martedì 2 febbraio 2021

Contessa Entellina. Quella domenica di cinquantatre anni fa (6)

   Estratti dalla

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE 

D'INCHIESTA SULL'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI PER LA RICOSTRUZIONE 

E LA RIPRESA SOCIO - ECONOMICA DEI TERRITORI DELLA VALLE DEL BELICE 

COLPITI DAI TERREMOTI DEL GENNAIO 1968 

(Istituita con legge 30 marzo 1978, n. 96)  

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Seconda parte pubblicata (Pigiare qui)

Terza parte pubblicata (Pigiare qui)

Quarta parte pubblicata (Pigiare qui)

CAPITOLO II 

I RAPPORTI TRA L'ISPETTORATO GENERALE PER LE ZONE TERREMOTATE E L'ISTITUTO PER LO SVILUPPO DELL'EDILIZIA SOCIALE

Considerazioni giuridiche sulle convenzioni e sulla loro esecuzione. 

Per esprimere un giudizio circa la effettiva natura giuridica e la legittimità delle convenzioni il cui contenuto si è andati sin qui esponendo in forma descrittiva, occorre partire dall'articolo 8, terzo comma della già citata legge n. 241 del 1968, che prevede la facoltà dell'Ispettorato generale di affidare agli Istituti autonomi per le case popolari di Agrigento, Palermo e Trapani, nonché « ad istituti a carattere nazionale designati per legge ad interventi nelle ricostruzioni edilizie in seguito a pubbliche calamità », la progettazione e l'esecuzione dei lavori di costruzione di detti alloggi oltre alla progettazione e l'esecuzione delle altre opere edilizie. 
La portata dell'espressione «i detti alloggi » si desume dal secondo comma dell'articolo 8 che fa testualmente riferimento alla lettera d) dell'articolo i. Trattasi della « costruzione a totale carico dello Stato di alloggi da assegnare alle famiglie rimaste senza tetto », di locali da adibire « ad attività commerciali, artigiane ed alla costruzione delle relative opere di urbanizzazione ». Il contenuto dell'espressione « altre opere edilizie » può essere precisato sempre dal citato articolo 1, distinguendo nell'elencazione-delle lettere da a) ad i) le « opere edilizie». Inoltre si deve rilevare che la legge parla di « affidamento ». 
Va dunque chiarito che l'esecuzione di un'opera pubblica da parte di un ente diverso dal titolare, può assumere non solo la figura tradizionale della « concessione » (regolata dalla legge 24 giugno 1920, n. 1137), ma anche altre forme, alle quali la legislazione speciale negli ultimi decenni ha fatto ricorso sempre più frequentemente. Nell'ipotesi di un ricorso a tali forme, non definite legislativamente e tuttora discusse nella loro configurazione giuridica, lo Stato o altro ente pubblico si avvale per l'esecuzione dell'opera, non della propria organizzazione, quindi dei propri organi ed uffici, ma di altri enti pubblici o direttamente dei loro apparati. Si tratta di ipotesi atipiche rispetto al regime ordinario di esecuzione dell'opera pubblica che solo una norma di legge può autorizzare e che spesso sono limitate a singole prestazioni (ad esempio, la sola progettazione ovvero la sola direzione e contabilizzazione dei lavori). Nel caso dell'« affidamento » è indispensabile interpretare di volta in volta la legge che lo consente nel caso specifico. Infatti può risultarne una vera e propria delegazione, oppure un incarico meramente esecutivo: nella prima ipotesi il rapporto ha natura intersoggettiva, e le attività relative alla costruzione sono proprie del delegato, investito del potere di provvedere all'opera; nella seconda il rapporto è interorganico, nel senso che l'affidatario si considera alla stregua di un organo improprio e straordinario dell'affidante. 
La distinzione è rilevante per giudicare della legittimità degli atti posti in essere dall'affidatario; delle responsabilità nei confronti dei terzi dello stesso affidante; delle modalità per la provvista dei fondi necessari all'opera. Nella specie la legge non qualifica l'affidamento ma, trattandosi di incarico limitato alla progettazione ed esecuzione, e tenuto conto che gli oneri finanziari erano direttamente a carico dell'Ispettorato generale, si dovrebbe concludere che si trattava di ipotesi di delega interorganica. Sta di fatto che all'ISES fu attribuita anche la facoltà di bandire le gare e di stipulare gli appalti. Pur dovendo gli elenchi delle ditte invitate essere approvati dall'Ispettorato, che si riservava il diritto di approvare anche i contratti, le facoltà in parola hanno comportato una considerevole latitudine operativa. 
Bisogna considerare inoltre che, ai sensi dell'articolo 6 delle convenzioni lavori, l'ISES era compensata con la percentuale dell'8 per cento calcolata sull'ammontare netto dei lavori, delle perizie supplettive e delle revisioni dei prezzi. Per altro verso si è ricordato che l'affidamento era limitato alla progettazione ed all'esecuzione degli alloggi e di altre opere edilizie. 
Nell'ambito della normativa sulle opere pubbliche l'espressione « opere edilizie » ha un preciso significato, distinguendosi le opere in genere secondo le finalità e le caratteristiche tecniche. Per opere edilizie si intendono quella riguardanti la costruzione di edifici destinati ad uffici, ad abitazioni, a scuole, a case comunali. Invece nell'articolo 1 delle convenzioni lavori sono state previste opere stradali, fognature, acquedotti, reti di illuminazione; mentre non si sono ben specificate le espressioni riguardanti gli « edifici pubblici e di uso pubblico di pertinenza dei Comuni ». 
Viene utilizzata l'espressione di « edilizia infrastrutturale », ma è da verificare se le opere sopra indicate — sulla base di una interpretazione estensiva — siano da ricomprendersi fra le opere di urbanizzazione di cui all'ultima parte della lettera d) dell'articolo 1. Ipotesi che potrebbe risultare valida anche per le attività connesse al trasferimento degli abitanti pur non essendo espressamente prevista dall'articolo 8, né sussumibile sotto l'espressione « opere edilizie » secondo il significato e la portata che si sono illustrati. 
Per tutte queste considerazioni può dirsi che mancò nell'Ispettorato generale, e negli organi di controllo della sua attività, una chiara interpretazione dei limiti assegnati dalla legge alla facoltà di affidamento come delle caratteristiche proprie del relativo istituto, risultando dalle convenzioni promiscui poteri di delega intersoggettiva ed interorganica. Ed al riguardo risultano evidenti due ulteriori considerazioni: la prima che l'articolo 8 prevedeva una pluralità di enti affidatari mentre gli affidamenti ebbero un solo destinatario nell'ISES. 
Potrebbe obiettarsi che di istituti qualificati secondo l'articolo 8, runico era l'ISES (vedi legge istitutiva 15 febbraio 1963, n. 133, articolo 3), ma non può non considerarsi che furono del tutto trascurati gli Istituti delle case popolari che pure erano espressamente designati. D'altro canto la pluralità di possibili affidatari evidentemente aveva la finalità di rendere più spedita la ricostruzione, affiancando all'attività diretta dello Stato quella di altri enti. 
In questo senso la concentrazione nell'ISES di ogni attività di intervento si può ritenere non rispondente alle finalità della legge ed alle sue esplicite previsioni. La seconda considerazione che segue dal fatto che l'Ispettorato generale concentrò nell'ISES ogni attività operativa inerente alla ricostruzione, è che se per tali attività le strutture dell'Ispettorato stesso erano numericamente inadeguate, questo presupposto per gli affidamenti non risulta dalle convenzioni, le quali non precisano se l'organizzazione dell'ISES ovviasse alle carenze in parola. Per quanto si è notato circa l'ambito della facoltà di affidamento previsto dall'articolo 8, terzo comma, legge n. 241, le due convenzioni studi e la convenzione indagini geognostiche possono ritenersi non espressamente rispondenti alla previsione normativa. Ed a proposito di quest'ultima, sottoscritta il 10 aprile 1970, è anche da osservare la singolarità dell/affidamento di « studi tecnici dei terreni interessanti l'attuazione del trasferimento degli abitati » in epoca successiva alle due convenzioni lavori, con le quali erano state precisati gli importi delle opere da eseguire in complessive lire 54.078.500.000, tra cui erano evidentemente comprese pure quelle di trasferimento.
 Ulteriori rilievi circa il contenuto e la legittimità delle convenzioni lavori riguardano: — le modalità di pagamento del compenso pattuito, che doveva essere corrisposto per la metà dell'atto dell'approvazione del progetto (art. 7). Non è spiegato se la somma così pagata venisse recuperata nel caso di inesecuzione dell'opera anche per cause non imputabili all'Ispettorato generale; ma è da ritenere di no, considerato che per l'analoga ipotesi « annullamento di un progetto di massima », sarebbe stato corrisposto un compenso nella misura — rispettivamente — dell'I e del 4,50 per cento; — le perizie di varianti, per le quali sarebbe stato corrisposto un compenso del 4,50 per cento nel caso di « revisione sostanziale e strutturale di parte o tutte le previsioni originarie ». 
La clausola nei termini ricordati può prestare il fianco a perplessità proprio a causa della mancata specificazione circa le probabili cause delle varianti e tenuto conto dei compiti preparatori dei progetti affidati all'ISES, e della possibilità per esso di indagini e consulenze, le cui spese andavano integralmente rimborsate, con la maggiorazione del 2 per cento per le consulenze e dell'S per cento per le indagini; — l'entità del compenso (8 per cento, al netto del costo delle indagini e consulenze) che in assenza di disposizioni di legge circa le percentuali sia per le vere e proprie concessioni, sia per gli affidamenti, le sostituzioni, le deleghe, avrebbe dovuto essere sorretta da più adeguata motivazione.

Come si è visto, con le convenzioni veniva affidato all'ISES l'incarico di provvedere alle gare. Di fatto l'Istituto veniva ad assumere la funzione di stazione appaltante sottoposta all'alta sorveglianza dell'Ispettorato generale per le zone terremotate. Un rapporto di controllo, quindi, tra ISES ed Ispettorato, rispetto al quale quest'ultimo doveva assumere il ruolo di garante della correttezza per quanto riguardava la spesa e la gestione tecnico-amministrativa di ogni appalto. Le perizie di variante venivano proposte dal direttore dei lavori nominato dall'ISES, redatte dallo stesso istituto, e sottoposte all'approvazione del Capo dell'Ispettorato, previo parere obbligatorio del Comitato tecnico amministrativo. Presso l'Ispettorato era anche costituita una Commissione tecnica (ex articolo 12 della legge n. 241 del 1978), che aveva il compito di redigere i programmi di opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici nelle località in cui avrebbero dovuto sorgere i nuovi centri abitati (in pratica, come più avanti si dirà, veri e propri piani urbanistici particolareggiati). 
La Commissione, nominata con decreto del Ministro dei lavori pubblici, era composta dal Capo dell'Ispettorato in qualità di Presidente;, da due rappresentanti designati rispettivamente dall'Assesorato allo sviluppo economico e dall'Assessore all'urbanistica della Regione siciliana; dagli ingegneri capi del Genio civile delle province di Agrigento, Palermo* Trapani; da due urbanisti nominati rispettivamente dal Ministero dei Lavori Pubblici e dalla Regione Sicilia. 
Nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione d'inchiesta il 14 ottobre 1980, a proposito dell'attività di questa Commissione tecnica sono emerse alcune contraddizioni. 
L'ex Ispettore generale Ing. Corona ha affermato che i verbali 1 e 2 della Commissione tecnica, nonché la relativa determinazione delle opere da costruire « sono state fatte sulla carta e senza conoscere il terreno su cui dovevano essere fatti i nuovi insediamenti ». 
Il verbale n. 1 della Commissione, presieduta all'epoca dallo stesso ing. Corona, smentisce questa affermazione laddove si afferma che « per la redazione dei programmi, il Presidente comunica che è già stata condotta ìa preliminare rilevazione di dati per i centri da trasferire sia come indagine in loco, che rilevando dati da fonti ufficiali ». 
Altre dichiarazioni importanti sono state rese dall'Ing. Fratelli, ex Ispettore generale, che ha portato a conoscenza della Commissione di essere stato sottoposto a procedimento penale per aver provveduto all'affidamento dei lavori relativi ad opere importanti, come gli svincoli stradali di Partanna, alla istessa impresa già appaltatrice includendoli in perizia di variante anziché facendone oggetto di un apposito e distinto appalto, pur trattandosi in realtà di opere nuove e non certo di varianti dell'opera originaria. Anche questa ammissione è motivo di riflessione, discostandosi comunque un simile modo di procedere da un corretto modello di gestione tecnica ed amministrativa. 
Nel corso delle audizioni dei responsabili dell'ISES si è posto l'accento sul fatto che i tempi di realizzazione dei progetti risultano spesso quadruplicati rispetto alle previsioni a motivo, principalmente, della concessione di proroghe proposte naturalmente dai direttori di lavori. 
Le proroghe portavano vantaggio all'ISES ed agli appaltatori, e chiaramente recavano un onere allo Stato con l'aumento delle spese che ne derivavano. Si tratta quindi di esaminare se esse .siano state accordate sulla base di un'adeguata giustificazione. In altra parte della relazione si affronterà questo argomento: per ora ci si limita a citare un esempio, relativo ad un appalto per urbanizzazioni primarie dato in Camporeale in cui per l'esecuzione dell'opera — che ha subito una serie di varianti, di perizie suppletive e di sospensioni — si sono comunque concesse sospensioni per un totale di 906 giorni di cui ben 650 per maltempo.
(Segue)

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