martedì 16 febbraio 2021

Tempi passati. Sfogliamo un libro scritto da un siciliano (7)

 Riflessioni  di G.A. Borgese dal testo: GOLIA, marcia del Fascismo

 LO SFONDO STORICO

Dante

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I miti di Roma

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  I miti di Roma

Per quanto deluso nelle sue immediate speranze, Dante non mutò convincimento, e trasse occasione dalla non desiderata vacanza politica per terminare la Divina Commedias, rimasta a lungo arenata, e cosi morire avendo infiner compiuto qualcosa.  Il suo sistema politico si irrigidì, se possibile, maggiormente, passando dal guelfismo convenzionale ed ereditario della sua famiglia e della sua città che ne aveva fatto un partigiano della Santa Sedfe, al ghibellinismo radicale, che reclamava un'autorità imperiale assoluta incontrollata e non spartita con altre potenze terrene, e direttamente ispirata da Dio. Gli assiomi fondamentali sui quali riposava il suo sistema della Monarchia, sono validi anche per lo spirito modermo, così come palesemente sono falsi in gran parte i corollari che egli pretese dedurne. Non c'è nulla da obiettare al primo principio di Dante: che la civiltà umana ha una meta unitaria, e che questa meta unitaria è la perfettibilità dello spirito umano nel conoscere come nell'agire. Si può accogliere agevolmente anche il secondo assioma: che nel procedere verso quella meta, unitaria, occorre la pace universale e questa non è possibile senza una organizzazione politica unitaria dell'umanità. Ma non era che superstizione affermare che tale organizzazione doveva essere l'Impero romano, eventuialmente nella persona di un sovrano tedesco, di un despota illuminato, miracoloso dispensatore di libertà, santità ed ogni sorta di benedizioni su tutti gli uomini, e che i comuni e le nazioni, Firenze e Francia e Inghilterra potessero e dovessero essere estirpate  come mala erba.  Dante rivela chiaramente una tendenza moderna quando dichiara che l'organizzazione politica e sociale dev'essere autosufficiente e non condizionata all'approvazione della Chiesa; ma come non gli era riuscito di diventare eretico, era altrettanto incapace d'andare così lontano da proclamare la libertà e la tolleranza religiosa. La Chiesa romana continuava ad essere per lui la depositaria della verità eterna e la dispensatrice della felicità eterna. Fra le condizioni per la felicità ewterna intorno alle quali la Chiesa era infallibile, e quelkle per il benessere e la giustizia sulla terra l'infallibilità delle quali apparteneva all'Impero, poteva darsi un conflitto. Ma quale delle due infallibilità doveva prevalere ? In altre parole, quale era, in definitiva, l'infallibilità infallibile? Dante non dà una risposta. Egli vede l'Imperatore nell'atto di pagare il suo tributo di reverenza al Santo Padre, come il figlio deve al proprio padsre terreno, pur seguitando dritto per la sua strada. Un omaggio che in pratica risultsa poco più che un gesto formale. Egli poi rappresenta i due poteri, laico e sacerdotale, come due parallele che mai s'incontrano e mai divergono, entrambe uguali emanazioni della stessa fonte, che è Dio. Ma quando uno dei due dovesse deviare dal suo corso e correre per traverso, chi avrebbe la potestà di conoscere e prescrivere il ritorno alla dritta via? Nessuno all'infuori di Dio e di Dante; Dio è Dio e Dante è il suo profeta. L'unità oggettiva del mondo, da lui auspicata a lungo e con ardore, non potevaesistere, in ultima analisi, che nell'arbitrio individuale della mente di Dante.

  Così nasceva il Dante definitivo: l'uomo al quale nessun altro può essere paragonato per certezza di sapere e fermezza di desiderio. Il paria era diventato un alto sacerdote; il mendicante omerico, il più ricco dei re.

  Di qui, la stufacente compattezza della Divina Commedia, costruzione più vasta e più solida del palazzo labirintico. Ma esso racchiudeva in se stesso non uno, ma due Minotauri; le gemelle superstizioni dell'Impero romasno e della mitologia cattolica.

(segue)

Autore: Giuseppe Antonio Borgese è stato uno scrittore, giornalista, critico letterario, germanista, poeta, drammaturgo e accademico italiano. Nacque in Sicilia (Polizzi Generosa), antifascista fu costretto a lasciare la cattedra universitaria ed emigrare negli Usa; riebbe la cattedra alla caduta del fascismo.

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