lunedì 4 ottobre 2021

Alle radici della Storia d'Italia e di Sicilia: dall'Ottocento ad oggi (5)

Il 18 febbraio 1861 è inaugurata l'VIII Legislatura del Regno 

con il discorso della Corona a Camere riunite. 

La seduta si svolge nell'Aula della Camera 

dei deputati di Palazzo Carignano a Torino.

  Riportiamo il testo del discorso di Vittorio Emanuele II per quella prima seduta inaugurale del Parlamento italiano.  Il discorso -come d'uso- fu preparato dal primo ministro, Cavour.

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Signori Senatori, Signori deputati.

Libera, ed unita quasi tutta per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei popoli e per lo splendido valore degli eserciti, l'Italia si confida nella virtù e nella sapienza Vostra.

A voi si appartiene il darle istituti comuni, uguali e nen distribuiti carichi e vantagi e stabile assetto. Nello attribuire le maggiori libertà amministrsative a popoli che ebbero consuetudini e ordini diversi vaglierete perchè la unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata. L'opinione delle genti civili ci è propizia; ci sono propizi gli equi e liberali  principi che vanno prevalendo nei consigli d'Europa. L'Italia diventerà per essa una guarentigia di ordine e di pace e ritornerà efficace strumento della civiltà universale. L'Imperatore dei Francesi, mantenendo ferma la massima del non intervento a noi sommamente benefica, stimò tuttavia di richiamare il suo Inviato, Se questo fatto ci fu cagione di rammarico esso non alterò i sentimenti della nostra gratitudine nè la fiducia  nel suo affetto alla causa italiana. La Francia e l'Italia, che ebbero comuni la stirpe, le tradizioni, il codstume, strinsero sui campi di Magenta e di Solferino un nodo che sarà indissolubile.

Il governo ed il popolo d'Inghilterra, patria antica della libertà, affermarono altamente il nostro diritto ad essere arbitri delle proprie sorti, e ci furono larghi e confortevoli di uffici, dei quali durerà imperitura la riconoscente memoria. Salito sul trono di Prussia un leale ed illustre Principe, gli mandai un ambasciatore a segno di onoranza verso di lui, e di simpatia verso la nobile nazione germanica; la quale, io spero,  verrà sempre più nella persuasione che l'Italia,  costituita nella sua unità naturale,  non può offendere i diritti nè gli interessi delle altre nazioni.

   Signori Senatori, Signori Deputati.

Io sono certo che sarete solleciti a fornire al mio governo i modi di compiere gli armamenti di terra e di mare. Sosì il Regno d'Italia posto in condizione di non temere offesa troverà più facilmente nella coscienza delle proprie forze la ragione della opportuna prudenza.

 Altrà volta la mia parola suonò arditamentosa, essendo savio così lo osare a tempo, come lo atten dere a tempo. Devoto all'Italia non ho mai esitato a porre a cimento la vita e la corona; ma nissuno ha il diritto di cimentare la vita e le sorti di una nazione. Dopo molte segnalate vittorie l'esercito italiano crescenre ogni giorno in fama e conseguiva nuovo titolo di gloria, espugnando una fortezza delle più formidabili. Mi consolo nel pensiero che là si chiudeva per sempre la serie dolorosa dei nostri conflitti civili. L'armata navale ha dimostrato nelle acque di Ancona e di Gaeta che rivivono in Italia i marinari di Pisa, di Genova, di Venezia. Una valente gioventù, condotta da un Capitano che riempì del suo nome le più lontane contrade, fece manifesto che nè la servitù nè le lunghe sventure valsero a snervare la fibra dei popoli italiani. Questi fatti hanno inspirato alla nazione una grande confidenza nei propri destini.

Mi compiaccio di manifestare al primo Parlamento d'Italia la gioia che ne sente il mio animo di Re e di Soldato.

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