venerdì 10 dicembre 2021

Protagonismi e riflessioni. Il Novecento e ... adesso

 A tutti capita di rivedere, di imbattersi -durante lunghe giornate in cui si è costretti a stare a casa- in carte, appunti, riviste conservate da tanto tempo e di cui si era persino dimenticato il ricordo.

 In queste lunghe giornate di pioggia continua (piove dai primi giorni di Novembre) mi è venuto lo stimolo di ri-aprire cassettoni e ripostigli e tirare fuori carte risalenti a decenni fa su politici e uomini di cultura molto in auge in passato e magari tuttora in auge, seppure infiacchiti più dall'età che dal naturale mutare dei gusti politici e culturali. Ho potuto quindi rileggere il pensiero di alcuni protagonisti della vita pubblica in auge in anni trascorsi e di raffrontarlo con quello dei nostri giorni..

 Su un fascicolo della rivista Segno, edita a Palermo nel 1997, mi ha molto incuriosito il pensiero di Leoluca Orlando circa il "Pentimento e la Politica" sviluppato -in quell'occasione e in quel periodo- nel corso di un confronto-dibattito con Luciano Violante, Gad Lerner e Paolo Flores d'Arcais. Tre uomini impegnati da sempre in politica, nella cultura e nel protagonismo pubblico del nostro paese.

 Il tema che essi affrontarono in quell'occasione, "Pentimento e politica", mi ha stimolato a leggere (o forse rileggere) a distanza del parecchio tempo trascorso dalla pubblicazione, alcune pagine della trascrizione di quel dibattito. Da qui l'idea di riportare alcuni passaggi sul pensiero -di allora- di Orlando.

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 ..."Pentimento e politica" è il tema dell'incontro...  Vorrei accompagnare questo saluto con brevissime considerazioni sul tema. Intanto, io credo che sia opportuno relativizzare il pentimento: il pentimento è un processo, non è certo una condizione stabile; il pentimento coinvolge in maniera diversa le singole persone che si pentono.  Pensare che esista una possibilityà di misurazione quantitativa del pentimento è in contrasto con la dimensione personale e con la dimensione processuale del pentimento.

  In secondo luogo, il pentimento è, per definizione il rifiuto dell'ambiguità: ci si pente se si è stanchi di essere ambigui. Ma il pentiment, oltre che rifiuto dell'ambiguità, è anche accettazione della non-perfezione; è alternativo alla perfezione. Se qualcuno ha l'idea che la perfezione sia di questa terra, evidentemente si colloca in una posizione alternativa rispetto al pentimento;  se qualcuno immagina chew si possa essere ambigui, si colloca in una posizione alternativa rispetto al pentimento. E' evidente che le cose che ho detto vanno poi verificate caso per caso. Ma quello che vorrei dire è che pensare che si mpossa misurare quantitativamente il pentimento -per cui, dall'esterno, qualcuno possa dire "tu sei più pentito di un altro ma se vuoi essere veramente pentito devi fare qualche altra cosa"- credo sia un atto di violenza nei confronti del pentimento. Purtroppo, la parola pentimento si intreccia con l'espressione "pentimento in senso civile" ma anche con l'espressione "pentimento in senso religioso"; in particolare in una realtà come la nostra, fortemente condizionata dalla fede cattolica, dove il pentimento si accompagna alla confessione e la confessione si accompagna alla chiusura delle pendenze morali con la divinità su questa terra. Voi comprendete, quindi, come spesso il pentimento, che per definizione è rifiuto della perfezione, supportato dalla confessione,  rischi invece di diventare sublimazione della perfezione su questa terra. Come questo sia pericoloso e fonte di ambiguità credo non sfugga a nessuno.

A me però non è dato di andare oltre in queste considerazioni, essendo il Presidente Violante che dovrà intyrattenerci sul tema di "Pentimento e politica".  Ed è con questa premessa che prego Nino Fasullo di assumere il ruolo di coordinatore di questa che costituisce un'importante realizzazione all'interno di questa sua creatura che è la 3° Settimana Alfonsiana.

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