martedì 2 novembre 2021

Tra politica ed economia. Pure i paesi ricchi hanno un cuore?

 Fra le poche innovazioni venute fuori dalla riunione G20 svoltasi a Roma c'è la revisione del sistema fiscale globale che costringerà alcune delle più grandi aziende del mondo (Amazon, e non solo..) a versare circa 150 miliardi di dollari di entrate fiscali aggiuntive ogni anno.

Joe Biden e il presidente francese Emmanuel Macron, hanno convintamente approvato le proposte già il primo giorno del vertice del G20 a Roma, stando a quanto riportano i giornali.

La novità sarebbe arrivata in seguito a negoziati politicamente tesi (=bracci di ferro) sotto l'occhio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Se volgiamo lo sguardo ad alcuni anni fa, ci tornano alla memoria la Washington di Trump che minaccia diversi paesi europei di una guerra commerciale contro i governi di Parigi, Roma e Londra che avevano autonomamente approvato tasse digitali rivolte a marchi del calibro di Google e Facebook.

L’Unione europea è rimasta bloccata dagli scontri interni con paesi come l’Irlanda per intenzionalmente hanno sempre mantenuti bassi, bassissimi, regimi di imposta sulle società extra UE.

I paesi in via di sviluppo hanno sempre decunciato di non riuscire a  recuperare le entrate fiscali dalle multinazionali.

Col nuovo accordo G20 cosa cambierà ?

A) C'è il cosiddetto Pillar One che consentirà a ciascun governo di tassare le prime 100 aziende del mondo, al di sopra di una certa soglia, sulle loro operazioni all’interno dei singoli paesi. Le aziende devono avere un margine di profitto di almeno il 10% e un fatturato annuo superiore ai 20 miliardi di dollari.

Questi profitti saranno tassati dai paesi in cui le aziende fanno i loro soldi. Finora le aziende hanno rimpatriato questi fondi nei loro mercati interni. Il sistema Pillar One dovrebbe entrare in vigore entro il 2023 e distribuirà circa 125 miliardi di dollari di entrate fiscali, tra più di 130 paesi in tutto il mondo.

Col secondo pilastro della riforma immaginata dal G20, i paesi accetteranno un’imposta societaria minima globale del 15% in modo che le imprese multinazionali non possano sfruttare i paradisi fiscali e altre giurisdizioni a bassa tassazione per evitare di pagare la loro giusta quota. Con quest'altra misura verranno generate ulteriori 150 miliardi (in dollari) di entrate fiscali annuali a livello globale.

A cosa vuole rimediare il G20?

La pandemia di COVID-19 ha messo in luce che le più grandi aziende del mondo, quasi tutte giganti digitali, hanno continuato a trarre profitto anche con l’economia globale in affanno.

Prima della crisi sanitaria globale, paesi come la Francia di Macron chiedevano modifiche al regime fiscale globale per costringere i più grandi nomi della Silicon Valley – molti dei quali pagavano poche o nessuna tassa nei paesi in cui vivevano i loro clienti – a trasferire più entrate fiscali a governi di tutto il mondo.

Gli Stati Uniti di contro avevano differenti punti di vista. Donald Trump ha sempre rifiutato le proposte dell’OCSE, sostenendo che qualsiasi rinnovamento fiscale globale dovrebbe essere semplicemente volontario per le aziende. I colossi mondiale avrebbero dovuto scegliere essi dove pagare per i loro profitti. La posizione USA è cambiata sotto l’amministrazione Biden, che ha offerto la tassazione dei primi 100 paesi del mondo, sia digitali che non digitali, come parte delle modifiche fiscali.

Si tratta di un buon accordo?

E' ovvio che si è trattato di un compromesso. Quei paesi dell’UE, che avevano approvato le proprie tasse digitali nazionali, hanno accettato di ritirare tali imposte, non appena l’accordo generale sarà in vigore, ossia entro il 2023.

Gli Stati Uniti hanno accettato di condividere con altri paesi parte del gettito. I movimenti politici più a sinistra di ogni paese non hanno cessato di criticare l'intesa fra i Grandi della Terra. Sostengono che i paesi in via di sviluppo vedranno solo entrate fiscali aggiuntive marginali 

Ovviamente tante aziende dell'Informatica non sono contente che le loro aziende siano state incluse mentre altri giganti globali di altri settori, come i servizi finanziari e l’estrazione mineraria, sono stati volutamente esclusi -in questa fase- dall’accordo.

 Ma la sfida avviata alle tassazioni delle Big Tech rappresenta un concreto primo passo avanti per la soluzione globale del problema della giustizia sociale ed economica a dimensione più ampia di come finora intavolata nel contesto dell'umanità.

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