venerdì 29 gennaio 2021

76 anni fa. La guerra si avviava alla conclusione e vennnero subito fuori stermini e atrocità

 Nei Lager nazisti veniva attuata la separazione dei deportati in

-politici

-razziali (ebrei)

-militari.

Questi ultimi furono posti sotto il controllo e la giurisdizione della Wehrmacht, mentre i due gruppi precedenti furono posti sotto il controllo e la giurisdizione delle SS.

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Come abbiamo riportato in pagine precedenti del blog entro il mese di Settembre 1943 la quasi toitalità dell'Esercito italiano fu fatto prigioniero e già deportato in Germania (la Germania di allora era molto più estesa ad Oriente, comprendendo territori oggi polacchi, russi e di paesi post-Unione Sovietica). Furono deportati non solo militari incaricati di combattere, ma anche militari addetti ai presidi di depositi, agli uffici e agli ospedali. All'atto della cattura a tutti fu proposto di far parte dell'esercito tedesco e nell'istante in cui la quasi totalità degli italiani  rifiutò la gran massa di essi fu trasferita -su carri bestiame- in Germania. A coloro che furono presi prigionieri nei Balcani (Grecia, Albania, Jugoslavia) fu promesso che i treni erano diretti in Italia.

Arrivati nei Lager i militari italiani furono sottoposti ad intimidazioni perchè si arruollassero nell'Esercito tedesco; successivamente le intimidazioni furono usate per spingere i deportati ad arruollarsi nell'esercito della costituita Repubblica di Salò. A sollecitare in quella direzione i prigionieri arrivarono nel Lager diplomatici e politici italiani, collaborazionisti, per illustrare i vantaggi rispetto alla vita da deportati nei campi di concentramento. Nemmeno queste iniziative di persuasione -come detto- invogliarono quei 700mila italiani deportati.

Nei campi desolati e squallidi gli ufficiali furono separati dai soldati. Soldati italiani e russi in più campi furono ammassati insieme; così capitò ad un contessioto da cui abbiamo attinto gli spunti a quanto stiamo riportando. Gli italiani arrivarono in quei campi dopo che in ciascun campo erano morti migliaia di ucraini e di russi, poi sepolti in fosse comuni  ai margini dei reticolati del campo, in piena campagna circostante. Quelle fosse costituivano una sorta di avvertimento a non farsi illusioni circa l'uscita da vivi dal campo, se non accettando l'arruolamento nell'esercito di Salò.

Ai militari italiani fu assegnata la qualifica di "internati militari", piuttosto che di prigionieri di guerra, per togliere loro le garanzie a tutela dei prigionieri di guerra (Convenzione di Ginevra sui Prigionieri, del 1929). 

 La vita dei campi implicava l'obbligo ogni mattina di raccogliere le varie decine di morti per freddo e fame e di ammassarli nelle fosse comuni che già accoglievano ucraini e russi. Ed intanto fra i prigionieri si soffriva la fame e il freddo dell'inverno, fame e freddo tipico dei territori  russo-polacchi. Il freddo eliminò in quell'inverno -come era prevedibile- parecchi italiani e la fame ne fece morire tantissimi altri. 

Capitava talvolta che alcune donne polacche dei villaggi vicini si avvicinassero -nei momenti in cui la sorveglianza era sviata da altre incombenze- ai fili spinati che circondavano i campi e buttassero all'interno capi di abbigliamento usati e pezzi di pane avvolti negli stracci: accadeva allora che quei prigionieri diventassero come cani arrabbiati per acchiappare per prima quei frutti della pietà umana.

 Proveremo a capire in seguito come trascorreva la giornata nei campi, che divennero pure campi di lavori forzati.

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