lunedì 22 marzo 2021

Terre martoriate. Mafia, brigantaggio, emigrazione .. (7)

Per leggere la prima parte del Giornale di Sicilia del 6-7 gennaio 1904, pigia (q u i ) e ancora (q u i ). Quanto segue è la continuazione di un articolo già diviso in due parti e adesso  seguec la terza parte.

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Ancora il Sanguinoso conflitto di Bisacquino

Nuovi interessanti particolari

Il brigante galeoto uccisore della guardia Filetto - La

felice temerarietà dell'agente Cocuzzella - L'invio

dei primi soccorsi sul luogo - Un anedotto su Mirto

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Contessa Entellina -(Scanderberg)

Un anedotto sulla vita brigantesca di

Mirto

  E' nota l'audacia del brigante testà ucciso, che riuscì sempre a sfugire alla ricerca della polizia, anche quando si trovò  in alcuni luoghi accerchiato da tutte le parti. Ed è noto altresì  come crescesse la sua audacia di giorno in giorno, convincendosi sempre più come non fosse difficile, nonostante i servizi straordinari  di polizia, a scorazzare per le campagne liberamente, ad imporre taglie, a consumare le più feroci  vendette.

  Da persona attendibile ci viene riferito un anedotto che dimostra come pari alla grande, straordinaria audacia fosse il suo sangue freddo. Or sono due anni circa, la madre del Mirto, Irene Di Maggio, si trovava assai gravemente ammalata e le autorità che tenevano sempre d'occhio la casa di lei, supponendo che l'affetto trascinasse fin là il brigante, disposero un servizio di appiattimento, la cui direzione fu affidata al brigadiere dei carabinieri. Quello che il comandante la tenenza di Monreale aveva preveduto si avverò. La Di Maggio peggiorava di giorno in giorno ed era quasi in fin di vita e il Mirto non potè resistere al desiderio di vederla per l'ultima volta.   Il brigadiere dei carabinieri ed i suoi dipendenti però non si allontanarono un istante, nè giorno, nè notte, dai pressi della casa, dove, dunque, era impossibile penetrare inosservati. Mirto ricorse ad un stratagemma: indossò una divisa da furiere e corse verso casa sua. Scorgendo il brigadiere dei carabinieri, andò diritto verso di lui ed audacemente gli chiese da che parte fosse la casa della Di Maggio.

-E lei che cosa viene a fare ? - chiese il brigadiere.

-Sono suo nipote - rispose franco il Mirto - e venuto in licenza, vorrei vederla.

  Il brigadiere notò che il giovane aveva aveva veramente un'aria marziale e ritenne che non vi potessero essere dubbi sulla sua qualità, pure per abbondare in cautela, s'offrì d'accompagnarlo per indicargli la casa. Mirto, appena giunto, si avanzò lestamente per il primo e facendo un segno impercettibile alla madre, che comprese tosto,  esclamò: 

-Cara zia, come stai?

e ciò dicendo corse ad abbracciarla.

-Tu qui? -chiese la vecchia, frenando a stento la piena del suo affetto.

-Si, sono in licenza e non ho voluto ripartire senza rivederti.

-E come sta Peppino ? -chiese poi il Mirto, alludendo a se stesso.

Allora la povera madre potè, liberamente, dinanzi il brigadiere dei carabinieri medesimo,  sfogare il suo risentimento, esporre  le sue ansie dolorose. Il Mirto si trattenne alquanto, poi abbracciata la vecchia, salutato e ringraziato il brigadiere, andò via.

L'indomani pervenne al tenente dei carabinieri di Partinico una lettera con la quale il brigante lo ringraziava della scorta d'onore avuta il giorno innanzi nel rendere visita alla madre.

L'arrivo a Palermo delle guardie ferite

Ganci e Furnari

  Come si era annunziato, stasera nel treno che sarebbe dovuto arrivare alle 19,49 e che invece giunse alle ore  20,5, vennero trasportate le due guardie ferite Ganci e Furnari. Esse erano accompagnate dal vice-brigadiere Giuseppe Caruso e dalla guardia municipale di Roccamena, Giuseppe Palmeri.

  I due feriti vennero trasportati su un carro da Roccamena alla stazione Beatrice ove giunsero alle ore 15, dopo quattro ore di viaggio, accompagnati dalla guardia municipale e dal delegato Navarro. Questi alla stazione di Ficuzza venne sostituito dal vice brigadiere Caruso.

  Nella vettura di seconda classe, ove i due feriti furono fatti viaggiare, era stato situato sui sedili un materasso, sul quale era stato adagiato il Ganci, che, essendo ferito al fianco, aveva bisogno delle maggiori precauzioni.

  Alla stazione erano ad attenderli i tenenti delle guardie Giuliani e Stagi, il vice-brigadiere Orlando ed una guardia del gabinetto del prefetto, espressamente mandato per dare  al capo della provincia notizie dei due feriti. Alla stazione erano pure, per incarico del prefetto i dottori Salerno e Spadafora della Croce Rossa, nonchè il commissario Agnese, un maresciallo e  quattro guardie con due barelle.

  All'ospedale militare il sottotenente Naccari apprestò intelligenti ed affettuose cure ai due feriti. Il Furnari, però, appena medicato potè andare via e recarsi alla caserma di Sant'Agostino.

 Che cosa raccontano i due feriti

   Il Furnari narra che egli, che procedeva per il primo , vide dinnanzi alla masseria degli animali e che al suo apparire uno sconosciuto si fece innanzi,

  Alla distanza diu cinquanta passi egli chiese a colui:

-Chi c'è li dentro?

Lo sconosciuto rispose:

-Io sono il proprietario.

-Se siete il proprietario, fatevi innanzi- ribatte il Furnari.

  A questa intimazione, lo sconosciuto spianò il fucile contro l'agente, che a sua volta puntò la carabina contro il malfattore gridando:

-Giù le armi!

  Però, anzicchè ubbidire il malfattore esplose due fucilate, che andarono a vuoto. La guardia volle rispondere al fuoco, ma il colpo fece cecca. Il Furnari allora ripiegò da un lato per porsi al riparo dietro un muro, ma mentre osservava il suo fucile, venivano dalla finestra della masseria sparate altre due fucilate che andavano pure a vuoto. Intanto stavano per sopraggiungere gli altri quattro uomini della squadriglia e il Furnari si affrettò ad avvewrtirli che si sparava dalle finestre. Egli veniva subito raggiunto dal Ganci,  mentre gli altri tre, Visconti, Filetto e Cocuzzella procedevano innanzi verso il cortile della masseria. Quel che sia accaduto da questo momento in poi il Furnari non sa. Egli udiva delle grida, e distintamente quelle che provenivano dalla masseria e che dicevano:

-Aiutu, ca staiu murennu!

Il Furnari ritenne sulle prime che tali grida fossero di qualche pastore preso da panico; ora però crede che gridasse il suo compagno Filetto, appena venne colpito. Il Furnari aggiunge che dal punto in cui lui ed il Ganci si trovavano non si scorgeva  che una finestra, alla quale,  ben riparato,  se ne stava uno dei malfattori, che, scoprendosi il meno possibile, si affacciava di tasnto in tanto per sparare.

  Dallo stesso punto egli scorgeva il Cocuzzella che,  situato in punto dal quale non poteva essere colpito nè dalla finestra, nè dalla porta della masseria, custodiva un individuo ammanettato, , tenendo sempre spianato il fucile. Ad un certo punto, mentre il Firnari, caricando il suo fucile sporgeva il braccio fuori dal masso, dietro al quale se ne stava nascosto,  venne colpito al gomito da una fucilatas tirata dal malfattore che era alla finestra. Cosi pure, poco dopo,  venne ferito il Ganci al petto, al lato destro, presso la mammella, dall'alto in basso, in guisa che il proiettile riuscì dal fianco sinistro, fortunatamente senza ledere gli organi interni.

  Nello stesso momento in cui il Ganci veniva ferito,  questi sparava a suas volta contro il suo feritore che da quel momento non si fece vedere. Sicchè tanto il Furnari, quanto il Ganci ritengono che il loro avversario fosse appunto il Mirto, rimasto ucciso appunto dalla fucilata del Ganci.

(Segue)

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Nota del Blog.

Con la pubblicazione di alcuni articoli ripresi dal Giornale di Sicilia di oltre un secolo fa, oltre a narrare le vicende banditesche sul territorio prossimo a Contessa Entellina, ci siamo proposti di scoprire chi sia il milite sepolto nel locale cimitero, sotto una tomba con una colonna che vi si erge sopra.  Lo capiremo meglio con la prossima ed ultima pagina che -per il momento- ci proponiamo di pubblicare.

La trascrizione di questi testi giornalistici ci aiutano a capire il mondo difficile che fu dei nostri nonni e bisnonni.

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