riportare la seconda parte del testo che lo storico Casarrubea dedica a Danilo Dolci -cristiano anomalo-, ricordato da uno storico di vicende siciliane per il riscatto sociale, nel secondo dopo-guerra.

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 L'Europa è avvelenata dai nazionalismi reazionari -gli scrittori sempre da Perugia il 16 maggio 1961-, l'America ha troppe tentazioni di titanismo imperialistico e affaristico che può portare al bellicismo e a spazzare via gli avversari, come disturbatori "dell'ordine americano". Invece quel lavoro paziente di comunità non violenta che studia se stessa e forma strumenti per guidarsi ed elevarsi, è veramente l'indicazione di un ritmo più pacato, di un vivere dove ci si conosce e ci si controlla insieme, e dove si progredisce rispettando sempre più la vita.

Immagine di una delle tante
marce pacifiste organizzate da
Danilo Dolci per il riscatto delle
tante aree occidentali della Sicilia
dagli anni Cinquanta/Sessanta.

La realizzazione della diga Garcia
è anche un merito suo.
 E che fosse prevalente, anzi, causale, il senso religioso della vita vissuto nella prassi quotidiana del rapporto con l'uomo e i suoi problemi, a partire da quelli più gravi, era esplicitato in un'altra lettera dell'anno successivo, quando Capitani tornava a parlare  degli estremisti francescani umbri del Duecento e del Trecento, abituati a mangiare pane e qualche oliva "ma che crearono le premesse della filosofia moderna dell'individuo (da Occam a Leibniz) e le premesse del nostro lavoro social-religioso, appunto perchè anti-autoritario". Questa centralità, che è religiosa ma si riconduce anche all'esperienza dell'antifascismo, accomuna, su un piano generazionale quasi conseguente, Dolci e Tullio Vinay (La Spezia 1909 - Roma 1996), quest'ultimo una delle maggiori personalità del protestantesimo italiano e mondiale, che a Riesi, paese tra i più poveri dell'interno della Sicilia, aveva fondato nel 1961 una comunità laico/religiosa, al servizio della crescita di quella popolazione. Non si tratta di intellettuali mossi da capricci filantropici; ma, al contrario, di uomini che volevano sperimentare la possibilità di un diverso modo di esistere, e di agire, di rapportarsi con l'universo, a partire dagli anelli più deboli.

 Nonostante le diversità culturali, politiche e umane, tra questi intellettuali del '900, non si può sottovaslutare il dato che proprio in questo secolo, carico di tragedie e di insegnamenti, sulle ceneri del fascismo e del nazismo europeo, affondano le radici di una concezione innovativa dello Stato e della società che è giusto non smarrire, se non a costo di una perdita di senso e di prospettiva di quelle azioni che hanno fondato le ragioni della democrazia sostanziale, il sogno di un mondo nuovo. La pace nel mondo, il rispetto per l'ambiente,  l'attenzione per la non-violenza come metodo di crescita, la condanna di ogni guerra, l'ottimismo nell'uomo, sono il denominatore comune, il tessuto connettivo sul quale, in contrasto con ogni dottrinarismo, si cimentano le esperienze di uomini di così diversa provenienza geografica, ma così straordinariamente uniti, nella costruzione di un mondo diverso. Per tutti la Sicilia è, conclusa la tragedia del fascismo, frontiera,  luogo delle battaglie concrete in cui ciascuno misura, da diverse angolature, la scommessa che ha fatto con se stesso. Per Giorgio La Pira, ad esempio, valgono, succintamente, per tutte, opere come  L'attesa della povera gente, LEF, Firenze 1978; Le premesse della politica. Architettura per uno stato democratico, LEF, Firenze 1978; La casa comune. Una Costituzione per l'uomo, Cultura Editrice, Firenze 1979; Il sentiero di Isaia, Cultura Editrice, Firenze 1979. Per Dolci, Voci nella città di Dio, Mazara, Società Editrice Italia, 1951; Fare presto (e bene) perchè si muore, Torino, De Silva 1954; Banditi a Partinico, Bari, La Terza, 1955; Processo all'articolo 4, Torino, Einaudi, 1956; Inchiesta a Palermo, Torino, Einaudi, 1960; Conversazioni, Torino, Einaudi, 1962; Chi gioca solo, Torino, Einaudi, 1962.

Per Vinay la realizzazione della Comunità Agape, tanto vicina al Borgo di Dio di Dolci. Per Levi, il suo scavo nelle piaghe della Sicilia, per comprenderle, additarne i confini, curarle, attraverso la denuncia, l'azione sociale.

Ma di fronte ai mali del mondo, e soprattutto alla guerra, all'oppressione e alla dittatura, alla miseria che uccide le energie dell'uomo, Dolci matura e definisce, in modo irreversibile, la sua scelta, politica e civile,  per una azione sociale dal basso, la cui opinione di fondo è l'obiezione di coscienza. Su questa si innerva tutta la sua esperienza successiva.

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