giovedì 25 novembre 2021

Epidemia e Pandemia. Storie del passato e di adesso

 La pandemia -il Covid 19- è una malattia infettiva epidemica che si diffonde rapidamente in più aree geografiche del Mondo, così da coinvolgere parecchie migliaia, milioni,  di persone.

  Secondo la definizione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per pandemia è da intendere la diffusione in tutto il Mondo di una nuova malattia e, generalmente, indica il coinvolgimento di almeno due continenti, con una sostenuta trasmissione da uomo a uomo.

  L'espressione "pandemia" si applica alle malattie scatenate da un agente patogeno (per tanto il cancro non è una pandemia, nonostante sia ampiamente diffuso in tutto il Mondo). Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, le condizioni necessarie affinché si possa verificare una pandemia propriamente detta sono: A) Comparsa di un nuovo agente infettante. B) Capacità di tale microrganismo di colpire l'essere umano. C) Capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.

Una situazione è l'Epidemia: manifestazione frequente e localizzata - ma limitata nel tempo - di una malattia infettiva, con una trasmissione diffusa del virus, altra situazione è la PANDEMIA: quando un'epidemia si diffonde rapidamente attraverso vastissimi territori e continenti, colpendo un vasto numero di individui in diversi Paesi del mondo.

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Da un piccolo volumetto di Storia della Sicilia -pubblicato qualche anno fa da Amelia Crisantino- che ripercorre la storia dell'Isola dai tempi più lontani a quelli recenti, ci piace estrapolare due paginette dedicate alla "peste", su come essa -nei secoli andati- si è presentata e su come è stata affrontata.

La peste

    Dal 1347 in cui scoppia la peste nera all'ultima epidemia, che risale il corso del Nilo nel 1844, la paura della peste è la madre di tutte le paure che circolano nel Mediterraneo. E' il timore della norte in agguato su ohni nave che approda, su ogni carico di merci che il contrabbando riesce a far passare aggirando i divieti. Tutta l'Europa sembra impegnarsi nell'impresa di esorcizzarla, mentre la frequenza  delle epidemie spinge  a considerare pericolosa  l'Africa settemtrionale e occidentale, l'Oriente, Gibilterra. Insomma tutti quei posti che per essere lontani  e sconosciutri finiscono per divenire sospetti.

    Nel 1575 le disposizioni del protomedico Giovanni Filippo Ingrassia salvano Palermo: sono rimedi che riguardano soprattutto l'igiene, e cominciano col licenziamento degli spazzini di strade "che veggo ordinariamente che veggo ordinariamente piene di cani morti, gatti ed altri animali" scrive -a epidemia conclusa- il medico Ingrassia nell'Informazione del pestifero et contagioso morbo, libro che tradotto in latino  fa il giro d'Europa  e lo rende famoso. Ingrassia denuncia le malsane condizioni di una Palermo lagunare, edificata fra acque stagnanti dove lentamente i rifiuti vanno in putrefazione, sprovvista di una sistema fognario, coi pozzi neri scavati accanto a quelli urbani che facilmente ne rimangono inquinati. Ma l'esperienza verrà dimenticata  e nel 1837 , in una Palermo ancora indifesa, il colera provocherà disastri.

    L'ultima peste occidentale è quella di Messina, nel 1743. Come tutti i più importanti porti del Mediterraneo la città ha un lazzaretto, ma non è possibile proteggersi dalle frodi che preparano la rovina, L'epidemia arriva a bordo di un mercantile genovese proveniente da Patrasso, dove la peste infuria; il comandante ha falsificato i documenti e la nave è stata ammessa alla quarantena. Quando inizia l'abitualre contrabbando  i risultati sono disastrosi: muore il 71,5% della popolaqzione, il contaggio passa lo stretto e a Reggio i morti sono più deln 50%. Il ricordo della peste di Messina favorisce l'istituzione di una magistratura sanitaria permanente, e accresce la diffidenza verso navi ed estranei che arrivano dal mare; a un turista che diventerà famoso come Vivant Denon è negato l'approdo, Hélèn Tuzet scrive: "a Terranova puntano i fucili sui passegeri che insistono  per avere almeno pane e acqua".   

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